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ANIMA: un intermezzo

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2005 09:56
21/09/2005 15:25
 
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Una forista Testimone, in privato, ha chiesto quanto segue

“…il mio dilemma che mi turba molto è c’è una vita dopo la morte? Non capisco piu nulla e io da sola nel "mio "studio sono disorientata......ho letto tante scritture che dimostrano che c’è la vita spirituale ma poi mi assillano le domande che noi tg ci facciamo...
- a che serve la risurrezione
- e che senso ha il passaggio in questa terra?
per me essere sicura di questo sarebbe decisivo!!!”

Quindi confessa…
“Poi sai io non sono di cultura alta ho a malapena la terza media (grazie alla societa) e ho paura di non riuscire a confrontare bene le cose o verificarle nel modo giusto visto che certi argomenti son per me difficili...”

Il che mi obbliga a trattare la cosa con la massima semplicità (fin dove è possibile) e naturalmente dal mio punto di vista cattolico che contesta l’idea geovista dell’annientamento totale dell’essere umano da qui alla risurrezione.
Definisco questa trattazione “Intermezzo” perché la colloco in mezzo: tra la prima che ho già eseguito sull’anima, e alla seconda che “uscirà” quando verrà il suo tempo e… se non continua a piovere.

1.
Prima di entrare in palla rispondendo alle domande, debbo fare però delle premesse, senza le quali ciò che dirò sarebbe incomprensibile o capito alla rovescia e perciò rifiutato per altri motivi, nonostante la sua intrinseca logicità.

Comincio ricordando che la nozione di “anima” usata nel geovismo (o “geovanesimo” come dice un recente forista) è ambigua e confusionaria rispetto a quella che è comune nella cristianità e nel mondo secolare. Così che se non si chiarisce l’idea che c’è dietro la parola, si rischia di fare un discorso tra sordi.
Per il geovismo “anima” è l’equivalente di persona, cioè tutto l’uomo, così come concretamente lo si incontra. E dice che è composto di un corpo a cui si aggiunge uno spirito vitale, quindi: corpo+spirito vitale=anima).
Per la cristianità (dico “in genere”, poiché è difficile parlare per tutti data la sua vastità!) detto uomo è composto invece di corpo e di spirito (detto anche “anima”, ma noi preferiremo “spirito” proprio per evitare l’equivoco con la concezione geovista che appena sente anima strilla “no, l’anima è l’insieme!”), quindi : corpo+spirito=persona.

Abbiamo già detto alla noia che se il CD dei TG volesse essere coerente con la sua ideologia non dovrebbe fare nessuno sforzo per dimostrare con la Bibbia che “l’anima muore”. Se anima è geovisticamente quello che abbiamo detto, sappiamo tutti che muore, ogni giorno, a fasci, e basta l’esperienza secolare a farcene certi. Perciò la pretesa del CD di voler ricavare dalla Bibbia che l’anima muore sarebbe uno sfondare una porta aperta.
Ben diverso sarebbe se volesse dimostrare che quella che noi della cristianità concepiamo come anima/spirito (e cioè l’entità immateriale che rende vivo il corpo umano e lo rende capace di pensare, volere, conoscere, amare e quant’altro…) sia mortale, e scompaia nel nulla nel momento che il corpo umano perde le sue funzioni vitali. Ben diverso!
Per far questo non dovrebbe adoperare la sua concettualizzazione diversa dalla nostra. Con la quale né potrebbe dimostrare alcunché contro questa nostra entità né ci sarebbe bisogno di farlo perché secondo lui essa non esiste affatto. L’anima sarebbe, come detto, corpo e spirito vitale; si badi, uno spirito vitale identico a quello delle bestie e perciò non razionale, non fonte di atti intellettivi! Se il CD dicesse che lo spirito vitale “pensa”, allora non potrebbe dire che le bestie lo hanno!

E con questa chiarificazione di partenza abbiamo anche fornito ai nostri fratelli cattolici il criterio per porre il veto alla “dimostrazione” geovista. Essi, parlando di anima parlerebbero d’altro da ciò che pensiamo noi. E perciò la loro “dimostrazione” (del tutto superflua oltretutto!) non ci tocca minimamente e ci trova consenzienti in partenza: se l’anima fosse ciò che il CD insegna, è ovvio che sarebbe mortale!
Quindi potremmo esigere, affinché i TG ci tirino nel loro modo di concepire le cose in materia, che il CD dimostri che l’entità spirituale di cui parliamo noi non esiste. Lasciando perdere le affermazioni-slogan come “la vostra anima siete voi” o “voi non avete un’anima, siete un’anima”, il CD dovrebbe dimostrare l’inesistenza della nostra “anima/spirito” per poterci far accogliere la sua concezione. Se riuscisse a farlo accetteremo di buon grado che questa anima/spirito da noi concepita non solo sia mortale ma che non abbisogna di morire e non può neanche morire perché semplicemente… non esiste! Sarebbe un’illusione mentale!
Lo faccia! E diverremo TG suoi seguaci. E’ promesso!

