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Scritto da: paiboon 26/11/2005 17.00
Be',allora indicami dove posso andare a trovare una fonte delle critiche che gli sono state rivolte in merito ai suoi libri.
posso indicarti questa "lettera aperta" scritta da Andrea Nicolotti a Donnini, e pubblicata tempo fa su it.cultura.religioni. (Donnini poi è sparito senza rispondere n.d.r.)
Caro sig. Donnini,
forse si ricorderà di me per uno scambio di mail che ci fu tra noi alcuni
mesi fa, quando le rimproveravo di non avere citato l'autore della
traduzione del vangelo di Tommaso nel suo sito, e Lei mi rispose che aveva
dei motivi per farlo, dei quali non poteva rendermi partecipe; lo scambio
epistolare finì con un invito reciproco di andare a farsi una passeggiata in
Valle d'Aosta.
Pochi giorni fa è stato pubblicato uno stralcio del suo sito sulla questione
della distanza tra Nazareth e il lago di Tiberiade; indipendentemente dai
commenti che Lei possa citare, una pagina come quella è improponibile, anche
solo per chi abbia la volontà di andare a verificare le citazioni e di
leggere cronologicamente il racconto evangelico.
Il fatto che Lei citi nel suo post un certo numero di studiosi figli di
orientamenti differenti e con presupposti diversi (tra cui uno pesantemente
criticato per i suoi metodi, Eisenmann, e un altro che è suo amico
presonale, Gershenson, che a quanto mi risulta non è un filologo o un
esegeta ma un archeologo) quasi come se fosse possibile fonderli in un
sistema organico, o fosse possibile prendere qualcosa da uno e qualcosa
dall'altro fino a farne una teoria "nuova", non migliora le cose, credo.
Gli studi di Danielou non possono essere avvicinati neanche col binocolo a
quelli di Eisenman, né per la serietà degli autori, né per quello che
sostengono all'opposto uno dall'altro; Deschner, Craveri e Donini sono
proporzionalmente studiosi screditati, il primo praticamente in tutto quello
che scrive, gli altri due a causa del desiderio che ebbero di fare un
servizio ad un anticlericalismo ormai sorpassato e certo antiscientifico.
Ad esempio, lei cita Donini per i suoi dubbi sull'esistenza di Nazareth
all'epoca di Gesù, e poche righe dopo Loisy per lo stesso problema di
Nazareth, quando proprio lo stesso Loisy dà torto a chi la pensava come
Donini (Loisy, origini del Crist., Il saggiatore, p. 72).
Non è possibile estrapolare teorie da più fonti, quando gli autori
sostengono teorie diverse l'uno dall'altro; né è proponibile citare in
bibliografia autori di 70 anni fa, i cui studi sono superatissimi, e
riproporli così come se niente fosse. E tantomeno citare autori palesemente
anticlericali (Pepe, Deschner) che non hanno a che fare con la ricerca
seria.
Né si può, in un sito che vuole essere storico, dare l'impressione di essere
una sorta di disvelatore di verità nuove, che mi paiono scoperte dell'acqua
calda.
Ad esempio, Lei affronta il discorso sull'impossibilità dei cristiani di
riunirsi nelle catacombe per il culto ordinario in epoca persecutoria, e dal
modo in cui la questione viene da Lei presentata, pare che la propaganda
religiosa appoggi e abbia appoggiato questa idea (il citare come prova i
film americani stile "Ben Hur" e parlare di retorica mi fa sorridere). In
realtà, né i film americani né certe credenze errate della gente hanno a che
fare con la la scienza storica o la propaganda di stampo cattolico: Lei
riporta un passo di J. Stevenson sulla civiltà delle catacombe, scritto
negli anni '70; io la rimando al Liber Sacramentorum del Cardinale di Milano
Idelfonso Schuster, che nel 1931 affermava: "E' destituita di prove
l'opinione volgare che i Cristiani celebrasero i loro culti nei cimiteri
sotterranei" (vol. II. p.8), riprendendo una notizia già nota da molto tempo
(basta vedere un manuale di archeologia cristiana della fine del secolo
scorso, come quello del Marucchi, professore di università pontificia, o la
famosa Roma sotterranea del Rossi).
Leggendo solo le notizie del suo sito, pare che lei stia dando una notizia
innovativa e diversa da quello che la "dottrina cattolica" insegna, quando i
primi archeologi e studiosi delle catacombe romane furono a servizio dei
pontefici; e non 10 o 20 anni fa, ma più di 100.
Lo stesso vale per la sua semplicistica lettura dei dati storici sulla
persecuzione, per i quali già è stato schernito tempo fa sul newsgroup di
cultura classica.
E che dire della rozza metodologia comparativa abbandonata da decenni dagli
studiosi, e da Lei utilizzata tranquillamente per paragonare la religione
Indu a quella cristiana per l'idea della nascita verginale, affermando una
dipendenza tra le due ideologie?
E dell'interpretazione allegorica dei miracoli dei vangeli, che sembra paro
paro quella dei teologi-filologi del secolo XIX quali Renan, Reimarus,
Paulus, Strauss, Bauer, von Harnack, Loisy, abbandonata da 70 anni perché
basata su ipotesi di trasmissione e datazione del Nuovo Testamento risultate
poi erronee?
E della faciloneria con cui si affrontano e liquidano i temi delle
cronologie neotestamentarie, come se si avesse a che fare non con un testo
evangelico del secolo primo, ma con un registro comunale napoleonico?
