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Filippesi 2:6 e Trinita'

Ultimo Aggiornamento: 27/03/2006 18:45
24/03/2006 19:16
 
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Un mio collega mi ha fatto il grande favore di tradurre in italiano il testo di un'articolo inglese su HARPAGMOS e MORPHE
nonostante i suoi troppi impegni di lavoro.

Introduco l'articolo dicendo che l'autore tente di dimostrare che non vi e' sinonimia,o anafora,insomma non vi e' uguaglianza di valore tra le frasi 'uguaglianza con DIo' e 'forma di Dio' in base al fatto che l'infinito articolato non ha alcuna valenza semantica di tipo anaforica che non si puo' presumere neanche dal contesto precedente immediato.

Che insomma le due frasi si riferiscono a due ordini di realta' differenti.

Sembra sostenere una posizione trinitaria che non assomiglia ne' a quella TDG e ne' a quella cattolica,sulla base dell'analisi non tanto lessicale ma quanto su quella grammaticale e semantica sia delle parole che del contesto.

Ecco qui il testo tradotto,giudicate voi.

(da www.bible.org/page.asp?page_id=1792 )

Denny Burk e' stato uno dei miei assistenti per lìanno scolastico 1999-2000.Questo documento (con lievi correzioni mie e di Dennis) e' quello che ha presentato all'incontro regionale sud-occidentale della Societa' teologica evangelica nella primavera del 2000.Denny ha anche scritto una tesi che ha incorporato molto di questo materiale.
Daniel B.Wallace

INTRODUZIONE AL PROBLEMA

Il problema

Il significato preciso del termine enigmatico HARPAGMOS in Filippesi 2:6 e' un'interrogativo
che e' stato il soggetto di molto dibattito negli studi del NT.Considerato che e' stato versato molto inchiostro per interpretare questo termine,alcune delle piu' importanti questioni in gioco non hanno affatto avuto molto dibattito.Infatti,in molti casi,le preoccupazioni grammaticali che contribuirebbero alla nostra comprensione del significato di questo termine sono state largamente o presunte o ignorate.Una eccezione degna di nota a questa osservazione e' l'importante analisi di questo termine da parte di Wright.Nel suo articolo intitolato "HARPAGMOS e il significato di Filippesi 2:5-11",Wright propone che l'articolo nell'infinito articolato "to V ei ai" abbia una valenza semantica.Specificatamente,egli sostiene che questo infinito articolato porti con se' un significato ANAFORICO.Scrive "Una ulteriore ragione,che di solito non viene osservata,per portare toV ei ai i[sa qew'/ in stretta connessione con o}" ejn morfh'/ qeou' uJpavrcwn
e' l'uso regolare dell'infinito articolato (to V ei ai) per riferirsi a qualcosa precedentemente menzionata o diversamente ben nota".

Pertanto,in campo grammaticale,Wright collega anaforicamente l'uguaglianza di Cristo con Dio
(toV ei ai i[sa qew'/) alla sua preesistenza nella forma di DIo (morfh'/ qeou').

L'interpretazione di Wright ha esercitato considerevole influenza sulle successive interpretazioni di questo passo biblico.Da allora Wright e molti altri commentatori hanno collegato "uguaglianza con DIo" e "forma di Dio" sulla base di questa supposto riferimento anaforico.

Per questa conclusione,Kenneth Grayston si spinge perfino piu lontano a dire che
(toV ei ai i[sa qew'/) e (morfh'/ qeou')
sono frasi equivalenti.

Se questa supposizione riguardo il significato dell'infinito articolato e' valida,allora emerge almeno una implicazione interpretativa - "uguaglianza con Dio" e "forma di Dio" sono frasi che indicano la stessa realta'.Una tale interpretazione ha profonde implicazioni teologiche e devono essere esaminate criticamente da un punto di vista grammaticale.

Alcune supposizioni.
prima di andare alla tesi dell'analisi grammaticale di Wright,ho bisogno di impostare di seguito alcune mie supposizioni che porto in questo testo.Prima di tutto,assumero' un certo signifiacto per "forma di Dio" (morfh qeou).Cioe',che questa frase si riferisce all'esistenza di Cristo nella sua essenza come vera divinita'.In secondo luogo,perche' vedo il versetto sette riferentesi alla venuta di Cristo nella incarnazione,capisco che tutto il versetto sei si riferisca ad eventi che hanno luogo prima dell'arrivo del Figlio sulla terra.Percio',l'esistenza di Cristo nella forma di Dio si riferisce alla sua preesistente unita' di essenza con Dio il Padre prima dell'incarnazione.In altre parola,Filippesi 2:6 si riferisce ad eventi e realta' che hanno luogo in una realta' precedente (quella dell'eternita'). La supposizione piu' significativa che faro' riguarda il significato lessicale di HARPAGMOS.Considero HARPAGMOS una forma concreta e passiva.

Peranto traduco il termine "una cosa da essere afferrata".In altre parole,Il Figlio non volle o non tento' di afferrare l'uguaglianza con Dio.Benche' stia qui assumendo un certo significato,occorre dire che l'analisi grammaticale seguente riguardera' l'interpretazione di un termine non importa quale senso lessicale venga adottato.Cio' detto,ci sposteremo ora nell'analisi grammaticale.

