DI MAGGIO IN MAGGIO A QUANTO PARE...
A volte, nella lettura di testi geovisti, capitano punti che aprono il cuore alla speranza di un futuro abbraccio fraterno. Sono i testi che mostrano affinità di pensiero con il mio cattolicesimo. Per esempio questi…
«Il Signore ancora una volta ha compassione di loro [dei discepoli]. Non li lascia in balìa del loro orgoglio e non vuole che rimangano schiavi del presuntuoso credersi ormai già arrivati. Piuttosto li mette di fronte alla loro debolezza, alla fragilità della loro vita che di lì a poco li farà temere per se stessi e fuggire davanti alla minaccia di essere coinvolti nella passione del loro Maestro. Anche questo è un segno della sua misericordia. Li riporta infatti alla loro dimensione reale perché solo riconoscendo il proprio bisogno e i propri grandi limiti potranno accettare l’aiuto che è loro offerto.»
(Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni, in “
La Parola di Dio ogni giorno 2008”, Leonardo International, pag. 185-186)
«Gli israeliti erano colpevoli, eppure Dio si rivolse loro chiamandoli “popolo mio”. E supplicò: “O popolo mio, ricorda, suvvia”. Anziché accusarli con asprezza, cercò di toccare il loro cuore. Possiamo imitare Geova nel disciplinare i figli? Anche se l’hanno fatta grossa, vanno trattati come parte integrante della famiglia e non apostrofati con termini denigratori. Invece di condannarli, esortiamoli con tenerezza.»
(Da “
Viviamo avendo in mente il giorno di Geova”, p. 133)
Non so se stravedo ma per me questi due passi, di fonte diversissima, hanno una indubbia “parentela” tra loro.
Perché mai allora non si potrebbe dialogare insieme, puntando su ciò che ci unisce?
Noi cattolici abbiamo la porta aperta…
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est modus in rebus