Avviso per i nuovi utenti

Per essere ammessi in questo forum è obbligatorio  
compilare il modulo di presentazione.

Cliccare qui

ATTENZIONE:
il forum è stato messo in modalità di sola lettura.
Le discussioni proseguono nel nuovo forum:
Nuovo Forum
Per partecipare alle discussioni nel nuovo forum bisogna iscriversi:
Cliccare qui
Come valeva per questo forum, anche nel nuovo forum non sono ammessi utenti anonimi, per cui i nuovi iscritti dovranno inviare la loro presentazione se vorranno partecipare.
Il forum si trova su una piattaforma indipendente da FFZ per cui anche chi è già iscritto a questo forum dovrà fare una nuova registrazione per poter scrivere nel nuovo forum.
Per registrarsi nel nuovo forum clicccare qui


Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Vota | Stampa | Notifica email    
Autore

Di nuovo e sempre l'ANIMA

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2009 17:17
14/02/2009 07:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 6.346
Registrato il: 13/07/2004
Utente Master
OFFLINE
L'uomo è un'anima. Insegnamento divino o parere dell'antico popolo ebraico?

In questa VI Domenica del Tempo Ordinario (nella liturgia cattolica)

Il Vangelo racconta la guarigione di un lebbroso e viene preparato dalla prima lettura che parla dei criteri diagnostici di questa malattia secondo l’Antico Testamento, con una serie di norme che hanno soprattutto lo scopo di difendere la comunità dal contagio, isolando totalmente il malato: “Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto.., se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento” (Lv 13,45-46).
La lebbra, assieme ad altre affezioni della pelle, era considerata impurità contagiosa per se stessa (come inchiostro che macchia), incompatibile con la partecipazione al culto nel tempio e in sinagoga, allo stesso modo in cui un telo sterile in sala operatoria non può essere toccato da mano scoperta, altrimenti è inutilizzabile e si getta via. “Tuttavia si trattava di una questione religiosa, non medica. Le malattie della pelle, in cui appariva un disfacimento, venivano associate al disfacimento del cadavere. La “lebbra” era percepita come una minaccia all’integrità fisica dell’uomo e tutto ciò che corrompe o è corrotto, non può essere considerato puro. “Puro” è ciò che appartiene alla sfera di Dio e del sacro, “impuro” è ciò che vi si oppone e rende inadatti alla comunione con la divinità. La lebbra escludeva dalla comunità ed era perciò considerata segno di un castigo divino su un gravissimo peccato del soggetto colpito. Nei casi di lebbra dichiarata, la situazione del malato diventava drammatica: attraverso il suo abbigliamento che è quello del lutto (capo scoperto e vesti stracciate), attraverso la segnalazione pubblica della sua impurità, il lebbroso testimoniava la sua tragedia di escluso dalla società e dal culto” (G. Ravasi, in Nuova guida alla Bibbia, p. 104-105).

Mi chiedo
Come si fa a prendere la Bibbia e ammonire e intimare “dice la Bibbia! “ intendendo “dice la Parola di Dio... è insegnamento divino!” senza distinguere in essa ciò che è con tutta evidenza parola dell’uomo, bacata dalla limitatezza ed erroneità della cultura del tempo?
E se invece lo si fa in rapporto a questo episodio, perché non esaminare (almeno per ipotesi di lavoro) se anche per la concezione antropologica - che, secondo i TG e anche secondo chi altri vi pare, chiamava “anima tutto l’uomo” -, non siamo in realtà di fronte non a un pensiero divino che vuole insegnarci di cosa è composto l’essere umano ma di fronte a una concezione antropologica dell’antico popolo ebraico limitata e sbagliata?
----------------------
est modus in rebus
14/02/2009 09:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 454
Registrato il: 09/02/2008
Utente Senior
OFFLINE
La questione è che per i Tdg se nell'A.T. è scritto così non si discute è parola di Dio e va messa in pratica, con risultati grotteschi!
Ma se si tratta del N.T. allora la cosa cambia, bisogna interpretare!
Altrimenti vengono fuori insegnamenti "babilonici" come Divinità di Cristo, Trinità, anima immortale, vita dopo la morte, personalità dello Spirito Santo, ricompensa unica celeste per i credenti, esistenza della dannazione eterna, ecc.
In fondo Russell, Rutherford, Knorr, F. Franz e soci ce l'avevano contro il N.T. in quanto volevano creare una "verità" tutta nuova, soprattuttoe volutamente diversa, per poter buttare da una parte ("Babilonia") tutte le chiese della "cristianità" (inteso in geovese in senso dispregiativo), e dall'altra LORO con la loro "verità" e poter raccontare un mucchio di favole sulla "grande apostasia" visto che in America tirano le tesi del "grande complotto"!
Ma non si rendono conto che tantissime altre organizzazioni religiose americane vivono delle loro stesse favole come i Mormoni che, ironia della sorte, pongono i Tdg insieme alla "cristianità" in "Babilonia la Grande" e usano perfino il nome "Geova" ma intendono con quel nome il Figlio di Dio!
Insomma, il vantaggio di mettersi nella "verità" e buttare TUTTI gli altri in "Babilonia la Grande" è che se anche lo 0,01% ci crede, si raccoglieranno pur sempre milioni di adepti da spremere come limoni con la scusa del "donatore allegro"!
Chissà perchè il "donatore allegro" del N.T. viene inteso letteralmente e "questi miei minimi" sono da "interpretare" per intendere i capi geovisti? [SM=x570868]

