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Radici cristiane

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2005 11:24
30/12/2004 14:23
 
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“Che per cantare meglio le voci "bianche" venivano castrate, è certamente bello perchè aumenta l'arte della buona musica. Chi se ne frega se gli tagliavano i testicoli, i testicoli non sono ascritti alla voce "cultura" nello Zingarelli”

Poiché parliamo di radici, le radici riguardano ciò che ci rende un popolo e che ci permette di identificarci, castrare la gente non è certo qualcosa che possa avere influenze sulla cultura. La castrazione inoltre non è un’invenzione cristiana ma è sempre esistita, quindi non è un patrimonio delle radici cristiane ma semplicemente della storia precedente.

“La "cultura" del sospetto, della delazione, dell'accusa reciproca tra famigliari di eresia, la minaccia di processo inquisitoriale a chi frequentava eretici, streghe!”

L’inquisizione? Era il più avanzato tribunale di allora, a differenza di quelli in mano agli stati. Ti do un consiglio: se mai un giorno inventassero la macchina del tempo e tu finissi nel medioevo prega che, nel caso tu commetta una qualche violazione alle leggi del tempo, sia un tribunale ecclesiastico a processarti, e non uno in mano al potere civile. Penso che poche righe di M. Introvigne possano chiarire la problematica (per inquadrare l’articolo basti dire che stava parlando de “Il nome della Rosa” di Eco e dell’omonimo film):

“Il film, molto meno complesso del libro, si concentra su due temi noti alla propaganda anticattolica di tutti i tempi: la corruzione dei monaci e gli orrori dell'Inquisizione. Stanca ripetizione di temi noti: contro monaci e inquisitori avevano tuonato la propaganda protestante e i libelli illuministi; contro inquisitori e monaci si scagliava la letteratura popolare ottocentesca di ispirazione massonica. I benedettini vengono dipinti con una galleria di volti deformati, sadici e volgari; i vizi più inconfessabili si danno convegno nell'abbazia mentre i pezzenti del villaggio si scannano per accaparrarsi gli avanzi gettati via dal monastero. Un quadro grottesco, non compatibile neppure con l'incipiente decadenza del monachesimo nel secolo XIV, e che si prende qualche libertà anche con il romanzo dove - se la ragazza rappresenta un caso isolato di miseria - il cantiniere Remigio ha cura di precisare che il villaggio non è povero - "una famiglia normale laggiù possiede anche cinquanta tavole di terreno" - e liberalmente beneficiato dall'abbazia (3). Ma il danno agli spettatori più semplici è fatto: chi, uscito dalla proiezione de Il nome della rosa, ricorderà più che proprio i benedettini hanno fatto la nostra Europa, trasmettendo tesori di cultura - ma anche di conoscenze tecniche e agricole - e costruendo nei secoli punti di riferimento per i poveri e per i sapienti?
Sul tema dell'Inquisizione - che dilata in modo abnorme rispetto al romanzo - il film riapre vecchi armadi polverosi, pieni di arnesi dimenticati da qualche decennio: catene, ferri roventi, segrete, cortei notturni con torce ardenti. Ne nasce un quadro in cui nulla è vero.
Bernardo Gui inquisitore ignorante e feroce: menzogna. Procuratore generale del suo ordine "per la sua vasta produzione, specialmente storica, la ricca e minuta informazione e lo studio dell'esattezza, il G[ui] è considerato uno dei più notevoli storici del primo Trecento, come pure il migliore storico domenicano del medioevo" (4). Oggi gli specialisti hanno completato lo spoglio dei suoi processi inquisitoriali: su novecentotrenta imputati, dal 1308 al 1323, "se ne trovano soltanto 42 rimessi al braccio secolare", mentre altri sono condannati a pene minori, spesso di straordinaria mitezza, e centotrentanove assolti (5). Bernardo Gui impegnato nella caccia alle streghe: menzogna. Presso Bernardo e gli inquisitori suoi contemporanei "è sempre modestissimo il numero degli accusati per pratiche stregoniche" (6), del resto di competenza dei vescovi e non degli inquisitori, a meno che la stregoneria si presentasse mescolata all'eresia. Anche in epoche successive la caccia alle streghe nascerà nei paesi protestanti, mentre la Chiesa cattolica si sforzerà piuttosto di controllare e di frenare una reazione nata dal popolo e gestita, non sempre con il necessario discernimento, dai tribunali laici dei principi (7). La tortura generalizzata e indiscriminatamente applicata: menzogna. L'Inquisizione del secolo XIV - a differenza dei tribunali laici del tempo - usa in casi rarissimi la tortura di cui - secondo un decreto del 1311 di Papa Clemente V - l'inquisitore non può, da solo, decidere di servirsi: deve sospendere il procedimento e instaurare "un giudizio speciale, al quale partecipi il vescovo o il suo rappresentante" (8). L'inquisitore che decide in poche ore senza difesa né appello, e anzi enuncia il principio che "chiunque contesta il verdetto di un inquisitore è lui stesso un eretico": menzogna. È l'Inquisizione del secolo XIV che inventa la giuria, consilium che mette l'imputato nella condizione di essere giudicato da un collegio numeroso - spesso di trenta o anche di cinquanta giurati -, dove molti "diventano di conseguenza gli avvocati dell'accusato" ed è l'inquisitore che, davanti alla loro muta, si trova piuttosto in situazione di inferiorità". Del resto l'imputato ha diritto di difendersi e "può produrre testimoni a discarico"; "può anche ricusare i suoi giudici e, in caso di rifiuto di questa ricusazione, ottenerla mediante un appello a Roma" (9). La sentenza eseguita subito dopo la condanna, i rei confessi - e perfino il demente Salvatore - bruciati, il rogo organizzato direttamente dal domenicano inquisitore: menzogna. Nel processo inquisitoriale - lungo e complesso - i rei confessi e pentiti possono essere condannati soltanto a pene minori; è il potere laico, il braccio secolare - e mai la Chiesa -, a occuparsi dell'esecuzione delle condanne. Il popolo, infine, che insorge e uccide Bernardo Gui: menzogna. Gli storici, anche i più ostili alla Chiesa, confermano invece la notevole popolarità dell'Inquisizione presso il popolo, che se ne vedeva protetto dalle vessazioni di eretici che - come i catari e i dolciniani - non di rado trascendevano in violenze e in stragi.
Bernardo Gui morì tranquillamente nel suo letto, dopo essere stato nominato vescovo di Túy nel 1323 e poi di Lodève nel 1324.” (Massimo Introvigna, Cristianità n. 142 1987)