Ahem!... Ma dovrebbe farlo senza ricorrere alla Bibbia. Perché? Ma perché la Bibbia esibisce una concezione ebraica diversa dalla nostra diciamo… occidentale moderna, e non parla per niente di questa entità spirituale come realtà ben distinta, anche se non separata finché si è vivi, dal corpo.
Non ne parla perché l’antropologia filosofica ebraica (unica disciplina autorizzata a discettare sull’argomento con la precisione che ci vuole) era ancora di là da venire. Gli ebrei non avevano cioè mai teorizzato la composizione profonda dell’essere umano, la sua essenzialità di animale ragionevole composto di spirito e corpo, né erano giunti a definire in maniera appropriata la persona umana.
Quindi i testi biblici non sono adatti a tale dimostrazione che la filosofia riconosce pertinenza della sola indagine razionale, basata a sui fenomeni che questo “bipede implume” produce.
E se il CD invece volesse sostenere che il buon Dio nella Bibbia ha voluto insegnarci la vera antropologia, così come la vera scienza, la vera storia eccetera… allora dovrà fare tutto un altro percorso in cui troverà ostacoli non solo tra i non geovisti, ma perfino nella Bibbia stessa che protesterebbe di essere capita, in quel di Brooklyn, con metodo fondamentalista (e quindi travisata completamente) laddove essa invece non ha alcuna intenzione di insegnare le suddette discipline, ma solo di parlare alla buona del rapporto religioso tra Dio e le sue creature umane. Il che può fare benissimo utilizzando anche la scienza e cultura imperfette dell’epoca in cui furono scritti i libri sacri (se la rivelazione fosse avvenuta ai nostri giorni il racconto di Genesi sarebbe stato scritto molto diversamente).

(segue)
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est modus in rebus
21/09/2005 23:38
 
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berescitte da ciò che dici mi è sembrato di capire che tu consideri lo spirito e l'anima la stessa cosa.

questo è un tuo pensiero o è l'insegnamento ufficiale della chiesa?

sai in molti passi della bibbia mi è sembrato di leggere chiaramente che spirito corpo e anima sono cose ben diverse...
poi potrei anche sbagliare...

e poi un'altra domada:

visto che per i cattolici esiste il parasiso nei cieli, che ruolo ha la rissurrezione terrena?
ci sara un ressurrezione terrena?
o è una cosa inventata dai TG?

grazie mille

all'angelo caduto scacciato dal paradiso non resta altro destino che farsi demonio
22/09/2005 05:13
 
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Ti rispondo volentieri, anche se alcune domande sono state previste nella trattazione che seguiterà. Precisare e ampliare è sempre utile.

>berescitte da ciò che dici mi è sembrato di capire che tu consideri lo spirito e l'anima la stessa cosa.
questo è un tuo pensiero o è l'insegnamento ufficiale della chiesa?
sai in molti passi della bibbia mi è sembrato di leggere chiaramente che spirito corpo e anima sono cose ben diverse...
poi potrei anche sbagliare...


Rispondo
E' linguaggio normale negli autori di spiritualità interscambiare anima e spirito quando si vuole intendere appunto l'entità immateriale che è unita dal Creatore al corpo sin dalla concezione. (Cf espressioni come vita interiore, vita dell'anima, vita spirituale, Padre nelle tue mani affido il mio spirito, lo spirito è pronto la carne è debole... in tante preghiere.) E che la specificità dell'uomo sia nella presenza di questa entità, senza la quale il corpo umano sarebbe una bestia, è chiaro da espressioni come "Dio crea l'anima di ogni uomo... Signore ti dono la mia anima... e si intende la mia persona ecc...". In alcuni testi antichi il soggetto viene addirittura interpellato al femminile, come se Dio appunto parlasse specificatamente all'anima, centro della personalità.
Nei documenti del Magistero si è prediletto il termine "anima" e lo si usa tuttora, ma non inteso alla geovista bensì come spirito umano.

Ma ci sono casi in cui si vuole distinguere la presenza di uno spirito inteso come la grazia di Dio (vita divina, non connaturale, sopraggiunta e donata all'uomo) e allora la parola "spirito" acquisterà una valenza diversa. Il contesto lo farà capire.
Per inciso nella Bibbia il termine SPIRITO ha molteplici accezioni (quello di vento, di forza, di anima, di vita divina o grazia, e di persona divina o Spirito Santo), il che permette alla WT di confondere le idee facendo diventare "cosa/oggetto" ciò che è un dono spirituale (la grazia) o perfino la persona divina dello Sirito Santo. La luce viene dal contesto.

>e poi un'altra domada:
visto che per i cattolici esiste il parasiso nei cieli, che ruolo ha la rissurrezione terrena? ci sara un ressurrezione terrena? o è una cosa inventata dai TG?


Rispondo
Il ruolo della risurrezione (e ne parlerò) è quello della ricostituzione integra dell'essere umano che è spirito incarnato.
La risurrezione è terrena nel senso che sarà risuscitato il corpo fisico che era morto. E tuttavia ciò non avviene perché esso conduca una vita sulla terra ma per entrare nella dimensione sopra-naturale ove sono stati assunti e vivono i corpi risuscitati di Gesù e Maria.* Le "beatitudini" promettono a tutti i discepoli di Cristo il Regno dei cieli.
La sorte del mondo/universo è quella di una trasformazione di cui non è stata rivelata la natura. E' opinione comune che esso non sarà annientato ma è certo che non ci servirà per sostenerci in vita e fare progetti di conquiste storico-scientifiche come è adesso. Esso sarà come un "contorno" rispetto alla "pietanza" che è la comunione di vita con Dio e la beatitudine celeste.
_______________________
* Ricorda che il geovismo ha... ricevuto per più di 50 anni da Geova questa stessa certezza. La vita nel paradiso terrestre se l'è inventata solo nel 1935 perché il mondo non finiva e c'erano altri, oltre i 144.000, che volevano il loro... pezzo di torta!
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est modus in rebus
22/09/2005 09:39
 
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2.
Noi dunque, secondo la filosofia (che nel sostenere la continuità della persona dopo la morte è simile al dato biblico) siamo un’unità psicofisica composta di spirito (detto anche anima) e corpo e non puri spiriti come gli angeli che non hanno corpo. Corpo e spirito sono uniti così intimamente (diciamo in maniera sostanziale) che l’essere che ne risulta non è più né solo spirito né solo corpo, ma sarà uno spirito incarnato, una unità che gode sia di qualità corporee che di qualità spirituali. Qualcuno ha scritto felicemente che la “carne/corpo” va considerata come lo spirito visibile e lo spirito la carne invisibile.

