Vi porto una interpretazione di filosofia teoretica...
...che ho scritto ai tempi dell'università
DIO COME LIBERTA' : VOLONTA' ORIGINARIA
(in L. Pareyson,Ontologia della libertà, Einaudi, Torino, 1995)
SCOPO : Pareyson dice (pag. 131, 5° riga dall'alto) che la trattazione di Dio come libertà assoluta non deve essere intesa come una teoria concettuale della divinità, ma deve essere vista come un'interpretazione del mito, una riflessione sull'esperienza religiosa che si svolge non attraverso la dimostrazione, ma mediante l'ermeneutica. Questo è giustificato dal fatto che per Pareyson una storia eterna, una storia cioè di atti della libertà, non può essere colta mediante una filosofia razionalizzante, ma solo attraverso il racconto che ne fa il mito.
TESI DI FONDO: " L'essere di Dio è un atto originario; un atto di libertà che unisce essenza ed esistenza con un vincolo che non ha alcuna necessità perché è la libertà primigenia; un atto di libertà che è tale solo se è inseparabilmente e simultaneamente vittoria sul nulla e cominciamento assoluto, perché è origine di ogni cosa in quanto è innanzitutto origine di sé, fonte, sorgente" (pag. 134).
A questa conclusione Pareyson arriva attraverso varie tappe che ritengo utile riassumere brevemente prima di commentarle:
1) significato dell'espressione "ego sum qui sum" (pag. 129)
2) volontà originaria come libertà originaria ( pag. 129)
3) primo atto della libertà originaria di Dio: l'originazione di Dio stesso dal nulla ( pag. 129)
4) paradosso: Dio è prima e dopo di se stesso (pag. 130)
5) soluzione del paradosso (pag. 134)
6) conclusione (pag. 134)
1) Il paragrafo inizia con la citazione del passo 3, 14 dell'Esodo, in cui Dio dice:
"Ego sum qui sum". Di questo passo Pareyson indica qui il significato di
"io sono chi mi pare". E continua: "Io sono chi voglio essere. Io sono quel che voglio essere e voglio essere quel che sono, e, in generale, voglio essere. Tanto basti per la mia essenza e per la mia esistenza ".
2) Il significato di questa interpretazione mette in luce un senso profondo della libertà originaria, quello cioè che dalla libertà di Dio dipendono l'esistenza e l'essenza di Dio; Dio è talmente libero da essere libero anche dal suo essere (infatti se lo dà come vuole).
3) La prima manifestazione della libertà divina non è quindi la creazione del mondo, ma è un atto antecedente, e cioè l'originarsi di Dio da parte di se stesso. L'eternità di Dio non è d'impedimento, per Pareyson, alla sua originazione interiore: questo perché Dio non solo è libero dall'essere in generale, ma soprattutto dal suo essere stesso.
L'ego sum qui sum è un atto in cui volontà e libertà coincidono e con cui Dio "si fa e si dice padrone del proprio essere e dell'essere in generale" (pag. 130). L'essenza di Dio è la libertà arbitraria; questa si può identificare con la volontà di Dio, da cui dipende l'essere di Dio.
4) Da qui si origina un paradosso, che a mio modo di vedere, invece di rappresentare una difficoltà, è più un passaggio necessario con cui guadagnare teoreticamente la conclusione della libertà originaria di Dio. Il paradosso è quello del cominciamento assoluto sempre implicante un'anteriorità a se stesso. Dio è contemporaneamente prima e dopo di sé . Prima di esistere, c'è già il Dio che vuole la propria esistenza, e dal momento in cui esiste, "si vede che la sua essenza era proprio la libertà con la quale volle esistere". Intanto c'è da precisare che questo "prima" e questo "dopo" implicano un riferimento a una temporalità nell'eternità, temporalità che comunque è diversa da quella umana. Pareyson, prima di procedere alla soluzione del paradosso, fa un richiamo allo status quaestionis sul tema del "prima di Dio", e precisa che questo "prima" è considerato da altre teorie superiore o inferiore a Dio: si pensi al tema della Uebergottheit o a quello della natura in Dio, che si può ritrovare anche in Schelling.
Kant attribuiva a Dio stesso la domanda: " da me viene ogni cosa, ma donde vengo io?" Per Pareyson, chiedersi da dove equivale ad interrogarsi sul prima. La risposta è che prima dell'essere di Dio c'è il non essere.
Pareyson ribadisce ( pag. 132, 1° capoverso) che l'idea di "Dio prima di Dio" non ha nulla a che fare con la necessità, e la dimostrazione di questa tesi è questa: Dio non è perché deve essere, ma deve essere perché è. Questo sposta la necessità dell'esistenza divina da una posizione antecedente a una conseguente: la necessità di essere di Dio è posteriore alla sua realtà, e quindi "l'irreversibilità dell'essere è l'irrevocabilità dell'atto di libertà". Con ciò si guadagna che prima di Dio c'è la libertà di Dio, e non la sua necessità di esistere, che è posteriore all'esistenza. Ma questa abissale libertà di Dio, che è il "Dio prima di Dio", deve avere per Pareyson una qualche percezione del nulla (pag. 133), anzi è vittoria sul nulla. Infatti " non è libertà quella che non fa in qualche modo esperienza del nulla, sia pure conoscendolo solo nell'atto di debellarlo".
Allora la libertà originaria si specifica come " conoscenza del nulla nella forma della vittoria su di esso". Dalla conoscenza del nulla la libertà trae un aspetto di negatività, che comunque non recide il vincolo che la lega alla positività. Dunque la libertà ha un carattere duplice , che la fa essere il "punto di incontro e di svolta fra l'essere e il nulla". Questo è il suo aspetto meontologico, il quale "rappresenta l'insopprimibile retroscena dell'operazione con cui essa ha istituito l'esistenza".
A questo punto (pag. 134) Pareyson rivolge una critica contro chi propone un'ontologia che non debba mai avere a che fare con il negativo. Per costoro la negatività deve essere annullata prima di fondare un'ontologia, mentre per Pareyson non c'è ontologia che possa prescindere dall'aspetto meontologico.
5) Ora Pareyson passa all'enunciazione della soluzione del paradosso di Dio che è prima e dopo di sè: il primo atto di Dio è l'istituzione da parte di se stesso della sua esistenza, e questo avviene grazie alla sua essenza, che è la libertà originaria. Con questo atto Dio si impone sul non essere e trionfa sul nulla. L'originarsi di Dio è dunque la prima vittoria sul nulla; segue la creazione del mondo, che si può considerare originaria perché è il prolungamento del primo atto della libertà divina.
L'ONTOLOGIA PER PAREYSON: Non esiste un'ontologia che non abbia un aspetto meontologico. Ma "la meontologia è possibile solo come aspetto dell'ontologia".
In questo modo Pareyson salva l'ontologia e la fonda anche attraverso la meontologia, che viene ad essere quasi il simbolo della vittoria della libertà originaria di Dio sul nulla. Ma nel momento in cui afferma la meontologia, Pareyson le dà anche una dimensione che non le permetta di mettere in dubbio la possibilità di una ontologia.
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Ho voluto riportare tutto il contesto, ma direi che la chiave di lettura del "ego eimi..." così si capisce meglio...