ESAME DELL'APPROCCIO DI WRIGHT ALL'INFINITO ARTICOLARE.
Problemi nell'analisi di Wright.

Wright brevemente dibatte che l'articolo (dell'infinito articolato) comporta un significato anaforico in due modi: (1) citando l'articolo di Blass,Debrunner e Funk sul significato semantico dell'infinito articolato
(2) citando due testi dell'NT in cui l'infinito articolato denota chiaramente un'anafora.
Desidero puntualizzare almeno due ragioni del perche' questi due argomenti stanno stretti. Prima di tutto,Wright cita solo una parte della definizione di significato dell'articolo nell'infinito articolato di Blass Debrunner e Funk
Blass Debrunner e Funk(DA ORA IN POI INDICATI COME BDF) di fatto dicono qualcosa di piu': generalmente il significato anaforico dell'articolo (nell'infinito articolato),per esempio il suo riferimento a qualcosa precedentemente menzionato o comunque ben noto,e' piu' o meno evidente.Senza questo riferimento anaforico,un infinito come soggetto od oggetto di solito e' non-anaforico.
La parola "DI SOLITO" qui e' fondamentale.Per il fatto che Blass Debrunner e funk indichino che infiniti non-anaforici siano "di solito" non-anaforico,comporta che infiniti non-anaforici siano qualche volta articolari (ossia,articolati).In questo modo,l'articolo di BDF indica che si sono alcune istanze dell'infinito articolato che non denotano di fatto ANAFORA.
Percio' per il fatto che l'articolo di BDF non intende dire che l'ANAFORA sia una caratteristica di ogni infinito articolato,non possiamo costruire un caso per rendere 'to V ei ai' come tale sulla base soltanto dell'articolo di BDF.
Se wright stabilira' questo punto,deve discutere sulla base di caratteristiche entro il contesto che promuove il senso anaforico.In secondo luogo,citare due versi (Rom. 7:18; Cor. 7:11) in cui gli infiniti articolati hanno chiaramente significato anaforico non stabilisce lo stesso significato per l'infinito articolato di Filippesi 2:6.La causa di questo e' a causa della distanza critica di analogia tra Filippesi 2:6 e i due versetti che Wright cita. Gli infiniti articolari dei due versetti hanno ciascuno dei lessemi come referenti nei loro contesti precedenti-un fenomeno che appare in ogni chiaro uso anaforico dell'infinito articolare.
Lo stesso non puo' dirsi dell'infinito articolare in Filippesi 2:6.
Non ci sono chiari paralleli tra 'to V ei ai isa qew' e ''morfh qeou'.Quando non ci sono lessemi identici come referenti nel contesto precedente,un caso dovrebbe comunque venir fatto dal contesto per attribuire un senso anaforico all'infinito articolato.Per esempio,in Filippesi 1:24 il "rimanere nella carne" potrebbe essere portato come un riferimento anaforico per il "rimanere nella carne" nel versetto 1:22.Benche' gli infiniti stessi non comprendano identici lessemi,e' abbastanza chiaro che il "rimanere nella carne" di Paolo si riferisce al suo "rimanere nella carne" del versetto precedente.Il contesto e la fraseologia simile rendono il collegamento chiaro.Comunque,e' piu' difficile posizionare un simile collegamento fra "uguaglianza con Dio" e "forma di DIo" dove ne' il contesto ne' lessemi e fraseologia simili rendono chiara questa connessione anaforica.
Uno potrebbe ribattere che c'e' un forte parallelo concettuale tra "uguaglianza con Dio" e "forma di DIo" e su questa base propone un uso anaforico dell'infinito articolato.In tal caso,si dovrebbe assumere un certo significato per "uguaglianza con Dio" - cioe',che significa la stessa cosa di "forma di Dio".Tuttavia,se si assume un parallelo concettuale tra le due frasi,si dovrebbe intendere di dimostrare sulla base di una anafora - vale a dire,la sinonimia delle frasi.Questo e' un circolo vizioso.Senza una adeguata spiegazione in quanto al perche' "uguaglianza con Dio" dovrebbe essere preso come sinonimo di "forma di Dio",non si puo' parlare di collegamento anaforico.L'anafora non stabilisce un collegamento sinonimico tra frasi;piuttosto,si ha un'anafora quando un tale collegamento e' gia' chiaramente manifesto.Percio',non si possono considerare le due frasi in Filippine 2:6 come sinonimi basati su di un ipotetico riferimento anaforico.Questo ragionamento si evidenzia come una debolezza critica nei commenti di Wright che rigardano il significato dell'infinito articulare.