E’ per questo collegamento (ben diverso dal dualismo platonico/buddista che vede l’anima come ospite del corpo, contenuto e contenitore che non si uniscono mai e che permette all’anima di trasferirsi in altri corpi) è per tale collegamento che quando noi ci esprimiamo con il corpo “tocchiamo lo spirito”. Un bacio non è solo una pressione di cellule su altre cellule. E’ portatore di una significato e di una valenza spirituale che chiamiamo amore, benevolenza, stima, amicizia, volontà di comunione e altro… Così come uno schiaffo non è solo la pressione di cellule epidermiche della mano su quelle del volto, un insulto verbale non è solo lo spostamento del timpano acustico altrui… una mela è ben oltre che una mela!
E, viceversa, una comunicazione prettamente spirituale (come una notizia o un pensiero intuitivo) va diretta allo spirito e si ripercuote sul corpo creando dei fenomeni fisici, chimici, elettrici, emozionali, produce batticuore, adrenalina, respiro alterato, lacrime…).

Dietro il modo di esprimersi umano, legato, costretto, condizionato dall’esercizio della corporeità che ci relaziona nella dimensione spazio-temporale, c’è esattamente una valenza spirituale invisibile ma che costituisce l’intima essenza del propriamente umano. Nell’animale questo non esiste (le loro sensazioni non sono pensate, intenzionali, libere ecc…) e nelle piante è del tutto out.

Quindi noi siamo esseri umani non tanto per il corpo (inferiore in capacità a tanti animali) né per la sua forma (che nei millenni varia) ma per ciò che lo anima e lo rende umano: Appunto per lo spirito, la cui esistenza è ben dimostrata dai fenomeni che esso solo può produrre (in sintesi atti intellettivi e volitivi, che sono indice di facolta immateriali chiamate intelligenza e volontà.) Sono queste capacità che lo hanno reso signore del mondo animale, vegetale e minerale. Ed esse devono avere un essere in cui risiedere e da cui provengono analogo a se stesse, cioè immateriale, una fonte/entità che in nessun’altra creatura è riscontrabile; non si può cavar sangue da una rapa. Ed io per quanto mi sia ingegnato in mille modi non sono mai riuscito a far ridere il mio gatto.

Il procedimento parte dagli atti, cui si applicano i principi logici di causalità, di ragione sufficiente e di non contraddizione – principi filosofici che fondano la capacità di “ragionare” anche del CD e dei TG, quando ragiona! – e si perviene dall’essere dei fenomeni prodotti all’essere fontale che li produce: essi sono fenomeni immateriali? Immateriale dev’essere l’entità producente. Poiché dal meno non può venire il più, dalla materia non può derivare nessun atto entitativamente immateriale.

Il successivo passaggio dalla immaterialità alla indistruttibilità per causa di agenti fisico-chimici è una conseguenza immediata e intuitiva. Lo spirito non essendo fatto di parti (come non lo è il pensiero) non è disgregabile. La morte del vivente è conseguente alla disgregazione della sua armonia fisiologica corporea; di una parte biologica materiale essenziale alla sua vita. In seguito ne deriva anche la disgregazione generale fino a ridursi ad elementi chimici.

Ma nulla di ciò può accadere allo spirito che quindi resta nel mondo dell’essere. E' la sua immaterialità e la mancanza di parti estese a renderlo invisibile; è lo sradicamento dallo spazio-tempo che aveva con il corpo a farci dedurre che vive su un piano diverso di essere, nella sopra-natura, e quindi nella dimensione di Dio e angeli. E non va immaginato come svolazzante di qua o di là, secondo l’infantile insegnamento del CD, che conosce perfettamente (ma nasconde) il pensiero profondo cattolico che parla di dimensione sopra-naturale ove lo spirito va senza andare, cioè viene a trovarsi ipso facto, al cospetto di Dio che non risiede nello spazio-tempo fisici.
(segue)
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est modus in rebus
23/09/2005 11:37
 
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3.
Stanti così le cose, nella realtà dei fatti, noi abbiamo preferito da tempo (in dialogo con l’ideologia geovista che vuole attenersi solo al testo biblico) parlare non di mortalità o immortalità dell’anima ma di immortalità dell’essere umano. Prescindendo cioè da come possa essere concepito, definito, e in che consista quel qualcosa di lui che permane oltre il disfacimento corporeo, e nel quale qualcosa permane l’identità personale del soggetto defunto.