E la disinvoltura nel liquidare in poche parole problemi che hanno ben più
grande spessore, che richiedono conoscenze della lingua, del contesto, della
storia, della filologia, etc. etc., dei quali manco si fa cenno? Il vero
studioso espone le tesi accreditate e poi, se desidera la propria, magari
anche opposta, nelle sedi opportune: non la risolve in quatro parole, come
se secoli di critica biblica fossero stati condotti da stupidi, e tantomeno
su internet, con la scusa della divulgazione.
Il metodo seguito e il fatto che Lei abbia studiato alla Michigan
Technological University e che insegni in un istituto professionale, cose
meritevoli, mi fanno pensare che anche Lei come altri qui non sia uno
studioso di professione dell'argomento, ma una persona che, a suo dire, dal
1982 si interessa di un argomento. Non pensa che la gente che ci dedica vita
e studi da sempre forse non sia così sprovveduta da dover sapere da Lei come
si traduce una parola greca?
Che dire poi delle falsità che vengono affermate riguardo a presunte
omissioni nelle traduzioni cattoliche del vangelo, affermate nei suoi libri?
Mi rifaccio ad esempio al tema del "figlio primogenito" (che con altrettanta
faciloneria per Lei è la prova di esistenza di fratelli di Gesù, come se il
greco lo avesse scoperto solo Lei oggi in tutta la sua completezza):
Leggo in CRISTO, UNA VICENDA STORICA DA RISCOPRIRE", Roma, 1994, paragrafo
4.3.1:
"..il testo di Matteo porta la definizione "primogenito" ma, in verità, non
ci è dato di poterla leggere comunemente, perché i traduttori, molto
disturbati da questa parola, la hanno eliminata. Infatti i testi antichi del
Vangelo di Matteo così recitano: "...peperit filium suum primogenitum (=
partorì il suo figlio primogenito)" (Novum Testamentum Graece et Latine,
Ist. Bibl. Pont., Roma 1933, Secundum Matthaeum 1, 25)"
Interessante l'uso di edizione critica di 70 anni fa, sempre per lo stesso
principio che più vecchio è meglio è: certo avrà i suoi motivi... (li
vedremo dopo). Non credo che per insegnare la Fisica ai suoi studenti lei
userebbe un testo del 1930.
Innanzitutto quanto Lei dice è falso: non è vero che "i testi antichi del
Vangelo di Matteo" hanno la frase "partorì il suo figlio primogenito". In
verità, solo ALCUNI tra i manoscritti hanno questa aggiunta, e non sono i
più antichi, ma sono datati V e VIII secolo (Parigino 9 e 62, Cambridge II
41, Washington 06.274), mentre ad esempio i più famosi e antichi codici
Vaticano, Alessandrino e Sinaitico (due su tre del IV secolo) non la
riportano.
Lo studio filologico del testo, ha fatto espungere questo inciso
nell'edizione critica greca: è così nel vecchio Merk che Lei cita (ce l'ho a
casa, del 1939), e pure nel recentissimo Nestle Aland (27 ed.). In parole
povere, la parola primogenito è stata eliminata perché giudicata spuria.
Quindi è falsa questa citazione che Lei fa, chiamandola "la versione greca
completa": "kai oik eginosken auten eos oi eteken ton uion auton ton
prototokon kai ekalesen to onoma autou Iesoun" = E non la conobbe finché
ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito, e gli dette nome Gesù.
Infatti, sia il Merk che Lei cita, sia il Nestle Aland, hanno: "kai oik
eginosken auten eos oi eteken uion kai ekalesen to onoma autou Iesoun" = E
non la conobbe finché ella non ebbe partorito il figlio, e gli dette nome
Gesù.
Ergo: Lei dice che i traduttori saltano una parola (primogenito) che però
non c'è nemmeno nel testo greco dell'edizione che Lei cita; la frase greca
che Lei ha trascritto, infatti, non si trova nel testo, ma in nota, come
variante rigettata dai filologi. Forse dovevano tradurre una parola che non
c'è manco nell'edizione critica?
Ora capisco perché trascriveva in latino e non in greco, come avrebbe dovuto
fare: la vecchia vulgata latina, infatti, aveva recepito quella lezione che
la critica successiva ha rifiutato, e riporta "primogenitum". Così Lei fa
passare una testimonianza latina di un testo come prova di una presunta
cancellazione del testo greco (che non c'è). Ma se Lei prende il moderno
Nestle Aland, troverà anche la revisione recente del testo latino della
vulgata, e leggerà: "donec peperit filium, et vocavit....", senza il
"primogenitum.
Correttissima secondo la filologia è quindi la traduzione CEI: "la quale,
senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù", che
secondo Lei riporterebbe "tagli e le modifiche non casuali". Qui l'unica
modifica è la sua.
Tra l'altro, il fatto che per secoli si sia detto "primogenitum" in latino
in Chiesa, prima che si capisse che l'inciso era spurio, dimostra il
contrario di quello che Lei dice riguardo alle presunte omissioni.
Io mi fermo qui: il passo di cui sopra non dimostra nulla, né col
primogenito, né senza, in quanto l'uso greco di allora permette diverse
letture. Ma il falsare in questo modo un testo, per me è una bestemmia, e
non contribuisce certo a farmi benm pensare dei suoi studi, che, contuinuo a
credere, non devono aver sede né su internet né in libri "scandalistici"
stampati da case semisconosciute, ma nelle università e sulle riviste
specializzate del settore, nella comunità internazionale degli studiosi.
Saluti
Andrea Nicolotti
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saluti anche da me
Francesca/archivista
Modificato da Francesca Galvani 26/11/2005 18.23
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