ISTANZE NON-ANAFORICHE DELL'INFINITO ARTICOLATO
Per il fatto che wright collega "uguaglianza con Dio" a "forma di Dio" sulla supposizione che l'infinito articolato denoti regolarmente anafora,e' necessario esamniare se gli infiniti articolati denotino in effetti regolarmente anafora.Credo che l'evidenza chiaramente dimostra che non tutti gli infiniti articolati denotano anafora e percio' che non si puo' dedurre che ogni infinito articolato porti questa sfumatura semantica.
Per esempio,l'infinito articolare quando usato dopo una preposizione non denota mai anafora,e ci sono circa duecento tali infiniti (preceduti da preposizione) nell'NT.
Lo stesso puo' dirsi praticamente per tutti gli infiniti articolati genitivi e dativi non preceduti da prepopsizioni;questi spiegano circa altri 83 infiniti articolati.In tutti questi casi l'articolo serve sitatticamente come marcatore di funzione.Questa e' la critica ai commenti di BDF nella loro introduzione all'infinito articolato.L'infinito,comunque,non ha desinenze finali cosi' che ovunque sia necessario esprimere il caso dell'infinito,specialmente nel genitivo dativo e dopo le preposizioni,l'articolo si usa senza altri significati per rendere il caso e la sostantivizzazione chiare.Praticamente tutti gli infiniti articolati genitivi e dativi rientrano in questa categoria e cosi' pure gli infiniti accusativi preceduti dalle preposizioni;dunque,l'articolo in tali istanze non comporta affatto alcun peso semantico.Daniel B.Wallace fa una osservazione simile che riguarda l'uso dell'articolo in generale.Dice,"Quando si usa l'articolo come un marcatore grammaticale di funzione,esso puo' o non puo' comportare una valenza semantica.Ma perfino quando comporta una tale valenza l'uso grammaticale(strutturale) e' di solito marcato,rilevante".Se questo e' il caso dell'uso dell'articolo in generale,e' ancor piu' cosi' negli infiniti articolati sopra menzionati in cui BDF dicono che l'articolo non ha altro significato eccetto quello sintattico.Con cio' che si dice,siamo rimasti con gli esempi nominativi/accusativi di questa costruzione (che non sono retti da una preposizione).Questi rendono conto di circa 50 delle istanze complessive di questa costruzione.Ma perfino qui,troviamo che ci sono numerosi esempi di infiniti nominativi/accusativi che non funzionano anaforicamente.Benche' alcuni infiniti articolati nominativi/accusativi siano anaforici,e' chiaro che molti non lo siano.in breve,mi piacerebbe puntualizzare alcuni esempi non-anaforici da ambedue i casi nominativi e accusativi.Benche' gli esempi nominativi di questa costruzione denotino anafora,almeno 4 di loro non lo fanno.Tre di questi 4 infiniti articolati nominativi fanno da soggetto della frase
(1 Cor 7:26; 2 Cor 9:1; Ebr.10:31).In queste 3 casi,il soggetto e' relativo ad un aggettivo pre-verbale non-anaforico.Benche' l'articolo non sia necessario per distinguere il soggetto,esso nondimeno serve una funzione sintattica in relazione al soggetto.Riguardante questo uso dell'articolo come marcatore di funzione,Wallace osserva "Normalmente un soggetto avra' l'articolo (a meno che non sia un pronome od un nome proprio)".Il quarto infinito articolato nominativo non-anaforico,chje si trova in Filipesi 1:29,ha una funzione simile ai primi tre.Se c'e' una valenza semantica,essa e' cataforica.Da qui "la sofferenza" punta dritto alla propria sofferenza di Paolo nel versetto seguente - Filippesi 1:30.In ciascuno di questi 4 esempi,l'infinito nominativo non ha una valenza semantica anaforica.Vi sono molti esempi non-anaforici dell'infinito articolare anche nel caso accusativo-in effetti,molti di piu' dei casi nominativi.Di fatto,e' difficile costruire un riferimento anaforico per la maggioranza degli esempi accusativi di questa costruzione.Almeno 15 degli infiniti articolari accusativi sono chiaramento non-anaforici (Acts 4:18; 4:18; Rom 13:8; 14:13; 2 Cor 2:1; 8:10; 8:10; 10:2; Phil 2:13; 2:13; 4:10; 1 Thes 3:3; 4:4; 4:6; 4:6).Tuttavia,dovremmo notare che,benche' nessuno di questi infiniti articolari siano anaforici alcuni di loro possiedono gia' una valenza semantica se non quella anaforica.In otto di queste costruzioni di infinito articolare accusativo (Acts 4:18; 4:18; Rom 14:13; 2 Cor 2:1; 10:2; 1 Thes 3:3; 4:6; 4:6),la particella negativa 'mhv' segue l'articolo.BDF dicono che in questa costruzione 'toV mhv..' sia l'equivalente della clausola 'a i vna mhv' e sia da essere comparata con la classica 'toV mhv' dopo i verbi accusativi.