Ci siamo chiesti se nella Bibbia viene o no attestata questa permanenza oltre la morte. E abbiamo visto sia che essa viene attestata in molti passi, sia che la WT, infastidita da questa realtà, ha cercato di reinterpretare in maniera riduttiva e negante tutti quei passi che davano torto alla sua tesi. A partire dal giocare equivocamente con il concetto di “anima” (come abbiamo visto prendendo spunto da Ragioniamo p. 32-33 e da molti altri luoghi), a proseguire con interpretazioni stiracchiate (cf lo “spirito” tramutato in “respiro”!) o del tutto false (cf Ez 18,4), e a finire osando di ritoccare perfino l’originale biblico in sede di traduzione (cf 2Tes 5,23).

Ed ora passeremo a rispondere alle domande, della TG che ci ha interpellato. Lieti di poter chiarire il pensiero cattolico, indipendentemente dal fatto che poi sia accolto o no.

Ricordiamo e dichiariamo (soprattutto a quei suscettibili che a torto asseriscono che Achille fa servire il sito alla propaganda cattolica) che il nostro dovere è quello di dare informazione corretta della nostra posizione e di confrontarla criticamente con la posizione geovista. Ognuno, a qualsiasi sponda appartenga dovrebbe fare altrettanto. Non è lanciando accuse di comodo che si confuta la realtà. Se noi abbiamo torto agli occhi di altri, questa affermazione va “pagata” con una pesante dimostrazione contraria e non ricorrendo ad aggettivi.

Ogni forista del resto dovrebbe avere il compito di dirle le cose, non di convincere. La convinzione nasce dal soggetto e non si appiccica da fuori. Nella convinzione religiosa entrano in gioco non solo l’informazione e il ragionamento altrui ma anche lo Spirito Santo (perché la valenza di certe conoscenze porta a un rapporto religioso che coinvolge l’orientamento di vita e scelte gravose). Giocano il loro ruolo anche la predisposizione del soggetto ad accettare la luce da qualsiasi parte venga, l’intima comprensione delle cose (che spesso è ostacolata non solo dalla poca cultura ma anche da stati d’animo, pregiudizi, mal di fegato…), e infine la libertà del soggetto che, in argomenti religiosi che fanno intravedere la necessità della conversione possono essere negati e rifiutati contro ogni ragionevolezza (cf Gesù che disse “mi hanno odiato senza ragione”). Ci vogliamo mettere anche Satana negli ingredienti che ostacolano la persuasione ? E mettiamocelo ma non in maniera da escludere la nostra libera responsabilità.
(segue)
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est modus in rebus
27/09/2005 10:52
 
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4.1
Dunque, l’interessata ha richiesto:

- C’è una vita dopo la morte?
Sicurissimamente! E lo si può affermare sia solo a livello fisolofico, cioè per mera indagine razionale tratta dai ragionamenti che abbiamo già esposto, sia soprattutto a livello di fede rivelata, ove non solo si garantisce che l’essere umano sopravvive al disfacimento corporeo, ma anche:

1) che la sua vita nell’aldilà è qualitativamente diversa;

2) che pur in una situazione innaturale per l’assenza del corpo, ha la certezza di riaverlo un giorno e perciò di ricostituire la sua integrità totale;

3) che otterrà un surplus di divinizzazione che investirà la totalità del suo essere gratuito, inimmaginabile, superiore a qualsiasi desiderio possa concepire “occhio non vide, orecchio mai udì ciò che il Signore ha preparato per coloro che lo amano”. Mi riferisco ovviamente solo ai giusti poiché essi sono il progetto divino. Nessuno è predestinato a dannarsi. Ognuno però resta libero di rinunciare alla sua pre-destinazione originaria. E del resto la situazione dei dannati resta insondabile poiché essi dovranno avere una trasformazione in quanto anch’essi saranno nell’eternità e tuttavia non avranno la glorificazione. Il massimo che si può dire dunque è che la trasformazione che avverrà nella risurrezione non comporta di per sé la glorificazione che deve essere qualcosa di aggiuntivo essendo collegata alla compartecipazione alla divina natura o vita divina, di cui i dannati (siano angeli che umani) difettano.

Si deve prima superare l’astuzia depistante del CD che usa “anima” al posto di altri concetti (cf il nèfesc reso sempre con “anima” ove invece andrebbe tradotto “persona, invidividuo, vita, colui che, collo, carattere, bocca”, e altro…) per illudere che l’anima sia mortale. Procuriamoci poi i testi sicuri, soprattutto ma non esclusivamente neotestamentari, ove si garantisce al ladrone che “oggi lui, il suo io personale, nonostante il corpo morto, starà con Gesù”; ove S. Paolo dice che preferirebbe morire subito per essere con Cristo; ove Gesù mostra una situazione di dannazione o gloria nella parabola di Epulone e Lazzaro; ove egli stesso fa distinzione tra un corpo che muore e una psyché che non può essere uccisa; ove Dio fa apparire Mosé ed Elia a conversare con Gesù eccetera… e avremo la certezza che la continuità della vita dell’individuo umano, dopo la morte fisica, è un sicuro insegnamento biblico.

Mi fermo qui per non anticipare cose che dirò nella seconda parte della trattazione sull’Anima. Ma già questo potrebbe bastare. Lo ripeto: si abbia l’accortezza di contestare l’insidiosa manovra del CD di voler usare “anima” ogni volta che trova nèfesh o psyché, e dirgli che non ci interessa la traduzione di quelle due parole; a noi interessa sapere se qualcosa dell’uomo, nel che risiede il suo io, permane, anche se a questo qualcosa la Bibbia non assegnasse nessun nome. E questo i testi suddetti lo affermano categoricamente.
Paradossalmente possiamo concedere, accettando che l’uomo sia definito “anima”, che l’anima muore (ed infatti il cimitero è pieno di anime.uomini) e tuttavia la Bibbia attesta anche che l’individuo umano continua a vivere in un qualche modo.
(segue)
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est modus in rebus
27/09/2005 22:22
 
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Ciao Bery

devo dire che sei sempre molto disponibile, e comunque sempre molto gentile con chi ti chiede aiuto.