[SM=g1543902]
Se la sapienza di questo mondo è stoltezza presso Dio, l'ignoranza lo è ancora di più!
14/02/2009 20:25
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.640
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Re: L'uomo è un'anima. Insegnamento divino o parere dell'antico popolo ebraico?
berescitte, 14/02/2009 7.07:



Mi chiedo
Come si fa a prendere la Bibbia e ammonire e intimare “dice la Bibbia! “ intendendo “dice la Parola di Dio... è insegnamento divino!” senza distinguere in essa ciò che è con tutta evidenza parola dell’uomo, bacata dalla limitatezza ed erroneità della cultura del tempo?
E se invece lo si fa in rapporto a questo episodio, perché non esaminare (almeno per ipotesi di lavoro) se anche per la concezione antropologica - che, secondo i TG e anche secondo chi altri vi pare, chiamava “anima tutto l’uomo” -, non siamo in realtà di fronte non a un pensiero divino che vuole insegnarci di cosa è composto l’essere umano ma di fronte a una concezione antropologica dell’antico popolo ebraico limitata e sbagliata?



Guarda, proprio in questi giorni ho affrontato questo argomento con un caro amico del forum. Per comodità riporto alcune delle considerazioni esposte.

Innanzitutto c'è da sottolineare che a differenza del cristianesimo, l'ebraismo biblico presta scarsa attenzione alla questione dell'aldilà, o alla definizione di anima, spirito o altro.
Piuttosto che parlare di concezione antropologica limitata e sbagliata dell'antico popolo ebraico, sarebbe doveroso osservare come nè Mosè, nè i Profeti d'Israele si soffermarono mai a descrivere ciò che per il popolo ebraico avrebbe dovuto rimanere di secondaria importanza rispetto a ben altro genere di tematiche.
I profeti non parlarono mai di retribuzione o di punizione nell'altro mondo. Se per l'egiziano la vita autentica era la vita dopo la morte accanto ad Osiride, l'ebreo aveva piuttosto compreso che era necessario prima di tutto occuparsi della realtà terrena, alleggerire il fardello dei poveri, delle vedove, degli orfani, amare il proprio prossimo, lo straniero, e costruire una città di giustizia e di equità in questo mondo. Gli ebrei volevano distinguersi nettamente dagli egiziani e dallo loro religione dei morti, e la Torah chiede agli ebrei di uscire "veramente" dall'Egitto.

Nel Medio Giudaismo,anche per influsso ellenistico, la questione del destino dell'uomo dopo la morte è stata una delle grandi questioni controverse dell'ebraismo, una questione che divise tra loro i singoli raggruppamenti religiosi, sebbene faccia cmq parte delle fede di Israele l'idea della "resurrezione".

Se la Bibbia ebraica fa riferimento alla circostanza che i morti entrano in un lungo "sonno" che dura fino alla resurrezione, il Talmud riguardo all'intensità di questo sonno, afferma che, il sonno dell'uomo vivo è un sessantesimo del sonno della morte (TB, Berakhòth 57b). Ci si addormenta, e tutto torna a Dio, anima, spirito, psiche, la nostra identità, la nostra essenza più intima, ect...comunque lo si voglia intendere, ogni cosa fa ritorno al luogo da cui ha tratto la sua origine. Si ci trova in "stand by", in attesa della venuta del messia e della resurrezione. Al momento del "Giudizio" si potrebbe essere destinati al nulla eterno, alla morte definitiva (se troppo malvagi) oppure alla vita eterna. Questa vita eterna è da intendersi come il ritorno alla vita terrena come annunciato dai Profeti.

Di norma, all'ebreo religioso è sufficente sapere che Dio in qualche modo premierà i giusti facendoli sopravvivere, e castigherà i malvagi privandoli di questa opportunità. Stop. In che modo esatto questo avvenga, le tecniche divinamente previste per operare nel concreto tutto ciò, e rilegato al campo delle ipotesi e tutto ciò non turba affatto l'autentico figlio di Abramo. L'ebreo è portato a concentrarsi su questa vita, non sull'Aldilà.

L'uomo desidera delle risposte categoriche che spaccano tutto, perchè è proprio nell'uomo il desiderio di conoscere ogni cosa nel dettaglio, ma la Rivelzione Sinatica ci mette in guardia proprio da questo. La Bibbia Ebraica non è un trattato che pretende di rivelarti ogni mistero della vita e della morte nel dettaglio, anzi, su questi aspetti,riscontri delle volute ambiguità.

"Dio è in cielo e tu sei sulla terra; le tue parole siano dunque poche" (Eccl. 5,1).
“Le cose occulte appartengono al Signore, ma le cose rivelate sono per noi e per i nostri figli, sempre, perché pratichiamo tutte le parole di questa legge.” (Deutorenomio 29,28).

Un ebreo potrebbe a tutt'oggi, riportare la convinzione che alla morte vi sia il "nulla", o solo un "sonno profondissimo", o anche la "trasmigrazione" della propria neshamàh (anima, psiche), detta in ebraico "gilgul". E neppure il più ortodosso dei rabbini può rimroverarlo di niente, considerarlo apostata o eretico o altro.
Prova a "sgarrare" le regole elimentari (kasherut)o l'osservanza dello Shabbat, è la musica cambia, e anche di tanto!


I tdg, hanno tratto le loro conclusioni su certi argomenti, non coincidenti con quello a cui è pervenuto il resto del mondo cristiano. Quanto agli ebrei, essi seguono tradizioni loro proprie e alcuni paragoni possono risultare fuorvianti. Meglio tenere distinte il credo geovista, quello cattolico, e quello ebraico.
17/02/2009 11:35
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 6.349
Registrato il: 13/07/2004
Utente Master
OFFLINE
A Voyager62
>La questione è che per i Tdg se nell'A.T. è scritto così non si discute è parola di Dio e va messa in pratica, con risultati grotteschi!
Ma se si tratta del N.T. allora la cosa cambia, bisogna interpretare!

