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Questa è la copertina di Svegliatevi! del 22/12/05.
Come al solito, come si nota dal titolo, la WTS non perde l’occasione di “sfruttare” le notizie di cronaca in chiave apocalittica, nel tentativo di “dimostrare” che siamo prossimi alla fine del mondo.
Nell’articolo vengono presentate le solite informazioni sull’influenza spagnola pubblicate dalla WTS in altre occasioni. Si continua a dire che l’influenza che colpì l’umanità dopo la prima guerra mondiale avrebbe adempiuto le profezie bibliche e che sarebbe stata “una pestilenza senza precedenti” (p. 5), che fu la “pandemia più devastante della storia” (p. 6), e si citano “alcuni epidemiologi, che avanzano l’ipotesi che il numero dei morti [stimato in genere intorno ai 21 milioni, ndr] sia stato di 50 milioni se non addirittura 100 milioni” (p. 6). Tali stime comunque non vengono generalmente condivise dagli esperti ed è la prima volta che la stessa WTS menziona simili dati. che sembrano essere piuttosto “gonfiati”.
Nella pagina www.infotdgeova.it/pestilenze.htm ho riportato alcune informazioni tratte dal libro di C.Olof Jonsson e Wolfang Herbst “Il segno degli ultimi giorni”, che dimostrano come non vi sia stato alcun cambiamento significativo a partire dal 1914 per quanto riguarda le malattie epidemiche o “pestilenze”. Anzi, dal 1914, la «nostra generazione» (come la definivano una volta i TdG) ha visto la scomparsa - o una drastica diminuzione - di queste spaventose calamità.
Trascrivo a questo proposito altre osservazioni riportate alla pp. 186-191 del libro “Il segno degli ultimi giorni”: ...
Come si è già avuto modo di dire all'inizio di questo capitolo, la Società Torre di Guardia, facendo propri i dati pubblicati da una rivista americana, giudica la spagnola la calamità più grave della storia universale, responsabile di un massacro superiore a quello di «qualsiasi altra epidemia della storia umana» (61).
Il lettore che ci abbia seguito fin qui sa ormai come simili affermazioni si pongano in contrasto con tutta una serie di prove storiche. Numerose pestilenze del passato, infatti, rivendicano per sé il triste primato: la morte nera del quattordicesimo secolo, con i suoi 77, forse 100 milioni di morti; epidemia di vaiolo del 1520: 30 milioni di morti solo in America, un terzo dell'intera popolazione amerinda; il colera del diciannovesimo secolo: circa 100 milioni di morti in cinque violente ondate epidemiche, alcune delle quali mieterono, prese singolarmente, tante vittime quante la spagnola nel suo complesso: 20 milioni di morti ognuna ogni attacco... una spagnola!
Il linguaggio delle cifre non si presta a dubbi: la spagnola non fu la «più grande» né la «più distruttiva» epidemia della storia.
Per prevenire, quindi, le possibili a comprensibili obiezioni, la Società Torre di Guardia chiama in causa talora il tasso di mortalità della spagnola: essa, vale a dire, avrebbe ucciso in una percentuale maggiore di qualsiasi altra epidemia. In un articolo di Svegliatevi! del 22 agosto 1971(62), sotto il titolo «La più grande causa di decessi di ogni tempo» si legge questo parere di anonimo:Se l'epidemia avesse continuato il suo matematico ritmo di accelerazione, la civiltà sarebbe facilmente scomparsa dalla terra in un periodo di alcune altre settimane (63). Male cifre smentiscono. Si calcola generalmente che circa 525 milioni di persone, un quarto dell'intera popolazione mondiale, furono contagiate dalla spagnola. Di esse 15-20 milioni morirono, 500 milioni guarirono. La mortalità media fu pertanto del 4% (64).
Ciò significa che, anche se ogni abitante della terra fosse stato colpito dal morbo, il 96% della popolazione del globo sarebbe sopravvissuto.
La civiltà quindi non è mai stata in pericolo!
Le epidemie influenzali hanno di solito una duplice caratteristica:
1) si sviluppano a di diffondono rapidamente contagiando un'alta percentuale della popolazione, il 25-40%;
2) hanno una mortalità generalmente bassa.
Queste furono sostanzialmente le caratteristiche dell'epidemia influenzale del 1918-19. Il fatto che essa fu accompagnata da una mortalità alquanto elevata, il 4% (65), non deve trarre in inganno. Il dato va letto, infatti, e in rapporto alla normale mortalità influenzale, e in rapporto, anche, alle altre epidemie del passato. In confronto a quella fu superiore alla media, in confronto a queste fu molto inferiore. Bastano alcuni raffronti per convincersene: la febbre tifoide a la dissenteria uccisero talvolta, rispettivamente, dal 20 al 50% dei colpiti; la febbre gialla il 60% e più (66); il colera dal 50 all'80%; la peste bubbonica dal 30 al 90%; la peste polmonare, infine, una variante della peste bubbonica, manifestatasi durante l'epidemia di morte nera del 1347-50, raggiunse una mortalità del 100%, poiché non risulta che alcuno dei contagiati sia sopravvissuto! (67).