Devo pero' rendermi portavoce di CHI, comunque non riesce a comprendere il tuo modo di esprimere dei concetti cosi' complessi.
Lo so' che tu, Poly, ecc. avete sulle spalle una grossa esperienza e molti studi, ma se non rendete le cose veramente semplici semplici la maggior parte non ne trae il significato.
Ti posso garantire che chi ha fermato i suoi studi alla 5 elementare o alla 3 media non riesce a comprendere la tua esposizione.

Ricordi senz'altro che l'apostolo Paolo divenne ogni cosa a tutti.

Quindi mi rendo portavoce:Cerca di abbassarti ad un livello piu' comprensibile, affinche' possa essere compreso da tutti questo argomento, che per i TDG e' un cruccio!!!
So' che lo sapresti fare.Solo per questa volta.

P.S Te lo dico non per mia supposizione, ma perche' in diversi mi hanno chiesto di tradurti.[SM=g27828] , e non vorrei travisare il tuo pensiero!!!

Grazie tante
Gabry
28/09/2005 08:55
 
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Scusami beri, fino a qui ti ho seguito benissimo, ora tu dici:

Mi fermo qui per non anticipare cose che dirò nella seconda parte della trattazione sull’Anima. Ma già questo potrebbe bastare. Lo ripeto: si abbia l’accortezza di contestare l’insidiosa manovra del CD di voler usare “anima” ogni volta che trova nèfesh o psyché, e dirgli che non ci interessa la traduzione di quelle due parole; a noi interessa sapere se qualcosa dell’uomo, nel che risiede il suo io, permane, anche se a questo qualcosa la Bibbia non assegnasse nessun nome. E questo i testi suddetti lo affermano categoricamente.
Paradossalmente possiamo concedere, accettando che l’uomo sia definito “anima”, che l’anima muore (ed infatti il cimitero è pieno di anime.uomini) e tuttavia la Bibbia attesta anche che l’individuo umano continua a vivere in un qualche modo.
(segue)


Ma se alla morte come ben hai spiegato, qualcosa permane questo qualcosa chiamiamolo in un altro modo.

Supponiamo che quello che rimane si chiama ciccio.

Dove và ciccio?

In cielo, ovvio.

Ma allora che senso avrebbero le parole:

L'ora viene in cui tutti quelli che (sono) nelle tombe commemorative udranno la sua voce e ne verranno fuori.

Il mare diede i morti che erano in esso, e l'ades lo stesso.

I morti sono consci di nulla.

Polvere sei e in polvere tornerai.

Capisci beri nella bibbia è facile trovare conferme che alla morte tutto finisce.

Ciao continua comunque.
28/09/2005 19:18
 
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Onoratissimo della vostra attenzione...
... e, dei consigli di Gabry che mi sforzerò di tenere presenti, per quanto mi è possibile. Comunque voglio avvertirlo (sia lui sia chi giustamente ha colto la stessa difficoltà) che:

- se io, profano, vado a parlare di calcio o di pugilato e mi imbatto in termini che sono usuali in quelle materie, dovrei essere io a farmi un dovere di introdurmi nel gergo e non pretendere che si rinunci a gancio, uppercut, doppietta, verticalizzazione, dribblare, aprire, servire, fare catenaccio,e via dicendo...

- si dà il caso che, come Grissini, siamo giunti alla conclusione che è proprio la pretesa di voler semplificare al massimo ciò che per natura è ineffabile (come lo sono appunto le realtà soprannaturali rivelate da Dio con immagini) che rende i concetti banalizzati, e, con l'aiuto del fondamentalismo, sbagliati. (cf l'esempio in calce)

- se io dovessi fare un sermone sarebbe diverso. Questa è una trattazione dottrinale. Non rientra né nella narrativa né nella storia (che sono facili facili) ma nel saggio dottrinale. Gli ex TG più determinati a ricostruirsi il proprio mondo mentale lo hanno capito e apprezzano gli studi più seri, sia su questa che su altre tematiche.

Ciò non lo dico per scusarmi, ma per significare che esistono delle oggettive difficoltà e pericoli di travisamento a rendere tutto pappetta.

Un esempio: parlando a dei bambini di prima comunione e volendo inculcare con realismo la presenza di Gesù nell'Eucarestia, io dico che devono pensare che lì nel tabernacolo c'è Gesù in carne ed ossa, un cuore che pulsa d'amore, dei polmoni che respirano, occhi che li guardano, e quando lo riceveranno nel loro cuore [che è meglio che dire stomaco] è come un abbraccio e un bacio ecc... Ma teologica-mente parlando so che è inesatto e con adulti non lo direi.

Comunque ogni cattolico che ha avuto una certa formazione teologica ha faticato per arrivare ad una comprensione che superasse il livello della prima comunione e, certamente sono pochi quelli che saprebbero spiegare con proprietà di termini e con logica coerente varie parti del Credo.
Quindi confido molto nell'aiuto che ci verrà dibattendo uno o l'altro dei vari punti. Ci sarà modo di chiarire ciò che a me sembra ovvio e per qualche recettore non lo è.