Osservo
Il problema – e ciò che bisogna obiettare con forza al discorso sull’anima proposta dal geovismo – sta nel fatto che nell’AT (Scritture ebraiche per loro) non esiste4 la parola “anima” ma “nèphesh”, una parola polivalente che cambia significato nei vari contesti. E quindi anche per il VT e non solo per il Nuovo si deve “interpretare”,

xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

A Topsy
>L'uomo desidera delle risposte categoriche che spaccano tutto, perchè è proprio nell'uomo il desiderio di conoscere ogni cosa nel dettaglio, ma la Rivelzione Sinatica ci mette in guardia proprio da questo. La Bibbia Ebraica non è un trattato che pretende di rivelarti ogni mistero della vita e della morte nel dettaglio, anzi, su questi aspetti,riscontri delle volute ambiguità.
>"Dio è in cielo e tu sei sulla terra; le tue parole siano dunque poche" (Eccl. 5,1).

Osservo
Con tutto il rispetto per il libro sacro. Nella Bibbia esiste una “rivelazione sinaitica” e poi “palestinese” che ci insegna “non come vadia il cielo ma come si vadia al cielo” (Michelangelo) e qui mi tolgo tanto di cappello perché anch’io credo che sia ispirata da Dio. Ma esiste anche lo squadernamento di una cultura del popolo ebraico che certamente Dio non fa oggetto di rivelazione (altrimenti avremmo che è Lui a insegnare cose sbagliate). E la mia domanda era appunto se la concezione antropologica (il come è fatto l’uomo, di che consiste) ce la dà Dio, imponendocela come verità rivelata, o se essa è mutuata dalla cultura ebraica del tempo, così che non solo si possa ma si debba correggerla alla stregua con cui correggiamo la loro cosmologia, e tutti gli smarroni scientifici, psicologici, storici, geografici ecc… che la Bibbia contiene.
Non credo che se l’uomo vuole conoscere con esattezza quello che può essere conosciuto con esattezza vuole “spaccare tutto”, né che la rivelazione sinaitica, in rapporto a qualsiasi conoscenza dello scibile umano abbia il diritto di metterci in guardia, buttandola sul mistero, e obbligandoci a condividere concezioni piene di “ambiguità” e vere e proprie contraddizioni.


>Un ebreo potrebbe a tutt'oggi, riportare la convinzione che alla morte vi sia il "nulla", o solo un "sonno profondissimo", o anche la "trasmigrazione" della propria neshamàh (anima, psiche), detta in ebraico "gilgul". E neppure il più ortodosso dei rabbini può rimroverarlo di niente, considerarlo apostata o eretico o altro.

Ribatto
Appunto! Un ebreo, un altro ebreo, una corrente rabbinica, e se vogliamo tutta l’intelligentia Hebraeorum di allora o di oggi! Ciò non ci impedisce di avere una veduta diversa delle cose. E questo non offenderebbe affatto la rivelazione biblica giacché Dio, nell’ispirare la Bibbia, ha ispirato solo il messaggio per la salvezza eterna e non ciò che attiene a discipline umane. A questo riguardo ha lasciato tutti nella loro scienza e ignoranza del tempo.


>I tdg, hanno tratto le loro conclusioni su certi argomenti, non coincidenti con quello a cui è pervenuto il resto del mondo cristiano. Quanto agli ebrei, essi seguono tradizioni loro proprie e alcuni paragoni possono risultare fuorvianti. Meglio tenere distinte il credo geovista, quello cattolico, e quello ebraico.

D'accordo ma...
Sì, sono senz’altro diversi, oltre che distinti. Ma siccome la verità sull’uomo (come per ogni cosa) non può essere che una, noi facciamo due cose: 1) prendiamo atto delle differenze; 2) valutiamo quale posizione sia quella vera o, se non ci si può arrivare, quale sia la più probabile.
Questo vale per tutti i concetti dello scibile che ci interessano, e nel nostro caso soprattutto quelli che sono intimamente connessi con la verità rivelata (salvifica) tanto che senza di essi resterebbe inesprimibile e inintelligibile. Se non riuscissimo a focalizzare cos’è l’uomo, il tempo, la libertà, l’eternità, la verità, la persona ecc… staremmo a rimestare “sisificamente” l’acqua, almeno finché non ci accorgeremmo che facciamo reciprocamente dei discorsi equivoci.
----------------------
est modus in rebus
17/02/2009 15:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.646
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Re:
berescitte, 17/02/2009 11.35:



Osservo
Con tutto il rispetto per il libro sacro. Nella Bibbia esiste una “rivelazione sinaitica” e poi “palestinese” che ci insegna “non come vadia il cielo ma come si vadia al cielo” (Michelangelo)


Gli ebrei sono soliti dire piuttosto: la Torah non ci insegna come andare in Cielo, ma a dare un "senso" al mondo. Non a salire in Cielo, ma a portare il regno di Dio in terra.










