Si parla della sottomissione del Figlio al Padre che, nella visuale cattolica che contempla due nature in Cristo, ammette:
- una sottomissione totale quanto all'umanità del Figlio che è creata e perciò costituzionalmente dipendente eternamente dal Creatore tripersonale;
- una sottomissione relativa alla sola relazione parentale quanto alla divinità del Figlio che, avendo la stessa natura divina del Padre è eterno e increato e tuttavia da Lui dipendente in quanto eternamente generato (il Figlio RICEVE in dono dal Padre il possesso e il domicilio nella stessa e identica di Lui divinità, perché non si possono avere due infiniti!.
Il che significherà esattamente la stessa cosa che la Liturgia cattolica sottolinea in ogni preghiera liturgica (che vuole dire ufficiale, pubblica, propria della fede del popolo di Dio) che cioè il Padre è il termine ultimo della glorificazione a cui lo stesso Figlio e lo Spirito Santo si autosubordinano per amore. "A Te Dio Padre, per il Figlio, nello Spirito Santo" dicono le formule ufficiali.
La divinità del Figlio e dello Spirito Santo diventa problematica solo se la si considera staccata, a fianco, indipendente, da quella del Padre. E sarebbe giusto che facesse problema perché avremmo la pretesa assurda di tre infiniti!
Le cose vanno meglio se Dio viene concepito come un unico essere tripersonale, ovvero una comunità che convive in un'unica natura posseduta in condominio PER DONO E INIZIATIVA DEL SOLO PADRE generante il Figlio e co-spirante, insieme a lui, lo Spirito Santo.
Questi sono i dati che la nostra Chiesa trae dalla rivelazione. E così li capisce e propone. In fondo resta salvaguardata sia l'insondabilità di un essere misterioso, ineffabile..., ma insieme - e non è di poco conto! - è salvaguardata anche la non contraddizione che si avrebbe predicando unità e trinità sugli stessi livelli; cosa che non si fa e che saremmo i primi a tacciare di ridicolaggine (philosophia ancilla theologiae docet!).
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est modus in rebus