Il grammatico classico Herbert Weir Smyth dice di questa costruzione: "e' o un'accusativo di rispetto oppure un semplice infinito oggetto".Nell'uno o nell'altro caso,l'infinito articolat non implica un riferimento anaforica;l'articolo serve una funzione puramente sintaqttica,marcando le frasi dell'infinito come l'oggetto grammaticale.Illustrero' questo uso con un'esempio da 2 corinzi 10:2. Il testo greco dice: 'devomai deV toV mhV parwVn qarrh'sai th'/ pepoiqhvsei h|/ logivzomai tolmh'sai ejpiv tina',"E vi prego che, essendo presente, non mi convenga procedere animosamente con quella confidenza, per la quale son reputato audace, contro ad alcuni che fanno stima di noi, come se camminassimo secondo la carne.".In questa frase l'articolo accusativo 'tov' marca la frase dell'infinito come l'oggetto grammaticale.Dei sette infiniti accusativi che rimangono,due di loro probabilmente comportano una ben nota valenza semantica. (Rom 13:8,Fil 4:10).L'infinito articolato "amarsi
l'un l'altro" (toV a*llhvlou" ajgapa'n) in Romani 13:8 si riferisce probabilmente al ben noto comandamento che si dovrebbe amare il prossimo (Matt 22:39).Allo stesso modo,in Filippesi 4:10,la preoccupazione della chiesa dei filippesi per Paolo (toV uJpeVr ejmou' fronei'n) era probabilmente ben nota.Benche' BDF considerino l'uso "ben noto" dell'articolo come un sottoinsieme dell'uso anaforico,dovremmo fare qui una distinzione - cioe',che in queste 2 istanze non c'e' alcun riferimento nell'immediato precedente contesto a cui l'articolo si riferisce.Percio',queste due istanze (versetti) non sono anaforici in senso stretto.Gli altri 5 infiniti articolati (2 Cor 8:10; 8:10; Phil 2:13; 2:13; 1 Thes 4:4) hanno una funzione puramente sintattica.L'articolo in queste istanze (versetti) non sembra comportare valenza semantica qualsiasi ma serve a marcare l'infinito come oggetto puramente grammaticale.Nessuno di questi ultimi 5 versetti fa un riferimento a qualcosa precedentemente menzionato nell'immediato contesto.

UN'APPROCCIO ALTERNAIVO PER CAPIRE L'INFINITO ARTICOLATO:L'articolo come marcatore di funzione.

Avendo percio' stabilito che la maggior parte di infiniti articolati in effetti non denota anafora,possiamo ora considerare un'approccio alternativo per capire il significato dell'infinito articolato in Filippesi 2:6. Tre cose sono certamente chiare riguardanti il significato dell'infinito articolato basato sulle analisi pfrecedenti.Prima di tutto,non possiamo semplicemente supporre che ogni infinito articolato (perfino quelli accusativi e nominativi) si riferiscano anaforicamente a degli elementi nel contesto precedente.Secondo,dobbiamo affermare che l'articolo nell'infinito articolato piu' spesso fa da marcatore di funzione grammaticale (sintattica).Terzo,dobbiamo osservare che,perfino quando l'articolo comporta una valenza semantica,la funzione grammaticale/sintattica e' spesso prominente.Percio' nell'affrontare l'infinito articolato in Filippesi 2:6 dovremmo aspettarci di vedere l'articolo che comporta piu' una funziona grammaticale/sintattica che qualche supposta valenza semantica.Come problema di fatto,il contesto grammaticale della frase richiede la presenza dell'articolo in questa particolare frase dell'infinito articolato (Filippesi 2:6).Se l'articolo non fosse presente in Filippesi 2:6,la frase avrebbe poco senso grammaticale.Per questa ragione,Wallace e' in disaccordo con l'analisi di Wright del significato dell'articolo.Egli dice che Wright dica che l'articolo sia anaforico riferendosi indietro (nel contesto precedente immediato) a "morfh'/ qeou".Quanto attraente questa veduta possa essere teologicamente,ha grammaticalmente una debole base.L'infinito e' l'oggetto mentre il termine non-anaforico HARPAGMOS e' il complemento.La ragione naturale per l'articolo con l'infinito e' semplicemente di marcarlo come l'oggetto (evidenziare l'infinito come l'oggetto).L'implicazione del commento di Wallace e' che l'articolo e' richiesto in questo contesto come un marcatore (evidenziatore) di funzione per distinguere l'oggetto accusativo dal complemento accusativo.PEr illustrare esattamente cos'e' in gioco qui grammaticalmente parlando,dobbiamo esaminare brevemente la semantica della costruzione del complemento oggetto.

SEMANTICA DELLA COSTRUZIONE DEL COMPLEMENTO OGGETTO.

I due accusativi in Filippesi 2:6 comprendono un'esempio di costruzione del complemento oggetto.Un complemento oggetto accusativo doppio (il famoso doppio accusativo,cioe' che vi sono due accusativi) e' una costruzione in cui un sostantivo accusativo e' l'oggetto diretto del verbo e l'altro accusativo (nome,aggettivo,participio o infinito) complementa l'oggetto diretto in cui esso (il secondo accusativo) predica qualcosa riguardo al primo accusativo.La presenza di questa particolare categoria grammaticale e' ampiamente riconosciuta e ha perfino una controparte nella grammatica inglese.Comunque,cio' che non e' cosi' ampiamente riconosciuto e' il criterio per mezzo del quale si puo' distinguere l'accusativo oggetto (diretto) dall'accusativo complemento (il secondo accusativo).Nell'uso inglese,in cui i nomi non si modulano sul caso,l'ordine delle parole costituisce di solito la chiave.Tuttavia,nell'uso greco,i sostantivi si modulano sul caso,e l'ordine delle parole non e'a malapena determinante.Wallace nota che "Benche' normalmente l'oggetto diretto viene prima del secondo accusativo (oggetto indiretto),circa il 20% degli esempi invertono questo ordine".Per il fatto che la costruzione del complemento oggetto si mostra nell'NT in vari adattamenti sintattici,l'ordine delle parole e' per nessun motivo un criterio accurato per mezzo del quale distinguire l'oggetto diretto dall'oggetto indiretto in greco.Tuttavia,Wallace nel 1984 indirizzo' questa lacuna grammaticale dimostrando l'equivalenza semantica della costruzione del predicato soggetto nominativo e la costruzione del complemento oggetto.La sua tesi e' la seguente:"la costruzione del complemento oggetto e' semanticamente equivalente alla costruzione del predicato soggetto nominativo.Pertanto,qualsiasi principio che si applica alla costruzione del predicato soggetto nominativo e' ugualmente applicabile alla costruzione del complemento oggetto.