E la mia domanda era appunto se la concezione antropologica (il come è fatto l’uomo, di che consiste) ce la dà Dio, imponendocela come verità rivelata, o se essa è mutuata dalla cultura ebraica del tempo, così che non solo si possa ma si debba correggerla alla stregua con cui correggiamo la loro cosmologia, e tutti gli smarroni scientifici, psicologici, storici, geografici ecc…


Ed io difatti mi chiedo, cosa si vorrebbe correggere? La Torah non ha per oggetto l'insegnamento delle scienze, nè è un documento storico nel senso moderno del termine, e non aspira ad esserlo. Cosa si vorrebbe correggere allora, e alla luce di quale insegnamento lo si dovrebbe fare? Si vorrebbe correggere la concezione passata ed odierna ebraica circa la condizione dell'uomo dopo la morte, solo perchè il cristianesimo ha elaborato a questo riguardo magari un' idea un tantino diversa? Il cristianesimo e l'ebraismo odierno, sono eredi di due "distinte" tradizioni religiose giudaiche risalenti a 2000 anni fa, e non l'una l'evoluzione religiosa dell'altra. A meno che non si desideri abbracciare la tesi (non scientifica) che il cristianesimo sia il "completamento" dell'ebraismo. Alla luce di ciò ovviamente, un pò tutto quanto nell'ebraismo rabbinico diverge dal cristianesimo odierno, sarà inevitabilmente bollato come primitivo, poco evoluto, grezzo, monco, ...ect...ect...








Non credo che se l’uomo vuole conoscere con esattezza quello che può essere conosciuto con esattezza vuole “spaccare tutto”, né che la rivelazione sinaitica, in rapporto a qualsiasi conoscenza dello scibile umano abbia il diritto di metterci in guardia, buttandola sul mistero, e obbligandoci a condividere concezioni piene di “ambiguità” e vere e proprie contraddizioni.


C'è chi è obbligato a condividere una formulazione dogmatica di fede che rimane sostanzialmente incomprensibile alla logica umana ma, sostanzialmente tutto ciò non lo irrita affatto.
Ambiguità, intuizioni, contraddizioni. Che cosa intendevano i profeti con l'espressione "Dio parlò"? Il filosofo ebreo Abraham J.Heschel scriveva che per comprendere le affermazioni del profeta relative alla sua esperienza dobbiamo tenere a mente alcuni principi sulla natura di queste affermazioni, tra cui la circostanza che le cose e le parole hanno molti significati, che le affermazioni dei profeti sono affermazioni inadeguate, che il linguaggio dei profeti è il linguaggio della grandiosità e del "mistero", che bisogna fare una distinzione tra le parole descrittive e quelle indicative, ect...

Riguardo a ciò che è stato rivelato sotto forma di quelle affermazioni profetiche indicative, di intuizioni ispirate, le quali pur tuttavia nel loro specifico dettaglio rimangono a noi sostanzialmente sconosciute, gli ebrei possono permettersi di dibatterne, e trarre degli utili insegnamenti.








Appunto! Un ebreo, un altro ebreo, una corrente rabbinica, e se vogliamo tutta l’intelligentia Hebraeorum di allora o di oggi! Ciò non ci impedisce di avere una veduta diversa delle cose. E questo non offenderebbe affatto la rivelazione biblica giacché Dio, nell’ispirare la Bibbia, ha ispirato solo il messaggio per la salvezza eterna e non ciò che attiene a discipline umane. A questo riguardo ha lasciato tutti nella loro scienza e ignoranza del tempo.



Nessuno impedisce ai cristiani, cattolici o protestanti che siano, di avere una veduta diversa delle cose. Il cristianeismo nelle sue origini non costituiva forse una setta giudaica tra le tante, con una propria ritualità, un propria organizzazione, una propria teologia? Ma parliamo di una "diversa veduta delle cose"? Io su questo non avrei nulla da obbiettare. Se tuttavia si etichetta come "erronea" una concezione dell'aldilà o dell'anima dell'ebraismo, solo perchè non coincidente con quello cattolico, allora il discorso cambia.

Quanto alla Bibbia ebraica, essa è detta nella sua parte più autorevole "Torah", ovvero in ebraico, "istruzione" o "ammaestramento", ed è principalmente (ma non esclusivamente) destinata a disciplinare la condotta del popolo ebraico. Disciplina che si è rivelata indispensabile per la sua stessa sopravvivenza sin ai nostri giorni. Ma annuncia anche un'idea che ha fecondato non solo la storia di Israele ma quella dell'umanità nel suo insieme: l'attesa e le speranza messianica. La preoccupazione fondamentale dell'escatologia profetica verte sia sul futuro di Israele, sulla salvezza della nazione ebraica che sulla salvezza dell'umanità che naturalmente non viene mai persa di vista.






D'accordo ma...
Sì, sono senz’altro diversi, oltre che distinti. Ma siccome la verità sull’uomo (come per ogni cosa) non può essere che una, noi facciamo due cose: 1) prendiamo atto delle differenze; 2) valutiamo quale posizione sia quella vera o, se non ci si può arrivare, quale sia la più probabile.
Questo vale per tutti i concetti dello scibile che ci interessano, e nel nostro caso soprattutto quelli che sono intimamente connessi con la verità rivelata (salvifica) tanto che senza di essi resterebbe inesprimibile e inintelligibile. Se non riuscissimo a focalizzare cos’è l’uomo, il tempo, la libertà, l’eternità, la verità, la persona ecc… staremmo a rimestare “sisificamente” l’acqua, almeno finché non ci accorgeremmo che facciamo reciprocamente dei discorsi equivoci.





Si comprendo il tuo discorso, che è molto poco ebraico, ma non possono attendermi qualcosa di diverso :-)
[Modificato da Topsy 17/02/2009 17:23]
17/02/2009 23:01
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 6.353
Registrato il: 13/07/2004
Utente Master
OFFLINE
A Topsy
Dici
>Ed io difatti mi chiedo, cosa si vorrebbe correggere? La Torah non ha per oggetto l'insegnamento delle scienze, nè è un documento storico nel senso moderno del termine, e non aspira ad esserlo.