Le obiezioni di Ora Basta le prenderò in esame a fine esposizione. Salvo una a cui rispondo subito...
Se si pretende che vada preso alla lettera "quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne verranno fuori" ci si dovrebbe chiedere "ma è prima l'uovo o la gallina? Venir fuori dalle tombe non significa essere risuscitati ricevendo il corpo? Ma come si fa ad 'udire' la voce di Gesù se ancora non lo si ha?" E da quale "tomba commemorativa" verrebbe fuori chi è finito digerito da uno squalo? Ecco dunque che l'udire e l'uscir fuori devono essere presi in senso metaforico, semplicemente nel senso di essere ridestati a vita nuova, risuscitati da morte).
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est modus in rebus
29/09/2005 09:34
 
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4.2

- A che serve la risurrezione?
E’ ben chiaro che da qui in avanti la filosofia diventa teologia, cioè riflessione logica sul dato rivelato, giacché razionalmente la risurrezione non è concepibile come certa, ma solo come sperabile ipotesi e né si avrebbe alcuna luce sul modo di essere dei risorti, ove invece noi credenti riceviamo una qualche informazione molto preziosa dai testi sacri.
Dal momento che la nostra unità personale è data dalla fusione sostanziale di spirito e corpo, dobbiamo dedurne che lo spirito, privato del corpo, nel periodo che va dalla morte fisica alla risurrezione (detto “stato di separazione”) si trova in una situazione innaturale. Una situazione che, se da una parte risponde al concetto di morte come qualcosa di lacerante, di sopraggiunto a causa del peccato ma non voluto da Dio come situazione permanente, dall’altra “chiama” prepotentemente la soluzione che la rivelazione ci garantisce che Dio opererà, risuscitando il corpo.

Quindi la risurrezione del corpo che si riunirà alla sua anima/spirito, ha il senso:

1) sia di ricomporre l’unità originaria dell’uomo quale spirito incarnato.

2) Ma ha anche il senso di rende compartecipe il corpo della sorte (beata o dannata) già ricevuta dallo spirito giacché la persona non ha peccato o meritato solo con lo spirito peccando o santificandosi, ha peccato con l’insieme ed è giusto che entrambi i fattori (cioè tutto l’uomo) ricevano, riuniti, la stessa sorte beata o infelice. I peccati della carne hanno una profonda valenza spirituale, così come quelli della superbia non vengono eseguiti senza il corpo.

3) Infine la risurrezione, dal momento che dovrà immettere in un mondo ove lo spazio-tempo non esistono, richiederà (e questo dovrà avvenire contemporaneamente allo stesso fenomeno del tornare in vita del corpo) una trasformazione del corpo, analoga a quella della glorificazione già ricevuta dallo spirito [dicendo questo mi limito alla situazione dei giusti, poiché quella degli ingiusti resta più misteriosa giacché, pur restando vivi, non hanno certamente la glorificazione-visione-di-Dio]. Lo Spirito di Dio cioè si impossesserà dei nostri corpi umani riunendo a loro l’anima/spirito e rendendoli capaci di vivere nella dimensione soprannaturale ove essi avranno delle caratteristiche nuove, pur restando gli stessi originali di carne e sangue. La garanzia? Il corpo forato dalle piaghe di Gesù risorto che si sposta come il lampo, passa i muri, appare e scompare a volontà. La Bibbia assicura che Il Signore Gesù “… rimodellerà il nostro corpo umiliato affinché sia conforme al suo corpo glorioso” (Fil 3,21 - NM). E’ ciò che S. Paolo ha voluto significare dicendo “Poiché questo che è corruttibile deve rivestire l’incorruzione, e questo che è mortale deve rivestire l’immortalità.” (1Cor 15,53-NM)
“…noi che siamo in questa tenda, gemiamo, essendo aggravati; perché vogliamo non svestircene, ma rivestire l’altra, affinché ciò che è mortale sia inghiottito dalla vita.” (2Cor 5,4-NM) Non si tratta quindi di sostituzione del corpo terreno con un “corpo spirituale”. La “tenda” umana non sparirà, sarà sopravestita, inghiottita (e perciò inglobata) dalla vita. E’ esso, il corpo umano, che risuscitando sarà reso “corpo spirituale”. Il famoso “carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio” è un’espressione del tutto travisata dal CD. Nel linguaggio paolino “carne e sangue” no vule dire “muscoli, ossa, sangue, nervi” ma debolezza terrena. Le forse umane non possono ereditare ciò che loro non compete. La prova che corpo e sangue umani ereditano il Regno di Dio è l’uomo Gesù, risorto con il suo corpo che aveva patito ed era morto. (anche in questo caso le arrampicate sugli specchi del CD per sostenere che non era lui ma una “materializzazione” sono del tutto risibili.
(segue)
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est modus in rebus
30/09/2005 10:48
 
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4.3

- Che senso ha il nostro passaggio su questa terra?
La terra, come dice S. Paolo, è un teatro. Ove Dio ha ideato una sua recita (la storia della salvezza) e, pur potendo salvare direttamente tutti da solo, rapportandosi a ciascuno spiritualmente, come dovrebbe aver fatto con i singoli angeli, ha scelto di renderci compartecipi di questo magnifico progetto (“andate anche voi nella mia vigna”).
Obbedendo a tale invito, di buon grado, con amore, entusiasmo, dedizione, fino ad accettare lieti il dolore e la morte che “non sono minimamente paragonabili alla gloria futura” noi realizziamo noi stessi crescendo sia in umanità che nella “piena statura di Cristo” in quanto siamo inseriti in un circuito donativo d’amore (come accade all’interno della Trinità di cui siamo immagine).