È quindi errato da un punto di vista scientifico definire l'influenza spagnola, con il suo tasso di mortalità del 4%, «il più micidiale assassino di tutti i tempi». Paragonata ad altre epidemie, essa appare piuttosto una delle meno cruente
Il killer più veloce?
Se non il più spietato, la spagnola può però essere stata il killer più veloce. E infatti La Torre di Guardia del 1 ° dicembre 1977, citando la rivista Science Digest, afferma testualmente: «In tutta la storia mai il castigo della morte era stato più inflessibile a rapido » (68). La spagnola avrebbe, quindi, battuto in rapidità la morte nera: 62 milioni di morti in tre anni, questa; 21 milioni in quattro mesi, quella.
Ma la spagnola non durò affatto soltanto quattro mesi. Essa imperversò per circa 12 mesi, dall'inizio della primavera del 1918 alla primavera del 1919 (69) toccando la fase più acuta nei mesi autunnali del 1918, allorché si registrò anche la più alta mortalità. Il confronto, quindi, quale è impostato dalla Torre di Guardia, risulta viziato all'origine, perché esso è condotto tra grandezze di diverso genere. Il tasso di mortalità non può calcolarsi sulla base di un confronto così concepito: fase acuta della spagnola - durata totale della morte nera (o di altre pestilenze precedenti). Il risultato, per essere accettabile, deve scaturire dal confronto mela con mela, non mela con pera.
Nel nostro caso, il tasso di mortalità va calcolato in base al confronto tra le fasi acute di entrambe le pestilenze o tra la mortalità media dell'una e dell'altra, viste nell'intero periodo della loro durata. Così, tra la spagnola che uccise 21 milioni di persone in circa un anno a la morte nera che ne uccise 62 milioni in tre anni, si scopre un rapporto di sostanziale identità (70).
Alla morte nera, perciò, molto più che alla spagnola, si attaglia il titolo di «il più grave a più rapido» castigo di morte.
II killer più diffuso?
Alla ricerca di un primato nella tragica graduatoria che andiamo compilando, la spagnola sembrerebbe dunque poter aspirare al titolo di killer più diffuso: «infuriò in tutto il mondo » (72).
È una fama del tutto immeritata. Molte pestilenze del passato hanno conosciuto una diffusione planetaria, non escluse alcune epidemie influenzali, 7 per la precisione, che infuriarono tra sedicesimo a diciannovesimo secolo: 1556-1559; 1580; 1732-1733; 1781-1782; 1830-1833; 1857-1858; 18891890 (73). Una delle più micidiali, quella del 1556-1559, di cui si è già detto (74), uccise all'incirca una persona su cinque in Inghilterra a in alcuni altri paesi europei.
Nel 1580 un'epidemia influenzale, scoppiata in Asia, si diffuse in Africa, Europa, America. Rapporti dell'epoca riferiscono che « nello spazio di sei settimane, essa colpi quasi tutte le nazioni europee. Quasi nessuno rimase immune dal contagio e i pochi che scamparono furono oggetto di grande meraviglia » (75). In alcuni paesi la mortalità fu molto alta: 9000 i morti solo a Roma. E corse voce che alcune città della Spagna fossero «completamente spopolate » (76).
L'epidemia influenzale del 1781-1782 interessò «oltre a tutti i paesi europei, anche Cina, India a Nordamerica», colpendo dai due terzi ai tre quarti della popolazione (77). Un'elevata mortalità caratterizzò alcune di queste epidemie.
In Gran Bretagna gli effetti della grande influenza del 1847 furono paragonati alle devastazioni del colera: « furono più numerose le vittime dell'influenza che quelle dell'epidemia di colera del 1832 »78.
Riassumendo, nessuno dei titoli di superiorità che la Società rivendica per la spagnola: gravità, tasso di mortalità, velocità di diffusione, estensione, sembra che le convenga.
Molte altre pestilenze, infatti, uccisero di più, con un tasso medio di mortalità molto più elevato. E, mentre la palma di killer più veloce può essere assegnata alla spagnola solo in forza di un uso disinvolto a arbitrario delle statistiche, altre epidemie, non escluse quelle influenzali, possono rivendicare per sé il titolo di una diffusione amplissima, pari, se non superiore, a quella della spagnola stessa.