Dico
Già ma il geovismo invece pretende che la Torah (diciamo meglio, la Bibbia in genere) ci insegnerebbe con precisione che l’uomo è un’anima comprendendo in questo concetto, usato e equivocamente giacché oggi nessuno pensa questo, anche il corpo. Mentre la cultura moderna (filosofica giacché è competenza della filosofia stabilire di cosa si compone essenzialmente l’uomo) dice che l’uomo è un composto di anima e corpo.


Dici
>Cosa si vorrebbe correggere allora, e alla luce di quale insegnamento lo si dovrebbe fare?

Dico
La concezione dell’uomo. Alla luce della filosofia antropologica, cioè non di un insegnamento d’autorità ma di un insegnamento di razionalità, dimostrativo.


Dici
>Si vorrebbe correggere la concezione passata ed odierna ebraica circa la condizione dell'uomo dopo la morte,

Dico
No. Questa della condizione dopo la morte verrà di conseguenza, accogliendo la dimostrazione che nell’uomo c’è una entità immateriale (o spirituale) che come tale non è disgregabile come il corpo.


Dici
>solo perchè il cristianesimo ha elaborato a questo riguardo magari un' idea un tantino diversa?

Dico
Assolutamente no! Noi (immagino anche tu) non correggiamo la cosmologia biblica esposta in Genesi “solo perché il cristianesimo…” ma perché è sbagliata. E questa correzione la si fa alla luce della scienza. Il cristianesimo (e non solo lui), in relazione alla composizione dell’uomo, corregge la veduta imprecisa unitaria biblica che non si è mai posto il problema di indagare sulla antropologia, ed ha accolto quella giusta, ricavata dalla filosofia. E' certo che l'uomo è fatto di anima (intesa in senso moderno, come principio spirituale che gli permette di intelligere e volere) e corpo. Secondo il concetto di "anima" raffazonato del geovismo (e tanto peggio per gli ebrei di allora se anche loro la pensavano così) l'anima dell'uomo, essendo solo una forza vitale, non si distingue da quella delle bestie. Non spiegando però come mai le bestie non ragionano.

Dici
>Ma parliamo di una "diversa veduta delle cose"? Io su questo non avrei nulla da obbiettare. Se tuttavia si etichetta come "erronea" una concezione dell'aldilà o dell'anima dell'ebraismo, solo perchè non coincidente con quello cattolico, allora il discorso cambia.

Dico
E' una diversa veduta certo, ma non sta sul piano delle libere opinioni perché la veduta cattolica (che, ripeto, non è di loro in forza della fede ma della filosofia che in questo caso fa da ancilla theologiae)è supportata da un ragionamento dimostrativo. E pertanto non la si può negare gratuitamente. Se si vuole lo si deve fare destituendo di valore la dimostrazione con tanto di controargomentazione che ne dimostri la non validità.
Come ho già detto, su questa faccenda, non si etichetta una concezione “solo perché non coincidente con quello cattolico” lo si fa perché non coincidente con la realtà delle cose. Che l’uomo sia un composto di anima e corpo non è mica un dogma cattolico. E’ una verità di ordine filosofico che la Chiesa ha accolto perché l’ha ritenuta provata.
----------------------
est modus in rebus
17/02/2009 23:08
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.342
Registrato il: 23/01/2006
Utente Master
OFFLINE

E’ una verità di ordine filosofico che la Chiesa ha accolto perché l’ha ritenuta provata.



Verità che è poi confermata dal Testo Biblico così come questo è stato stabilito dalla Chiesa (vale a dire come includente i libri Deuterocanonici ed il Nuovo Testamento), alcuni passi del quale diventerebbero ben difficilmente comprensibili senza questa specifica pre-comprensione filosofica (si pensi, tanto per fare un esempio, alla "fantasia" che il CD dei TdG deve usare per cercare di interpretare la parabola del povero Lazzaro in maniera confacente alla sua teologia precostituita).

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

18/02/2009 08:27
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 226
Registrato il: 12/07/2008
Utente Junior
OFFLINE
Carissima Topsy

Mi sembrano interessanti alcune riflessioni di Mosé Maimonide, grande uomo della cultura ebraica (1138 - 1204), filosofo, rabbino e medico, autore di un grande libro che tutti dovrebbero leggere ....per la serenità e la logica che emana....la "Guida dei perplessi". A parte l'esegesi di alcune parole ebraiche, il libro è utile soprattutto ai cristiani e a tutti coloro che si pongono domande su Dio, sul male, sulla sofferenza e sul senso più profondo dell'uomo e della vita....