Il nostro “passaggio” sulla terra serve dunque a tirarci su le maniche e farci zelanti operai della Vigna, che consiste nel dilatare il Regno di Dio comunicando il suo pensiero e il suo amore al mondo infettato dal peccato originale. Diventare “pescatori di uomini”. Fratelli che salvano fratelli. Mostrare loro che c’è a portata di mano una perla preziosa, un tesoro nel campo, che merita ogni distacco, ogni sforzo richiesto dal correlativo dovere di essere sale, luce e lievito. Se si fa la nostra parte - ma non perché facciamo la nostra parte come se essa se lo guadagnasse per diritto! - un giorno il Re ci dirà “Bravo servo buono e fedele, entra nel gaudio del tuo Signore”, scopo e fine di tutta la creazione. Eccetera…

Qui cadrebbe a fagiolo l’esempio prospettato da S. Paolo del mondo come un “bel teatro” (gr. “schèma tou kosmou toutou” 1Cor 7,31) ove il Regista ci chiama a recitare la nostra parte. Ove, di conseguenza, non sarà applaudito di più chi avrà fatto la parte del re ma chi avrà recitato meglio la sua (la “sua propria” direbbero a Brooklyn). E si potrebbero aggiungere utili ascetiche e formative riflessioni circa il fatto che chi esce dalla recita è un vile, uno che disprezza la scelta di lui attore fatta dal Regista; chi si attacca alle suppellettili del teatro come se non fossero semplicemente strumentali e passeggere compie appropriazione indebita e si illude circa la realtà che sarà della uscita obbligatoria di scena e dell’abbandono di tutto; chi recita male la propria parte riceverà i debiti fischi; che comunque nessun essere umano riuscirà a distruggere la recita che, nelle mani di un Regista così bravo che ha già riparato il guaio maggiore (operato da Adamo) saprà portare a termine in bellezza la Sua recita anche senza di noi, riparando alla grande le nostre maldestrità e cattiverie. Siamo tutti utili, nessuno necessario.

Ma su questo piano penso che ogni buon TG potrebbe parallelamente farci scuola (e lo gradiremmo) comunicandoci il suo sincero entusiasmo, giacché nessuno più di loro (e poi dice che non sono buono…) è convinto che predicare e spendersi e spandersi per il Regno (ma non quello pensato da Brooklyn!) sia la cosa più elettrizzante del mondo.
(segue)
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est modus in rebus
04/10/2005 13:33
 
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5.
Per non trasformare in “propaganda” agli occhi di qualcuno che a torto la vedrebbe tale, questa trattazione, e per non renderla OT, aggiungerò rapidamente (perché ne ho già parlato a lungo) il confronto con la posizione geovista che non ha alcun punto di contatto con la mia. Per quanto qualcosa ho già accennato strada facendo, ma una sintesi può essere utile. Farò quindi degli accenni corredati di spunti critici.

Alla domanda se c’è una vita dopo la morte…
La WT risponde facendo (oggi, e solo dal 1935) una distinzione tra cristiani e cristiani, che essa definisce “Unti” e “Altre Pecore” (o “Grande Folla”). E tra gli Unti pone una ulteriore distinzione tra Unti dell’antichità, morti a partire dalla Pentecoste fino al 1918 (data in cui sarebbero stati risuscitati), e Unti morti dal 1918 ad oggi. I primi, quelli dell’antichità, avrebbero avuto la stessa sorte delle odierne Altre Pecore: la nullificazione. E in ciò contraddice la Bibbia che assicurerebbe (è dottrina geovista!) che nessun Unto passa per la morte. I secondi invece riceverebbero il loro “corpo spirituale”, in sostituzione di quello fisico terrestre, nello stesso istante in cui muoiono e con esso sarebbero istantaneamente assunti in cielo. Anche qui contrasto totale con la Bibbia e con noi che la seguiamo, poiché essa chiarisce che lo stesso concetto di risurrezione, esige il qualcosa da suscitare di nuovo da una condizione di morte. Perciò la risurrezione comporta che sia lo stesso corpo fisico ad entrare in cielo, opportunamente trasformato sulla falsariga di quello di Cristo (è scritto!).

Per le Altre pecore invece, rivelate dalla pretesa luce di Geova solo nel 1935 (il che è già una sperequazione inaccettabile trattandosi di verità essenziale per il proprio comportamento), si sostiene che, dal momento della morte fisica alla risurrezione, l’individuo sparisce del tutto dall’orizzonte dell’essere (quindi non esiste un’anima spirituale che sopravvive giacché l’anima – come la definisce il CD pasticciando - sarebbe la persona, compreso il suo corpo).

Va sottolineato (anche se il geovismo non ci ha mai pensato!) che queste Altre Pecore, se morte prima di Armaghedon, nonostante si usi il termine risurrezione, di fatto non saranno mai risuscitate poiché non è rimasto nulla della loro identità individuale. La memorizzazione che Geova – come si dice - ha fatto delle loro caratteristiche Gli permetterà di ri-creare (non ri-suscitare) un individuo in tutto e per tutto identico all’originale perduto (difetti compresi che poi sarebbero sanati dagli Unti) così come, se volesse, potrebbe su quei dati fare due o tre copie dello stesso personaggio. Ma nessuna di esse sarebbe realmente l’originale. Tali risuscitati si possono analogare a dei cloni.
Per fare un esempio: se di un originale stampato, il cui testo è in memoria del computer, si opera una distruzione, mettiamo che venga incenerito, la copia ristampata dello stesso testo non sarà in realtà l’originale perduto ma una copia, un'altra entità fisicamente separata e distinta dall’originale che non c’è più.