A dimostrare l'analogia trea queste due costruzioni,Wallace apri' una via per mezzo della quale possiamo identificare i componenti della costruzione del complemento oggetto.In breve,i principi che si usano per distinguere il soggetto nel predicato nominativo possono essere usati per distinguere l'oggetto diretto della costruzione del complemento.Wallace li imposta nel modo che segue:se uno dei due e' un pronome oppure un nome proprio oppure e' articolato,sara' l'oggetto diretto.Queste regole sono particolarmente di aiuto nel mettere in ordine l'oggetto del complemento quando il normale ordine e' inverso.Infatti,quando oggetto diretto e oggetto indiretto sono in ordine inverso,queste tre regole sono l'unico modo per distinguere l'oggetto diretto da quello indiretto.
In tali situazioni di ordine inverso dove nessuno degli accusativi e' un nome proprio o un pronome,la presenza dell'articolo viene sintatticamente richiesta al fine di indicare quale accusativo stia funzionando da oggetto diretto.Tale e' il caso in Filippesi 2:6.Per dimostrare questo punto,dovremmo osservare che in ogni istanza di una costruzione del complemento oggetto dall'ordine degli accusativi invertito in cui nessuno degli accusativi sia un pronome o un nome proprio,l'articolo e' presente come un marcatore di funzione per distinguere l'oggetto diretto.Per esempio,in 1 Timoteo 6:5 l'oggetto indiretto viene prima dell'oggetto diretto ((nomizovntwn porismoVn ei ai thVn eujsevbeian, "..stimare la pietà come guadagno...").In questa frase,l'unico modo di distinguere l'oggetto diretto e' per la presenza dell'articolo in connessione con "pieta'" (eujsevbeian). Allo stesso modo,in Giacomo 5:10 ("uJpovdeigma lavbete…th'" kakopaqiva" kaiV th'" makroqumiva" touV" profhvta", ","Prendete, fratelli, come modello di sopportazione e di pazienza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore") la presenza dell'articolo e' l'unico modo di distinguere
"i profeti" come l'accusativo diretto.In 2 Pietro 2:13,l'articolo appare come un marcatore di funzione per distinguere l'accusativo diretto ("hJdonhVn hJgouvmenoi thVn ejn hJmevra/ trufhvn","subendo il castigo come salario dell'iniquità. Essi stimano felicità il piacere d'un giorno; sono tutta sporcizia e vergogna; si dilettano dei loro inganni mentre fan festa con voi").Senza l'articolo in questo caso non saremmo nel complesso sicuri in quanto a quale sia l'accusativo diretto e quale quello indiretto.La presenza dell'articolo chiarisce qualsiasi eventuale confusione nella traduzione.

APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO A FILIPPESI 2:6
Allo stesso modo l'articolo nell'infinito articolato in Filippesi 2:6 serve a distinguere l'accusativo diretto dall'accusativo indiretto.Infatti,l'articolo in questo caso e' richiesto affinche' la proposizione sia grammaticalmente comprensibile.Si noti l'ordine delle parole in Filippesi 2:6 "oujc aJrpagmoVn hJghvsato toV ei ai i[sa qew'/".Senza l'articolo,in virtu' dell'ordine delle parole saremmo piu' naturalmente inclini a considerare HARPAGMOV come l'accusativo diretto al posto dell'infinito.L'infinito non sarebbe poi l'accusativo diretto ma lo sarebbe il plurale neutro "i[sa".Naturalmente questo non avrebbe piu' senso grammaticale poiche' HARPAGMOV (aJrpagmovn) e' singolare mentre "i[sa" e' plurale.La confusione sintattica che accompagnerebbe l'assenza dell'articolo in una tale situazione ipotetica illustra la necessita' della presenza dell'articolo in questa proposizione.In Filippesi 2:6 abbiamo un'esempio di una costruzione di un complemento oggetto diretto in ordine invertito rispetto all'oggetto indiretto.Percio' l'articolo serve per marcare la frase dell'infinito accusativo (toV ei ai i[sa qew'/') come accusativo diretto del verbo finito "hJghvsato",distinguendolo percio' dall'accusativo indiretto HARPAGMOV (aJrpagmovn).Per questo motivo,l'uso sintattico dell'articolo come un marcatore di funzione e' la ragione primaria per la presenza dell'articolo in Filippesi 2:6.Infatti e' necessario.Pertanto,certamente in questa situazione e' abbastanza chiaro che il significato strutturale/grammaticale dell'articolo e' assai piu' prominente di ogni altro supposto significato semantico.Considerato che non c'e' evidenza per attribuire una valenza semantica all'articolo,c'e' ogni ragione per attribuirne una sintattica.Per questo che si dice,non dovremmo mettere sullo stesso piano "uguaglianza con Dio" toV ei ai i[sa qew'/') con "forma di Dio" (morfh'/ qeou') semplicemente a causa della presenza dell'articolo.Se si va a mettere sullo stesso piano queste due frasi,si deve discutere su questa identificazione in altro campo.La presenza dell'articolo accusativo semplicemente non sostiene il mettere sullo stesso piano le due frasi.
CONCLUSIONE ED IMPLICAZIONI.
Conclusioni esegetiche.
Propongo che se l'autore avesse inteso mettere sullo stesso piano le due frasi avrebbe potuto semplicemente dichiarare "benche' egli esistesse nella forma di Dio,egli non riguardo' essere nella forma di Dio come una cosa da essere afferrata (ejn morfh'/ qeou' uJpavrcwn oujc aJrpagmoVn hJghvsato toV ei ai ejn morfh'/ qeou'/).Tuttavia,il solo fatto che l'autore scelga di usare una fraseologia differente indica che egli desidera denotare realta' differenti,non quelle sinonime (o equivalenti).La questione si presenta allora in quanto a come questa frase possa essere teologicamente intellegibile;come puo' questa interpretazione avere senso dato che (morfh'/ qeou' ) si riferisce alla essenza preesistente di Cristo come divinita'? Non dovrebbe l'uguaglianza di Cristo con Dio(toV ei ai i[sa qew'/') essere considerata solo un'altro modo di riferirsi alla sua essenza preesistente come divinita'? (morfh'/ qeou' ).La risposta all'ultima questione e' "NO" se noi consideriamo la possibilita' che "morfh'/ qeou' " si riferisce all'essenze mentre "toV ei ai i[sa qew'/" si riferisce alla funzione.Se questo e' il significato del testo,allora le due frasi non sono sinonime:benche' il Cristo fosse una vera divinita',egli non usurpo' il ruolo del Padre.Se HARPAGMOS (aJrpagmov") sia capito stando all'analisi di cui sopra,allora Cristo si dice non aver rapito(rubato) o afferrato l'uguaglianza con Dio.benche' egli stesso fosse una vera divinita' eistente nella forma di Dio,non tento' di afferrare quest'altro aspetto che lui stesso non possedeva - cioe',l'uguaglianza con Dio.Al contrario,Cristo svuoto' se' stesso.Questo svuotamento consistette nel prendere la forma di un umile servo e nel farsi a somiglianza di uomo.Percio',il contrasto tra i versi 6 e 7 si fa molto chiaro.Cristo,la seconda persona della trinuita',non tento' di rapire/rubare un'uguaglianza con Dio che appartiene propriamente solo alla prima persona della Trinita'.Al contrario,Cristo abbraccio' quei doveri che erano stabiliti per la seconda persona-prendere la forma dii un servo e rendersi a somiglianza di uomo.In questo modo,Cristo non tento' di usurpare il ruolo peculiare della prima persona della Trinita',ma in sottomissione egli abbraccio' gioiosamente questo suo ruolo nella incarnazione.
IMPLICAZIONI TEOLOGICHE.
Credo che questa interpretazione apra per noi la strada per vedere una ortodossa subordinazione al DIO Padre.Benche' il Padre e il Figlio siano uno nella loro esenza (che e' esistere entrambi nella forma di Dio),essi sono distinti nelle loro persone(che e' che essi ciascuno rispettivamente mantiene ruoli e funzioni che sono peculiari alla loro propria persona.L'aspetto di questa relazione intra-trinitaria e' che rende possibile la redenzione.In accordo al piano predeterminato del Padre,il padre invia il Figlio nel mondo come un uomo e come un servo.Il Figlio non prova ad abdicare il suo ruolo afferrando uguaglianza funzionale con il Padre.Al contrario,il Figlio ubbidisce al Padre ed entra nella storia umana.In questa sequenza di eventi,vediamo che il Figlio non solo obbedisce al Padre nella sua incarnazione ma anche che egli obbedisce al Padre da tutta l'eternita'.Per questo motivo,se il Figlio non fosse obbediente all'invio di lui nel mondo da parte del Padre e se non fosse distinto dal Padre nella sua persona (e percio' nel suo ruolo e funzione),allora la redenzione sarebbe stata impossibile, il Figlio mai avrebbe obbedito al Padre,e non ci sarebbe mai stata una incarnazione.Ci sono alcune ramificazioni ecclesiologiche che emergono da questa veduta della Trinita'.Prima di tutto,non e' ne' antibiblico ne' irrispettoso dire che uomini e donne mantengono ruoli diversi in Chiesa e a casa.Per il fatto che il grande apostolo ha detto altrove che la relazione di Dio il Padre con Dio il Figlio e' il paradigma per la relazione che esiste tra marito e moglie in casa e uomini e donne in Chiesa,c'e' una grande dignita' nel mantenere il ruolo che Dio ha stabilito per ciascun individuo.Proprio come il Padre e il Figlio sono uno in essenza (ossia,sono entrambi divinita') ma distinti nelle loro Persone,cosi' c'e' una realta' corrispondente nelle relazioni terrene fra uomini e donne.Per esempio,sebbene si ordini alle mogli di mantenere un ruolo di obbedienza ai loro mariti (1 Pietro 3:1),mariti e mogli redenti sono uno nella loro posizione davanti a Dio;sono eredi simili della grazia di vita (1 Pietro 3:7).Non c'e' qui ineguaglianza essenziale,ma solo una funzionale.In questa comprensione.l'uomo non e' superiore in valore o significato su sua moglie piu' che il Padre lo sia su Cristo.La contrario,il mantenimento dei ruoli stabiliti da Dio e' in fin dei con ti una cosa molto gloriosa (Filippesi 2:11).Qualunque conclusione facciamo,dobbiamo essere d'accordo che Filippesi 2:6 si pone come una delle maggiori affermazioni cristologiche in tutto il Nuovo Testamento.In esso vediamo l'umiliazione d'amore del Figlio di Dio manifestata nella sottomissione pre-incarnata a suo Padre.Qui e' il grande Paradigma della sottomissione a Dio il Padre.Ecco Cristo,in tutta la sua esaltata umilta',che mostra in seguito l'obbedienza dignitosa che caratterizzerebbe la sua intera vita terrena e missione.E qui vediamo che questa sua magnifica obbedienza non era di uno che nacque in una mangiatoia 2000 anni fa,ma di uno che nacque in eterno entro il glorioso mistero intra-trinitario.Per amore,il Padre stabili' che suo Figlio si offrisse nella incarnazione.L'obbedienza del Figlio,nato in eterno,realizzo' non solo la redenzione dei peccatori ma anche la vera manifestazione dell'amore di Dio.Gesu' disse,”.