RUAH NELLA BIBBIA EBRAICA hrw



“Spirito” [ruah] è un termine equivoco, che designa l’aria, ossia uno dei quattro elementi: “E lo spirito di Dio aleggiava sulle acque” (Genesi 1,2). È un termine che designa pure il vento che soffia: “Lo spirito dell’est aveva portato le cavallette” (Esodo 10,13); “spirito del mare” (Esodo 10,19); e di questo vi sono molti esempi. È anche un termine che designa lo spirito animale: “Uno spirito che va e non si ferma” (Salmo 78,39); “ogni carne nella quale è uno spirito di vita” (Genesi 7,15) È anche un termine che designa cosa resta dell’uomo dopo la morte, e che non subisce la corruzione: “lo spirito tornerà a Dio che lo ha dato” (Ecclesiaste 12,7). È anche un termine che designa l’emanazione intellettuale divina che viene sparsa sui profeti e grazie alla quale essi profetizzano, come ti spiegheremo quando parleremo della profezia come conviene parlarne in questa opera: “Io prenderò lo spirito che è su di te e lo porrò su loro” (Numeri 11,17); “quando si posò su di loro lo spirito” (Numeri 11,25); “Lo spirito del Signore parla per mezzo mio” (2 Samuele 23,2), e di questo vi sono molti esempi. È anche un termine che designa l’intenzione e la volontà: “Lo stolto fa uscire tutto il suo spirito” (Proverbi 29,11), ossia la sua intenzione, la sua volontà; parimenti: “Lo spirito dell’Egitto sarà svuotato in mezzo ad esso, e renderò vano il suo consiglio” (Isaia 19,3) significa che le sue intenzioni saranno disperse ed il suo governo sparirà. Del pari “Chi comprende lo spirito del Signore e il Suo consiglio, ce lo insegni” (Isaia 40,13) vuol dire: Colui che sa la disposizione della Sua volontà, o comprende il Suo governo dell’esistenza così com’è, ce lo insegni, come spiegherò nei capitoli che dedicherò alla provvidenza. Ogni volta che “spirito” è riferito a Dio è usato nel quinto significato, e solo alcune volte nell’ultimo significato, ossia quello di volontà, come abbiamo spiegato. Lo si interpreti dunque in ogni passo secondo ciò che indica il contesto. [Mosé Maimonide, La Guida dei perplessi, Parte Prima, XL]







NEFESH NELLA BIBBIA EBRAICA vpנ



“Anima” [nefesh] è un termine equivoco. Designa l’anima animale che è comune ad ogni essere dotato di sensazione: “Dove c’è l’anima di vita” (Genesi 1,30). Designa anche il sangue: “Non mangiare l’anima con la carne” (Deuteronomio 12,23). Designa anche l’anima razionale, ossia la forma dell’uomo: “Per la vita di Dio che ci ha fatto questa anima” (Geremia 38,16). Designa anche ciò che resta dell’uomo dopo la morte: “L’anima del mio signore è chiusa nello scrigno della vita” (1 Samuele 25,29). Designa la volontà: “Per costringere i suoi principi secondo la sua anima” (Salmo 105,22), ossia, secondo la sua volontà; parimenti: “E non lo darai all’anima dei suoi nemici” (Salmo 41,3), ossia: “non lo lascerai in balìa della loro volontà”. Nello stesso senso, secondo me, è l’espressione: “Se è conforme alla vostra anima che io seppellisca il mio morto” (Genesi 23,8), ossia se questo è conforme alla vostra intenzione e alla vostra volontà; e del pari: “Se anche si presentassero Mosè e Samuele davanti a Me la Mia anima non sarebbe disposta verso questo popolo” (Geremia 15,1), ossia: Io non ho volontà nei loro confronti, ovvero non voglio che essi sopravvivano. Ogni menzione di “anima” relativa a Dio è nel senso di volontà, come abbiamo detto prima a proposito del detto del Signore: “Agirà secondo ciò che è nel Mio cuore e nella Mia anima” (1 Samuele 2,35), ossia, secondo la Mia volontà e la Mia intenzione. Secondo questo significato va interpretato il versetto: “E la Sua anima si trattenne nella sofferenza di Israele” (Giudici 10,16), ossia la Sua volontà rinunciò a rendere miserabile Israele. [Mosé Maimonide, La Guida dei perplessi, Parte Prima, XLI]





18/02/2009 10:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 323
Registrato il: 25/10/2004
Utente Senior
OFFLINE
Una domanda

Se ho ben capito tutto l'inghippo della Watchtower, su questa cosa, sta nell'aver tradotto con "anima" una parola ebraica che tutto significa fuorché il concetto di anima moderno. Ed è così che, equivocando e confusionando, può tirare la conclusione che l'anima muore?
_________________________
Man hu? Cos'è?
18/02/2009 10:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 227
Registrato il: 12/07/2008
Utente Junior
OFFLINE
carissimo petitio

mah.. la Società Torre di Guardia
sembra attribuire molta fiducia anche al brano
di Ecclesiaste 9,5

I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c’è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce. Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto è ormai finito, non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole. Và, mangia con gioia il tuo pane, bevi il tuo vino con cuore lieto, perché Dio ha gia gradito le tue opere. In ogni tempo le tue vesti siano bianche e il profumo non manchi sul tuo capo. Godi la vita con la sposa che ami per tutti i giorni della tua vita fugace, che Dio ti concede sotto il sole, perché questa è la tua sorte nella vita e nelle pene che soffri sotto il sole. Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù nel soggiorno dei morti, dove stai per andare (Ecclesiaste 9, 5-10).


Evidentemente nel soggiorno dei morti non c'é spazio per lavori, progetti, disegni, programmi, ricerche di motivi, cause, astuzie, furbizie, abilità, scienze e sapienze terrene.

La parola spesso tradotta con “ragione” e “pensiero” (cheshbown) e da molti usata per provare che i morti sono inconsci è presente solo in altri due punti della Bibbia (Ecclesiaste 7,25 ed Ecclesiaste 7,27) con il significato di “causa”, “ragione”, “motivo” e non di “pensiero” o “ragionamento”.....


Ecclesiaste 7,25-27

[25] Mi sono applicato di nuovo a conoscere e indagare e cercare la sapienza e il perché delle cose (cheshbown) e a conoscere che la malvagità è follia e la stoltezza pazzia. [26] Trovo che amara più della morte è la donna, la quale è tutta lacci: una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso. [27]Vedi, io ho scoperto questo, dice Qoèlet, confrontando una ad una le cose, per trovarne la ragione (cheshbown).


[SM=x570868]









18/02/2009 11:46
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 34
Registrato il: 23/01/2009
Utente Junior
OFFLINE
Uno scettico in famiglia...