Francamente è difficile dire qual è la divergenza più grave tra il cattolicesimo e il geovismo al riguardo, relativamente a questi vari aspetti del fenomeno risurrezione. Sono tutte grosse! Ma forse la più sperequativa e odiosa è proprio quella di creare una doppia categoria di salvati, in cui 144.000 sarebbero privilegiati rispetto alla normalità che è, al momento, di oltre sei milioni di TG. Quando Gesù, come sappiamo, con il suo proclama delle “Beatitudini”, ha assicurato il Regno dei cieli a tutti i suoi seguaci che faranno la volontà del Padre.

Alla domanda: a che serve la risurrezione?
Il geovismo risponde che serve a fare una copia del defunto, basata sul ricordo che Geova ne ha mantenuto nella sua mente. Quella che noi, come detto, abbiamo denunciato non essere una risurrezione ma creazione di copia conforme.
La risurrezione degli Unti antichi? Neppure essa è una risurrezione ma riproduzione di copia per la quale però non viene ricreato un corpo terreno ma creato un “corpo spirituale”. Termine questo che esiste in S. Paolo ma che è capito erroneamente come un’entità spaziata, con tanto di aspetto e organi. Il che crea contraddizioni insormontabili perché riduce il mondo spirituale di Dio a un qualcosa che è immersa nel mondo fisico (Pleiadi, Alcione) . Secondo noi “corpo spirituale” sta a significare invece lo stesso corpo fisico risuscitato e “spiritualizzato” dallo Spirito Santo nella risurrezione. Gesù risorto è il prototipo dei “corpi spirituali”. E si trattò non della dotazione di un corpo angelico adatto a ri-creare un nuovo Michele, ma del corpo già crocifisso del Gesù uomo storico. Corpo che, essendo stato dichiarato inadatto a vivere nei cieli per quella deformazione di intendimento del “corpo e sangue non possono ereditare…”, la WT è costretto a far sparire in qualche maniera, magari “assorbito tra i gas della terra”!!! (così Russell)

Alla domanda: che senso ha il nostro passaggio su questa terra?
La WT risponde che serve solo a rivendicare il diritto e la capacità di Geova a governare mettendogli a disposizione una dimostrazione di integrità che sbugiardi il diavolo (sono cose note) e a guadagnarsi come premio il diritto di vivere per sempre perduto dal peccato originale adamico. E qui, oltre noi cattolici, pensiamo che dovrebbero insorgere anche i nostri fratelli protestanti che giustamente insistono nel dire che il cielo non si guadagna. Ma già!... la WT parla di guadagnarsi la terra paradisiaca, non il cielo.

Io ho anche osservato da sempre che Dio, da buon Padre, non ha diritto di trattare i propri figli dell’umanità come cavie da sperimentazione, soprattutto se questo comporta loro atroci sofferenze, massimamente se per dare una dimostrazione a cui non ha diritto né Satana che è bugiardo per natura e quindi di sicuro mentiva vituperando Geova, né la corte celeste che se davvero esigesse tale dimostrazione vorrebbe dire che non crede a Geova (il che nella nostra teologia li trasformerebbe ipso facto in peccatoti e demoni, dal primo all’ultimo).

STOP QUI – Via alle contestazioni…
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est modus in rebus
15/11/2005 11:05
 
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Un giovane del mio gruppo ha un compagno Testimone. Lo ha invitato a leggere queste cose nel forum ma quello si è rifiutato. Lui gli parla di questa tua esposizione e quello non ne vuole sapere. Si trincera ad insistere che le persone sono anime perché così insegna la Bibbia.
Come si potrebbe rispondergli?
Mi raccomando che sia in maniera semplice, si tratta di ragazzi che non hanno fatto filosofia. [SM=g27819]
___________________________________________________
La verità vi renderà liberi (Gv 8:32) - La libertà vi renderà veri (Kate)
23/11/2005 09:56
 
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Dovrebbe rispondergli che non è vero.
La Bibbia non insegna che le persone sono "anime".
Essa insegna che sono delle "nèphesh" (nel VT) e delle "psyché" (nel NT).


L'usare "anima" al posto di queste parole originali, è già scegliere una delle molteplici accezioni che quelle parole hanno secondo i vari contesti.
Per certificarlo basta che quel giovane consulti un dizionario di ebraico e uno di greco.

Quindi dire che una nèphesh è un'anima, è già una operazione di scelta che può essere accettata solo se la scelta quadra con il contesto.
Infatti si potrebbe dire anche che la nèphesh è una bocca, un collo, un respiro ecc... e sarebbe altrettanto vero ma solo se i vari contesti ove si trova questa parola giustificano e obbligano a scegliere quegli altri significati che il termine nèphesh ha.
Ed è per questo che Ez 18,4 è sbagliato se recita "l'anima (la nèphesh) che pecca, essa stessa morrà". Il contesto infatti obbliga a non usare la parola "anima" ma a scegliere "colui che" giacché il termine nèphesh può essere usato anche come pronome.
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est modus in rebus
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