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Appello alla chiesa cattolica!

Ultimo Aggiornamento: 29/07/2009 18:35
29/07/2009 01:02
 
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“Quali elementi hai per dire che“ molti di loro cedono”, sicuramente in quella determinata circostanza hanno da che riflettere.”


Siamo pieni in questo forum di testimonianze di TdG che sono stati disassociati per aver accettato trasfusioni per se stessi o i loro figli. Quello che sto dicendo è per l’appunto che in queste persone le volontà anticipate e la volontà che hanno espresso una volta trovatisi dinnanzi alla situazione concreta, sono state diverse. Non v’è cioè garanzia che la volontà espressa in anticipo sia conforme a quella che esprimerebbero una volta giunti nella situazione concreta. Per questo dico che la volontà dovrebbe sempre essere attuale, e mai preventivata in anticipo.


“Ma loro hanno già un “testamento biologico”, è quel tesserino che ogni bravo TdG porta sempre con se, in cui c’è scritto che in nessun modo deve essere trasfuso, e se arriva in uno stato d’incoscienza certamente ci lascerà la vita.”



Quello non è un testamento biologico, perché non ha alcun valore legale. E comunque non vedo cosa c’entri con la mia argomentazione. E’ del tutto irrilevante se abbiano o meno con sé un testamento biologico, perché non è l’esistenza del loro testamento biologico che contesto, ma la sensatezza di questo dispositivo.


“L’attualità presume l’intendere e volere della persona, il testamento biologico supplisce tale mancanza”



Questo non risponde alla mia argomentazione, e cioè che, poiché è differente prospettarsi una situazione e trovarvisi dentro, la medicina deve seguire un criterio cautelativo. Il punto è solo uno: a mio avviso la vita è un bene tanto grande che per non intervenire a salvarla dev’esserci la persona che mi dice, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, che non vuole il mio aiuto.


“Ma qui non stiamo parlando di possibili miglioramenti, o di speranze reali, anzi la maggior parte dei terminali sanno che li aspetta la morte.”


E’ del tutto irrilevante. Se il criterio a cui devo rifarmi è solo la volontà del malato, e che nessuno ha alcun potere sulla mia vita, tu non devi azzardarti a dirmi che devo vivere in base ai tuoi criteri. Io ho il diritto di chiedere l’eutanasia anche se mi sono spezzato un’unghia. E’ chiaro?
In base a che cosa, nel tuo paradigma, vieteresti di morire a chi dicesse di volerlo fare perché s’è tagliato un dito? Tutta l’argomentazione dei sostenitori dell’eutanasia si riduce al solo “io sono il padrone della mia vita”. Ma, se così è, lo stato non può permettersi di sindacare i miei criteri, e io posso decidere di ammazzarmi anche per cose che tu ritieni poco gravi. Del resto, chi sei tu per darmi un criterio di cosa dev’essere grave per me, per la mia mente?
Se una persona vuole morire perché ad esempio è paralizzata dalla vita in giù dopo un incidente, anche se in tutto il resto del corpo sta benissimo, tu in base a che cosa potresti impedirgli di suicidarsi se l’unico tuo criterio è la volontà del malato? Non importa se per te possono esistere dei miglioramenti, o se al posto mio tu continueresti a vivere: io posso decidere, se mi diagnosticano la calvizie, che voglio morire, perché i capelli sono la cosa più importante della mia vita. E tu chi sei per sindacare su questo mio valore?
Quello che vorrei cioè far capire è che dovremmo concedere il suicidio a chiunque abbia pensieri suicidi. Invece in Italia non funziona così: i centri di traumatologia sono pieni di gente che, comprensibilmente, crede che la sua vita sia finita, perché magari il giorno prima facevano surf e il giorno dopo si sono trovati in carrozzella. Ma il punto è che il 90% di questa gente abbandona i suoi pensieri suicidi, e riesce ad accettare la sua nuova vita. Se però iniziamo a dire che possiamo concedere a qualcuno di essere ucciso per il solo fatto che è lui a volerlo, allora non avremmo più alcuno strumento logico per evitare che altri malati oltre a quelli terminali chiedano l’eutanasia. Infatti, se il criterio in base al quale questo procedimento era stato concesso è solo la loro autodeterminazione, in base a che cosa dovresti decidere tu quali sono le cause valide di questa autodeterminazione?


“E chi stabilisce quanto sarebbe potuto andare avanti?, e se sarebbe andato avanti come sarebbe stato?,”



Scusa ma non è di questo che sto parlando. Mi è stato chiesto perché, dal punto di vista della Chiesa, il caso di Welby e quello della donna TdG sono diversi, e dunque perché con Welby la CEI è intervenuta mentre non si interverrebbe nel caso una donna vieti una trasfusione. La differenza come spiegato è che nel caso di Welby non è la cura ad essere considerata inutile e ad essere rifiutata, ma la vita. La Chiesa voleva cioè evitare che passasse l’idea che esistano vite non degne d’essere vissute. Questo era quello che dovevo spiegare. Tu invece mi stai chiedendo un’altra cosa, e cioè se Welby avesse o meno il diritto di chiedere di venir ucciso. Questo è del tutto irrilevante ed è OFF-TOPIC, non stiamo infatti discutendo della liceità o meno dell’eutanasia ma del perché per la Chiesa l’eutanasia di Welby sia diversa dal rifiuto delle cure della donna TdG spagnola.
Comunque, la tua risposta non fa che riconfermare la mia argomentazione, tu infatti ti chiedi come sarebbe stato andare avanti: stai cioè sostenendo che esistono vite indegne di essere vissute, e che esiste una qualità della vita che possa far venir meno la dignità dell’essere umano.