Ciao berescitte,

condivido quanto hai postato in merito all’evidente difficoltà dei TdG in relazione al concetto teologico cristiano di anima.

Vorrei però apportare una mia riflessione in merito a quanto hai scritto a Topsy.

berescitte, 17/02/2009 23.01:


La concezione dell’uomo. Alla luce della filosofia antropologica, cioè non di un insegnamento d’autorità ma di un insegnamento di razionalità, dimostrativo.

(...)

E' una diversa veduta certo, ma non sta sul piano delle libere opinioni perché la veduta cattolica (che, ripeto, non è di loro in forza della fede ma della filosofia che in questo caso fa da ancilla theologiae) è supportata da un ragionamento dimostrativo.

(...)

Che l’uomo sia un composto di anima e corpo non è mica un dogma cattolico. E’ una verità di ordine filosofico che la Chiesa ha accolto perché l’ha ritenuta provata.



Personalmente non condivido il voler associare al dualismo anima-corpo la definizione di “verità di ordine filosofico”.

Ritengo sia voler attribuire alla filosofia un ambito che non le appartiene.

La “verità” non appartiene all’ambito filosofico, la verità è un concetto religioso. Bertrand Russell nella sua introduzione alla storia della filosofia occidentale credo definisca molto bene questo concetto. Le nozioni definite appartengono alla scienza, mentre i dogmi e le “verità” che superano le nozioni definite appartengono alla teologia. Ma tra la teologia e la scienza esiste una sorta di “terra di nessuno” esposta agli attacchi di entrambe le parti, questa “terra di nessuno” è appunto la filosofia.

La filosofia non definisce verità assolute ma riflessioni, considerazioni, tentativi di investigare nella “terra di nessuno” per cercare di interpretare e di capire il mondo, l'uomo, il senso profondo delle cose.

Il concetto – non la “verità” – di uomo inteso come dualismo “anima immortale - corpo mortale” appartiene inoltre solo ad una parte del pensiero filosofico, nello specifico all’antropologia teologica cristiana maturata nel contesto cattolico.

Esistono anche antropologie filosofiche di diverso tipo, pensiamo all’antropologia freudiana o marxista, maturate in contesti molto diversi che quindi giungono a considerazioni - non a “verità” - sull’anima opposte a quelle teologiche cristiane.

Lo stesso concetto filosofico di “anima” non è univoco ma si è evoluto nel corso dei secoli dal nous di Anassagora, passando per la psyché di Socrate e Platone, la metempsicosi, le dottrine gnostiche, l’antropologia tripartita di Paolo (1 Tessalonicesi 5:23), fino all'esegesi "moderna" del cattolicesimo che concepisce la persona creata a immagine di Dio come un essere insieme corpo mortale e anima immortale riuniti in un’unica natura.

Non sempre “philosophia ancilla theologiae” ritengo piuttosto più sensato porre l’interrogativo “utrum doctrina sacra sit scientia?”. La storia della filosofia dimostra che spesso i pensatori hanno utilizzato proprio la “dottrina sacra” come base pseudo-scientifica dei loro ragionamenti.

Chiudo con una citazione di De Crescenzo:

"Il mondo si divise in due emisferi distinti e separati: da una parte c'erano quelli a cui piaceva di più ragionare e dall'altra quelli a cui piaceva più credere."

Saluti,
196

[SM=g27823]
(uno scettico in famiglia... sopportami)
18/02/2009 14:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 6.364
Registrato il: 13/07/2004
Utente Master
OFFLINE
A ghematriah196
Carissimo, stiamo qui per ragionare, quindi non solo ti “sopporto”, ma al contrario, sono felicissimo quando trovo interlocutori come te.
Ti scorro, a botta e risposta…

BOTTA
Personalmente non condivido il voler associare al dualismo anima-corpo la definizione di “verità di ordine filosofico”.
RISPOSTA
Non è intesa in senso dualistico (come nel credo buddista la tazza e il te che essa contiene, che sono due sostanze). L’anima e il corpo, la filosofia del realismo le concepisce come comprincìpi fusi in un’unica sostanza ma che rimangono ben distinti. E’ solo dopo la morte che l’anima vive di vita autonoma perché entità spirituale non soggetta alla disgregabilità.

BOTTA
Ritengo sia voler attribuire alla filosofia un ambito che non le appartiene.
RISPOSTA
E invece, io ritengo che sia suo specifico ambito. Per questo non accetto che la visuale “laica” si possa ritenere in diritto di relegare in sacrestia la visuale antropologica cristiana. Essa non deriva primieramente dalla fede, ma dalla filosofia che, ancilla theologiae, ha il dovere di fare da fondamento al castello della fede rivelata “dimostrando” razionalmente almeno gli ingredienti che strutturano il discorso religioso e che sono: 1) il valore reale della conoscenza; 2) l’esistenza di Dio con almeno le note fondamentali di Creatore-Ordinatore e remuneratolre; 3) la spiritualità (da cui consegue l’immortalità) dell’anima; 4) l’esistenza non prodotta da noi stessi della legge morale, ovvero la capacità di distinguere ciò che è eticamente bene e ciò che è male.
Su questo non solo l’uomo può, ma deve basare la sua religiosità naturale rapportandosi con l’Onnipotente. Poi viene il fenomeno della rivelazione di Dio nella storia e ci sono altre basi per “reggere” il castello della nuova religiosità.

