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LICENZIATA UNA INSEGNANTE: “È DIVORZIATA”

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2005 14:40
24/10/2005 14:40
 
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Quanto segue
rende chiaro che la religione dovrebbe essere cosa separata dallo stato
ma invece.........




LICENZIATA UNA INSEGNANTE: “È DIVORZIATA”

Un forte condizionamento etico in totale contraddizione con i principi Costituzionali e la laicità dello Stato.


Principio basilare dello stato di diritto è quello dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alle legge. Un principio che è alla base della democratica Costituzione della Repubblica italiana, ma che è spesso tradito in nome del Concordato con la Chiesa cattolica voluto da Mussolini nel '29 e rinnovato da Craxi nell'84.

Può accadere allora, che una lavoratrice possa essere licenziata perché divorziata, come nel caso della signora Caterina Bonci, insegnante elementare di religione cattolica a Fano. La decisione è del Vescovo, che in virtù del Concordato stabilisce gli idonei ad impartire l'insegnamento religioso nelle scuole della Repubblica. E poiché la signora Bonci per il catechismo cattolico si sarebbe "macchiata di peccato" violando il sacramento del matrimonio, ha perso il posto di lavoro. In Italia, ciò che è semplicemente “peccato” può divenire reato, ed allora è il diritto canonico a dettar legge: All'autorità della Chiesa è sottoposta l'istruzione e l'educazione religiosa cattolica che viene impartita in qualunque scuola o viene procurata per mezzo di vari strumenti di comunicazione sociale; spetta alla Conferenza episcopale emanare norme generali in questo campo d'azione, e spetta al Vescovo diocesano regolarlo e vigilare su esso. (Diritto Canonico, canone 804)

L'Ordinario del luogo si dia premura che coloro, i quali sono deputati come insegnanti di religione nelle scuole, anche non cattoliche, siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica. È diritto dell'Ordinario del luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedono motivi di religione o di costumi, di rimuoverli oppure di esigere che siano rimossi (Diritto Canonico, canone 805).

L'insegnante di religione cattolica è un prescelto dunque, solo se completamente organico all’ ideologia della Chiesa, che ne controlla “dottrina e costumi”.

Un principio questo, che non ha subito variazione alcuna nella legge sull’immissione in ruolo dei docenti di religione cattolica approvata il 15 luglio 2004, in virtù della quale lo Stato italiano, non solo continuerà ad obbedire a quanto la Chiesa decide, ma addirittura dovrà garantire che questo personale docente assai particolare vada ad insegnare materie diverse dalla religione cattolica. Il meccanismo perverso introdotto da questa legge, infatti, prevede che qualora il Vescovo competente territorialmente ritenga gli insegnanti di religione cattolica non più adatti all'insegnamento cattolico, potrà esigere che siano rimossi. Ma poiché essi sono ormai a tutti gli effetti titolari di un contratto a tempo indeterminato con lo Stato, l’insindacabile decisione vaticana avrà come conseguenza che andranno a coprire le cattedre delle materie obbligatorie per tutti, alle quali gli altri docenti di ruolo hanno avuto accesso per le vie regolari (selettivi concorsi a cattedra, titoli, abilitazioni…). Alla Chiesa cattolica, allora, si consente di gestire un vero e proprio canale di reclutamento del personale della scuola parallelo a quello Statale, per accedere al quale bisognerà essere eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana. Un forte condizionamento etico, dunque, in totale contraddizione con i principi Costituzionali e la laicità dello Stato.

Non sarebbe forse il caso di risolvere la questione estromettendo l’insegnamento confessionale dalle scuole della Repubblica?

Maria Mantello



(13-9-2005)
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