“Non è a malincuore, chi arriva a queste decisioni è “ convinto” che sia la condotta giusta. “



Stai confondendo i termini: il fine non era morire, bensì soddisfare il volere di Geova, la morte è l’effetto collaterale dell’operazione, effetto previsto ma non voluto. Non era certo felice di crepare, semplicemente era disposta a farlo per un bene più grande. E’ chiara la differenza?


“C’è una contraddizione, la donna voleva morire pur di non violare un comandamento, quindi ha scelto di farlo, nel caso contrario sarebbe rientrata tra coloro che in ultima istanza avrebbero rifiutato di morire, allora non avrebbe scelto di farlo.”


Apriti un manuale di filosofia morale e studiati la dottrina del duplice effetto, non stai cogliendo dei distinguo da manuale.


“la donna voleva morire pur di non violare un comandamento,”



Voleva non violare il comandamento, non morire. Morire è la conseguenza, prevista e accettata, ma non desiderata, dell’effetto che voleva ottenere. E’ come quando si somministra della morfina ad un malato terminale: si sa che quella morfina abbrevierà la sua vita, ma quello che si vuole fare non è abbreviare la sua vita, bensì alleviare il suo dolore. Il fatto che la vita si abbrevi è l’effetto previsto, ma non voluto, di un’azione buona, cioè il tentativo di lenire le sofferenze di un malato. Invece chi pratica l’eutanasia cerca come primo effetto la morte del paziente.


“Lo ha richiesto perché impossibilitato nei movimenti, il medico staccando il macchinario a lasciato che il corpo facesse il decorso naturale, quindi Welby non si è suicidato ne tantomeno il medico è un assassino”


Questo è un cliché smontato da trent’anni: è la vecchia distinzione tra eutanasia attiva e passiva, nessun manuale di filosofia ha il coraggio di proporla ancora. A volte è il non fare qualcosa a causare la morte, l’astensione può essere attiva quanto l’attività propriamente detta. In questo caso lo stato di cose era che Welby era mantenuto in vita da un macchinario: non era una cura straordinaria, perché il mantenere la respirazione, esattamente come l’idratazione e l’alimentazione, non lo sono. Togliere quel macchinario è stato la causa diretta della morte. Possiamo discutere del fatto che fosse corretto o meno farlo, ma non del fatto che è stato il togliere quel macchinario a causare la morte. Ed è questa la differenza col caso della signora spagnola: i medici lì non hanno dovuto far niente, è morta da sola. Nel caso di Welby invece, siccome lo stato precedente era l’essere attaccati ad un macchinario, è stata l’azione del medico a modificare quello stato e a causarne la morte.


“on vedo la differenza, in un caso vi è stata un’azione attiva(stacco la spina) nel caso della testimone vi è stata un’azione passiva( non è trasfusa), in ambo i casi il risultato è il medesimo, vi è stato il decesso.”


E’ curiosa la nomenclatura che usi, perché in bioetica si chiama eutanasia passiva lo staccare la spina (in quanto si cessa di curare), mentre eutanasia attiva il fare ad esempio un’iniezione letale. Questa differenza è stata criticata, perché in entrambi i casi il medico agisce. Tu invece usi un’altra accezione, e parli di “azione passiva” nella non trasfusione. Ma questo concetto è contraddittorio: i medici non hanno agito è basta, non esiste un’azione passiva. Mentre lo steccare la spina è un’azione, il lasciar morire qualcuno non implica la presenza del soggetto che sta lasciando morire: quella donna avrebbe potuto morire tanto a casa sua quanto in ospedale, i medici non hanno preso parte a questo decesso proprio perché non hanno potuto toccarla, e dunque, se anche non fosse stata in ospedale, non avrebbe fatto nessuna differenza.
La differenza è che essendo lo stato presente di Welby l’essere attaccato ad una macchina, è stato necessario l’intervento di un uomo per staccarlo. In questo caso c’è stata azione. Il lasciar morire quella donna invece non implicava l’azione da parte dei medici.


“E chi dice che lo stato non ha il potere di uccidere?, non dimentichiamo che lo Stato del Vaticano ha tolto dal suo codice penale la pena di morte solo nel 1981, ma solo nel 2001 Giovanni Paolo II la tolse dalla legge fondamentale del Vaticano.”



Potresti evitare di ripetere a caso stornelli letti in rete? La tua risposta è irrilevante. Se dico che lo Stato non ha il diritto di uccidere nessuno ovviamente non parlo del Vaticano ma dello Stato italiano. Cosa c’entra il Vaticano e la sua legge interna? Il Vaticano ha abolito la pena di morte solo nell’1981? Non è esatto. L’abolizione risale al 1967, e, quanto alla “legge fondamentale del Vaticano”, sono sicuro che hai copiato questa sequenza di quattro parola da qualche parte ma che cosa sia questa legge ti è del tutto ignoto. La legge fondamentale è un po’ come una Costituzione, essa può prevedere delle pene rimandando a leggi ordinarie, che però nel frattempo erano già state abolite. Probabilmente stai copiando gli errori di data da Wikipedia, che non è esattamente una fonte. Se tu può interessare evidentemente il Vaticano è più avanti dell’Italia, visto che quest’ultima ha abolito la pena di morte solo nel 1994. Sei sorpreso? Non sapevi di vivere in uno Stato che prevedeva la pena di morte, persino nella Costituzione, per alto tradimento miliare? Sei sorpreso perché l’Italia, pur avendo questa legge, se ne infischiava, ed è sempre stata abolizionista di fatto. L’ultima condanna a morte in Italia risale al 1947! E, anche in questo caso, il Vaticano è più avanti, l’ultima condanna a morte fu nel XIX secolo.
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
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