27/03/2006 09:32
 
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Paolo
27/03/2006 17:56
 
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Re:

Scritto da: pcerini 24/03/2006 19.16
Un mio collega mi ha fatto il grande favore di tradurre in italiano il testo di un'articolo inglese su HARPAGMOS e MORPHE
nonostante i suoi troppi impegni di lavoro.

Introduco l'articolo dicendo che l'autore tente di dimostrare che non vi e' sinonimia,o anafora,insomma non vi e' uguaglianza di valore tra le frasi 'uguaglianza con DIo' e 'forma di Dio' in base al fatto che l'infinito articolato non ha alcuna valenza semantica di tipo anaforica che non si puo' presumere neanche dal contesto precedente immediato.

Che insomma le due frasi si riferiscono a due ordini di realta' differenti.

Sembra sostenere una posizione trinitaria che non assomiglia ne' a quella TDG e ne' a quella cattolica,sulla base dell'analisi non tanto lessicale ma quanto su quella grammaticale e semantica sia delle parole che del contesto.

Ecco qui il testo tradotto, giudicate voi.

(da www.bible.org/page.asp?page_id=1792 )

Denny Burk e' stato uno dei miei assistenti per l'anno scolastico 1999-2000. Questo documento (con lievi correzioni mie e di Dennis) e' quello che ha presentato all'incontro regionale sud-occidentale della Societa' teologica evangelica nella primavera del 2000. Denny ha anche scritto una tesi che ha incorporato molto di questo materiale.
Daniel B.Wallace

INTRODUZIONE AL PROBLEMA

Il problema
...






Ricapitolando:
prendo alcune frasi chiave dello studioso:

"Prima di tutto,assumero' un certo signifiacto per "forma di Dio" (morfè theou). Cioe'che questa frase si riferisce all'esistenza di Cristo nella sua essenza come vera divinita'.
In secondo luogo,perche' vedo il versetto 7 riferentesi alla venuta di Cristo nella incarnazione, capisco che tutto il versetto 6 si riferisca ad eventi che hanno luogo prima dell'arrivo del Figlio sulla terra.
Percio',l'esistenza di Cristo nella "forma di Dio" si riferisce alla sua preesistente unita' di essenza con "Dio il Padre" prima dell'incarnazione.
In altre parole, Filippesi 2:6 si riferisce ad eventi e realta' che hanno luogo in una realta' precedente (quella dell'eternita'). La supposizione piu' significativa che faro' riguarda il significato lessicale di HARPAGMOS.Considero HARPAGMOS una forma concreta e passiva.
Pertanto traduco il termine "una cosa da essere afferrata".
In altre parole, Il Figlio non volle o non tento' di afferrare l'uguaglianza con Dio."

"se noi consideriamo la possibilita' che "morfè/ theou'" si riferisce all'essenza, mentre "to einai isa thew" si riferisce alla funzione.
Se questo e' il significato del testo, allora le due frasi non sono sinonime: benche' il Cristo fosse una vera divinita',egli non usurpo' il ruolo del Padre.
Se HARPAGMOS sia capito stando all'analisi di cui sopra, allora Cristo si dice non aver rapito(rubato) o afferrato l'uguaglianza con Dio.
Benche' egli stesso fosse una vera divinita' esistente nella forma di Dio, non tento' di afferrare quest'altro aspetto che lui stesso non possedeva - cioe'l'uguaglianza con Dio.
Al contrario, Cristo svuoto' se' stesso.
Questo svuotamento consistette nel prendere la forma di un umile servo e nel farsi a somiglianza di uomo.
Percio',il contrasto tra i versi 6 e 7 si fa molto chiaro. Cristo,la seconda persona della trinita', non tento' di rapire/rubare un'uguaglianza con Dio che appartiene propriamente solo alla prima persona della Trinita'.
Al contrario, Cristo abbraccio' quei doveri che erano stabiliti per la seconda persona -prendere la forma di un servo e rendersi a somiglianza di uomo.
In questo modo, Cristo non tento' di usurpare il ruolo peculiare della prima persona della Trinita', ma in sottomissione egli abbraccio' gioiosamente questo suo ruolo nella incarnazione."