«Unica» dunque sotto nessun aspetto? Uno solo, a probabilmente impossibile da verificare. La spagnola può aver ucciso più di ogni altra epidemia influenzale precedente. Questa sembra essere l'opinione di molti esperti. Secondo l'Encyclopedia Britannica, «l'epidemia del 1918 fu la più rovinosa tra le epidemie influenzali della storia » (79).
In realtà l'umanità ha conosciuto sin dai tempi antichi periodici attacchi di influenza, a molti di essa di estensione e mortalità notevoli. Ma tali episodi sono stati spesso ignorati dalle fonti storiche e, soprattutto, le cifre relative alla mortalità appaiono di norma inaffidabili. Il Beveridge, per esempio, nei suoi studi sulle epidemie influenzali, mostra qualche incertezza di giudizio. In un primo momento, infatti, la spagnola gli appare come «la più grave epidemia influenzale mai toccata al genere umano» (80). Ma subito dopo, alla fine di una breve analisi di sedici tra le maggiori epidemie influenzali succedutesi negli ultimi duecento anni, dice:L'epidemia del 1918-19 è stata di gran lunga la più grave nei tempi recenti e, siamo portati a credere, quasi eccezionale. Quasi. E probabile infatti che non sia stata la sola. A giudicare dalle antiche cronache, ci furono in tempi lontani epidemie di influenza quasi altrettanto rovinose (81). Cade così l'ultimo possibile sospetto di unicità.
Note:
61 Cfr. supra, p. 161.
62 P. 3.
63 L'affermazione è ripetuta net libro della Società Torre di Guardia sull'evoluzione, Come ha avuto origine la vita? Per evoluzìone o per creazione?, 1985, p. 225, dove i riferimenti rivelano che la fonte è J.E. PERSICO, Science Digest del marzo 1977, p. 79.
64 H. BERGMARK, op. cit., p. 260. Secondo Jordan ed Henschen, circa il 50% dell'umanità (un miliardo) si ammalò, il che abbasserebbe la media della mortalità al 2%. Henschen la abbassa ancora di più, allo 0,2%, che è però effettivamente una soglia troppo bassa. (Encyclopedìa Britannica, vol. 12, 1969, p. 242; F. HENSGHEN, op. cit., p. 52). In molti luoghi la mortalità fu molto più bassa del 2% proposto da Jordan ed Henschen, per esempio negli Stati Uniti, dove fu dello 0,5%. In pochi luoghi fu considerevolmente più alta. In India morì il 4% della popolazione a nelle Samoa occidentali il 20-25% della popolazione, o 7.500 su 38.000: cfr. W.I. BEVERIDGE, Influenza: Che Last Great Plague, Londra, 1977, p. 31; La Torre di Guardia del 15 gennaio 1979, p. 29.
65 Cfr. Encyclopedia Britannica, Vol. 12, 1969, p. 242. La mortalità non fu eccezionale rispetto a quella delle altre epidemie influenzali, comunque. Alcune delle precedenti epidemie d'influenza erano state caratterizzate da una mortalità molto più elevata!
66 Cfr. M. BERGMARK, op. cit., pp. 141, 154, 232.
67 Cfr. W.H. MCNEILL, op. cit., p. 168.
68 Cfr. p. 711.
69 Cfr. W.I. BEVERIDGE, op. cit., pp. 21, 42, 43.
70 Chi poi è portato a giudicare più plausibile la cifra più alta tra quelle pro poste per i morti della spagnola, vale a dire 25 milioni a più, deve tener presente che anche per la morte nera si avanzano ipotesi di un numero molto più elevato di morti, 75 milioni in tutto il mondo.
71 I. Asimov, (A Choise of Catastrophes, Londra, 1980, pp. 241, 243), dopo aver sottolineato che la morte nera a può aver ucciso un terzo della popolazione del globo », a averla confrontata con la spagnola, afferma che la morte nera « resta senza paragoni poiché l'epidemia influenzale uccise meno del 2% ».
72 La Torre di Guardia del 15 gennaio 1979, p. 29.
73 Cfr. W.I. BEVERIDGE, op. cit., pp. 26-30; W.H. McNEILL, op. cit., p. 209.
74 Cfr. supra, p. 161.
75 Cfr. W.I. BEVERIDGE, op. cit., p. 26.
76 Ibid., p. 26.
77 Cfr. W.I. BEVERIDGE, op. cit., p. 28.
78 Ibid., p. 28
79 Cfr. Encyclopedia Britannica, Vol. 12, 1969, p. 242.
80 Cfr. W.I. BEVERIDGE, op. cit., p.32.
81 B. GRAHAM, Approaching Hoof beats, op. cit., pp. 174, 192. Saluti
Achille |