Franco Cardini (professore ordinario di Storia Medievale presso l'Università di Firenze):

“Nel medioevo è facile trovare, accanto ad una data realtà o situazione, il suo contrario. Un medioevo bellicoso, governato dalle armi, nelle mani dei cavalieri? Certo. Ma anche un medioevo pacifico, un'epoca ampiamente smilitarizzata. Così, per esempio, ai guerrieri del "medioevo feudale-cavalleresco" non interessava tanto uccidersi a vicenda, quanto prendere prigionieri e liberarli poi dietro il pagamento di un riscatto. E proprio dal mondo medioevale sono usciti alcuni dei più accaniti pacifisti cristiani di tutti i tempi.
Un medioevo dominato dalla mistica, in cui l'economia e la società avevano soltanto un valore secondario? Può essere. Ma poi incontriamo il fatto che le comunità religiose - non soltanto quelle, come i cluniacensi, che si dedicavano soprattutto alla liturgia, ma anche ordini più mistici come i cistercensi - rivolgevano la massima attenzione all'economia, organizzavano dissodamenti e bonifiche, rendevano coltivabile la terra, davano da mangiare nelle loro abbazie ad innumerevoli lavoranti, fondavano manifatture, costruivano strade, proteggevano mercati. La più bella lode all'utuizzo artigianale e tecnico dell'energia idrica è stata scritta da Bernardo di Chiaravalle, uno dei più grandi mistici fra gli spiriti religiosi di quel tempo.
Un medioevo dogmatico, caratterizzato dal tenebroso potere dell'Inquisizione? Per niente, perché l'Inquisizione pontificia nacque solo alla fine del dodicesimo secolo come tribunale ecclesiastico, che non avrehbe mai potuto esercitare un potere se i governi mondani non gli avessero fornito il loro appoggio. Il suo compito era decidere su casi di eresia - e tuttavia nella stessa epoca la discussione teologica era straordinariamente libera e vivace: per esempio San Bernardo, il grande devoto di Maria, fu un avversario della dottrina dell'Immacolata Concezione di Maria. Non fu il chiuso medioevo che visse i tempi più duri del dogma e dell'Inquisizione, ma - di nuovo - lo splendente rinascimento.
Un medioevo irrazionale, guidato soltanto dalla fede e dalla superstizione, e che rimaneva chiuso alla logica, alla razionalità ed alla tecnica? Sicuramente fu anche così, ma allo stesso tempo il medioevo fu malato di razionalità e di tecnologia. I grandi scolastici hanno fornito a Cartesio, Kant e Marx lo strumentario, la metodica del pensiero e dell'argomentazione. Le cattedrali sono un fenomeno di grandiosa arte architettonica, e uomini come Ruggero Bacone e Raimondo Lullo precorsero Leonardo da Vinci con i loro progetti di complesse macchine e di sistemi memotecuici.
Un medioevo gerarchico, in cui vigeva solo l'obbedienza? E come, se la vita dei principati, dei signori feudali, delle città e delle corporazioni era basata interamente sul principio delle libertà (libertates) ricevute come privilegi, e sulle quali si vigilava gelosamente!
Un medioevo di contadini ignoranti nelle campagne? Sicuramente, ma poteva esservi anche il caso contrario: le città, le manifatture, l'economia finanziaria, nacquero tutte proprio nel medioevo.
Un medioevo chiuso, attraversato da guerre di religione? Se vi è stato un tempo in cui merci e beni culturali potevano circolare liberamente nell'area mediterranea, fu il periodo fra il XII ed il XIII secolo.
Si potrebbe quasi (in modo un po' provocatorio, certo) capovolgere il giudizio corrente su quell'epoca e parlare del medioevo come di un tempo di pace, di libertà e di benessere. E vero, anche questo medioevo aureo non è mai esistito. Proprio come il "buio medioevo". (F. Cardini (a cura di), Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, Piemme, Casale Monferrato 1994, p.221)

“Le nefandezze fisiche e sociali usate dalla Chiesa contro persone inermi, a mio avviso, sono colpe ben più gravi rispetto ai meriti culturali dell'affresco della Cappella
Sistina, e altre meravigliose opere d'arte.”