"Prima di tutto, non e' ne' antibiblico ne' irrispettoso dire che uomini e donne mantengono ruoli diversi in Chiesa e a casa. Per il fatto che il grande apostolo ha detto altrove che la relazione di "Dio il Padre" con "Dio il Figlio" e' il paradigma per la relazione che esiste tra marito e moglie in casa e uomini e donne in Chiesa, c'e' una grande dignita' nel mantenere il ruolo che Dio ha stabilito per ciascun individuo. Proprio come il Padre e il Figlio sono uno in essenza (ossia, sono entrambi divinita') ma distinti nelle loro Persone, cosi' c'e' una realta' corrispondente nelle relazioni terrene fra uomini e donne. Per esempio,sebbene si ordini alle mogli di mantenere un ruolo di obbedienza ai loro mariti (1 Pietro 3:1), mariti e mogli redenti sono "uno" nella loro posizione davanti a Dio; sono eredi simili della grazia di vita (1 Pietro 3:7). Non c'e' qui ineguaglianza essenziale, ma solo una funzionale. In questa comprensione l'uomo non e' superiore in valore o in significato su sua moglie, piu' che il Padre lo sia su Cristo. Al contrario, il mantenimento dei ruoli stabiliti da Dio e' in fin dei conti una cosa molto gloriosa "

In conclusione mi sembra che questo studioso sia giunto alle mie stesse conclusioni, quando scrissi "che Cristo benchè sia un "essere divino" come il padre, non tentò mai di rubare od usurpare il suo ruolo o posto, facendosi uguale al padre.
Ogni tanto vedere che altri giungono alle mie stesse conclusioni mi fa piacere.
Saluti Mario

"Il messaggio è chiaro. Il nostro amore per Geova dev’essere più forte del nostro amore per i familiari che gli divengono sleali.
Oggi Geova non mette immediatamente a morte quelli che violano le sue leggi.
Amorevolmente dà loro l’opportunità di pentirsi delle loro opere ingiuste. Ma come si sentirebbe Geova se i genitori di un trasgressore impenitente continuassero a metterLo alla prova frequentando senza necessità il loro figlio disassociato?"(La torre di Guardia 15 luglio 2011 pagine 31)
27/03/2006 18:45
 
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Un piccolo fugace accenno, ma guardate che è pensato...
Scrive pcerini
L'interpretazione di Wright ha esercitato considerevole influenza sulle successive interpretazioni di questo passo biblico.Da allora Wright e molti altri commentatori hanno collegato "uguaglianza con DIo" e "forma di Dio" sulla base di questa supposto riferimento anaforico.

Dice Bery
Ma la fede della Chiesa non è nata "da allora" è nata un pò prima. Il collegamento uguaglianza di Dio e forma di Dio è avvenuto già nel NT dando a Gesù risorto lo stesso appellativo di Jahveh: Kyrios. E non va dimenticato che i testi del NT sono stati giudicati ispirati dalla Chiesa sulla base della loro corrispondenza alla fede che essa già trasmetteva da decenni e da secoli a voce.

Dice Mario70
In conclusione mi sembra che questo studioso sia giunto alle mie stesse conclusioni, quando scrissi "che Cristo benchè sia un "essere divino" come il padre, non tentò mai di rubare od usurpare il suo ruolo o posto, facendosi uguale al padre.
Ogni tanto vedere che altri giungono alle mie stesse conclusioni mi fa piacere.

Dice Bery
Se vuoi posso aumentare il tuo piacere anch'io accogliendo la conclusione che:
1) Il Figlio non ha mai usurpato il ruolo del Padre.
Perché mio figlio se adopera tutto quello che io gli metto a disposizione non usurpa proprio niente.
2) Il Figlio, in quanto Figlio, cioè persona altra da quella del Padre,non si è mai fatto uguale al Padre giacché è persona distinta da Lui. E neanche si è fatto mai uguale quanto alla divinità. E' "stato fatto" così dal Padre per generazione naturale (che è di tipo intellettuale).
3) Il Figlio in un senso ben preciso è e sarà sempre dipendente dal Padre. Lo è a livello di generazione che perdura eternamente. Lui è "Dio da... Luce da... ". Quando si parla di "uguaglianza" ci si riferisce esclusivamente alla natura divina, che non può non essere uguale nel Figlio dato che è la stessa e unica che ha il Padre e non un doppione a fianco.

E per carità, avere natura divina non significherà mai avere un corpo spirituale. [SM=x570895] Sia perché i "corpi spirituali " non esistono. Se sono corpi non sono spirituali. Sia perché se i corpi spirituali ce li hanno sia gli ancgeli che gli unti, la categoria "corpo spirituale" non può essere che creata. Quindi Dio non può averla perché è superiore (ontologicamento Altro) ad ogni realtà creata e perché, se fosse creata, Dio dovrebbe aver avuto un momento in cui non l'aveva prima di crearla.
E cos'era e dove stava Dio se non aveva un corpo in quel momento? [SM=x570868]
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est modus in rebus
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