Se vuoi aprire una discussione sulla storia della Chiesa dillo subito, ma qui stiamo parlando delle radici cristiane dell’Europa e quindi dobbiamo limitarci ad ambiti ben specifici, che prescindono completamente da guerre et similia. Inoltre tu parli di “nefandezze fisiche e sociali”, ma come sempre consideri solo il passivo, non l’attivo. Come dimenticare infatti che i primi ospedali e le prime università sono nate con la Chiesa? E come dimenticare tutti gli ordini religiosi votati all’assistenza dei poveri? Un esempio per tutti? L’ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, che tutti conosciamo col nome “Fatebenefratelli” e che ancora oggi gestisce decine di ospedali famosi.

“Quando lo vedo io, grezzo individuo, vedo l'odio contro gli ebrei, accusati di deicidio”

No, i pittori cristiani ritraendo il crocifisso pensavano all’amore di Dio. Mentre il Mantenga dipingeva il suo “Cristo morto” non aveva in mente i “deicidi ebrei”, basta guardare quella tela per rendersene conto. Inoltre l’antisemitismo non l’hanno inventato i cristiani, dovresti leggerti qualche pagina di Seneca al riguardo. Come sempre i cristiani sono figli del loro tempo, e come tali eredi di concezioni precedenti. Uno dei dogmi dell’antropologia culturale è l’impossibilità di sfuggire ai condizionamenti della propria epoca.

“vedo i roghi delle streghe”

La caccia alla streghe non è un’invenzione cristiana, le streghe sono sempre state viste come qualcosa di malvagio in ogni cultura. E la causa di questo non è il cristianesimo, ma la superstizione popolare che esiste in ogni tempo e in ogni luogo, tanto nell’Atene di Pericle quanto nel mondo cristiano medievale. E’ atto di grave cecità voler giudicare coi nostri parametri etici moderni le azioni passate. Platone, il più illuminato dei greci, sostiene che per la stregoneria l’unico rimedio sia la pena di morte. A Roma la Lex Cornelia diceva la medesima cosa. Come vedi, la repressione della stregoneria non è un problema del cristianesimo ma della storia che va avanti e man mano si libera della superstizione. In questo caso la stregoneria è probabilmente il residuo degli antichi culti matriarcali stroncati dalle invasioni indeuropee, le quali portavano una divinità maschile *Djaus Pitar->Zeus Patér->Deus Pater, è ovvio che società patriarcali come quella greca e quella romana la temessero, in quanto era un sopravvivere sotterraneo di ciò che era stato estirpato.

“Vedo un clero medioevale,"sì Polymetis, medioevale" come descritto dal prof. Fumagalli”

Il medioevo non esiste.

“Non fa parte della etimologia della parola "cultura"? Nessun problema, perchè io so che fa parte sdella storia della religione cristiano-cattolica, e ciò mi basta per dire.”

Infatti, non ne fa parte. E della storia tu ne citi solo una parte, dimenticando quella luminosa che surclassa quella negativa. Inoltre, come già dimostrato, i fatti storici che citi sono del tutto irrilevanti per determinare la matrice culturale di un popolo e dunque le sue radici. Stai sviando dall’argomento in esame.

A presto

Note al testo di Introvigne:

(3) Umberto Eco, Il nome della rosa, 5a ed., Bompiani, Milano 1981, p. 273.

(4) Abele Redigonga, voce Gui, Bernard, in Enciclopedia Cattolica, Ente per l'Enciclopedia Cattolica e per il libro cattolico, Città del Vaticano 1951, vol. VI., col. 1274, con bibliografia.

(5) Jean Dumont, L'Église au risque de l'histoire, Criterion, Limoges 1982, p. 217.

(6) Raoul Manselli, Le premesse medioevali della caccia alle streghe, in Marina Romanello (a cura di), La stregoneria in Europa (1450-1650), Il Mulino, Bologna 1975, p. 55.

(7) Cfr. Herbert Thurston S.J., La Chiesa e la stregoneria, in Satana (dalla collezione degli Etudes Carmelitaines), trad. it., Vita e Pensiero, Milano 1953, pp. 199-208. A Roma, centro della cattolicità, risulta con certezza un solo giustiziato per stregoneria, nel 1424. Spesso, del resto, i delitti degli accusati di stregoneria non erano immaginari: la storiografia più recente non mette più in dubbio l'autenticità di casi di veneficio, omicidio rituale e simili.

(8) J. Dumont, op. cit., p. 215.

(9) Ibid., pp. 214-215.

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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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