BOTTA
La “verità” non appartiene all’ambito filosofico, la verità è un concetto religioso. Bertrand Russell nella sua introduzione alla storia della filosofia occidentale credo definisca molto bene questo concetto. Le nozioni definite appartengono alla scienza, mentre i dogmi e le “verità” che superano le nozioni definite appartengono alla teologia. Ma tra la teologia e la scienza esiste una sorta di “terra di nessuno” esposta agli attacchi di entrambe le parti, questa “terra di nessuno” è appunto la filosofia.
RISPOSTA
Russell è un personaggio tra i più simpatici e stimati da me (come anche Nietzsche e chiunque esprima con la debita coerenza una visuale atea della conoscenza (cioè escludente Dio). E tuttavia penso che non sia difficile dimostrare che quello formulato da lui sia un concetto di verità a proprio uso e consumo. Io quando parlo di verità sto a quanto intende l’uomo della strada e che si trova in qualsiasi vocabolario, cioè alla qualità del giudizio, espresso dalla mente, sulla realtà. Sarà vero il giudizio che coglie la realtà delle cose e falso quello che non la coglie o la deforma. La verità cioè non esiste fuori della mente. Fuori della mente esiste la realtà. Sono vere o false solo le affermazioni. Il gioello “falso” è un modo di dire che sta per “non autentico”.

BOTTA
La filosofia non definisce verità assolute ma riflessioni, considerazioni, tentativi di investigare nella “terra di nessuno” per cercare di interpretare e di capire il mondo, l'uomo, il senso profondo delle cose.
RISPOSTA
Non sono d’accordo. La filosofia, quando è ben fatta e sincera – e tra i vari “sistemi filosofici” ne è emersa una chiamata “realismo” che ha ricevuto e riceve continue conferme dal buon senso mondiale perché la adopera anche chi la nega – definisce verità incontrovertibili. Titare in ballo la parola “assoluto/e” è deviante perché ci sono verità incontrovertibili “relate a…” e quindi, se si vuole intendere “assolute” nel senso di scollegate da tutto sono “relative”. Ma a me, e credo a chiunque, interessa solo sapere se la loro affermazione da parte della mente sono corrispondenti o no alla realtà “ontologica”, esterna al mondo “gnoseologico”.

BOTTA
Il concetto – non la “verità” – di uomo inteso come dualismo “anima immortale - corpo mortale” appartiene inoltre solo ad una parte del pensiero filosofico, nello specifico all’antropologia teologica cristiana maturata nel contesto cattolico.
Esistono anche antropologie filosofiche di diverso tipo, pensiamo all’antropologia freudiana o marxista, maturate in contesti molto diversi che quindi giungono a considerazioni - non a “verità” - sull’anima opposte a quelle teologiche cristiane.
RISPOSTA
Il fatto che esistano persone che la pensano diversamente da noi due che la stiamo gustando, non toglie che noi possiamo dimostrare che la pizza napoletana è buona e perciò che chi opina che sia cattiva sbaglia. E ci sono, nel mondo dello scibile, sia verità dimostrabili empiricamente (come questa della pizza offrendo loro un boccone), sia scientificamente, sia storicamente, sia filosoficamente, sia per fede. Cambia solo la modalità di acquisizione non il loro valore veritativo, quando si è percorso correttamente il tragitto relativo all’accertamento.

BOTTA
Lo stesso concetto filosofico di “anima” non è univoco ma si è evoluto nel corso dei secoli dal nous di Anassagora, passando per la psyché di Socrate e Platone, la metempsicosi, le dottrine gnostiche, l’antropologia tripartita di Paolo (1 Tessalonicesi 5:23), fino all'esegesi "moderna" del cattolicesimo che concepisce la persona creata a immagine di Dio come un essere insieme corpo mortale e anima immortale riuniti in un’unica natura.
RISPOSTA
Sicuro! Ma esiste anche una evoluzione che non solo registra posizioni differenti tra il passato e il presente ma anche migliorative. E se perciò noi oggi seguiamo tutti un’idea di conoscenza del cosmo di tipo moderno, si spera che la differenza che essa ha rispetto all’idea Tolemaica non destituisca di valore veritativo la nostra Copernico-Galileiana ponendole sullo stesso piano di probabilità.

BOTTA
Non sempre “philosophia ancilla theologiae” ritengo piuttosto più sensato porre l’interrogativo “utrum doctrina sacra sit scientia?”. La storia della filosofia dimostra che spesso i pensatori hanno utilizzato proprio la “dottrina sacra” come base pseudo-scientifica dei loro ragionamenti.
RISPOSTA
Hai detto giusto: “pseudo-scientifica”. Quando le cose sono ben fatte, lo “pseudo” sparisce. O forse vuoi davvero sostenere che è inutile che ci sforziamo per cogliere la verità del reale, e che – per esempio – la visuale magica di Otelma abbia lo stesso diritto di cittadinanza di chi deriva la sua conoscenza del mondo extrasensoriale da una rivelazione accertata come proveniente da Dio?

BOTTA
Chiudo con una citazione di De Crescenzo:
"Il mondo si divise in due emisferi distinti e separati: da una parte c'erano quelli a cui piaceva di più ragionare e dall'altra quelli a cui piaceva più credere."
RISPOSTA
De Crescenzo, altro simpaticone! Io, come catechista di adulti che si confronta di continuo con le posizioni laiche che, come sai, pretendono di avere il monopolio della razionalità, ho la capoccia fatta con tutti e due gli emisferi (anche fisicamente come tutti!) e ho sperimentato (non solo lo credo, ma ne ho avuto conferme sperimentali in chi mi ha richiesto illuminazione) che l’equilibrio si ottiene quando si rispetta il ruolo di entrambi gli emisferi (cosa che pare non tutti facciano), ovvero quando si coltiva sia la FIDES che la RATIO

Cordialità.
----------------------
est modus in rebus
18/02/2009 16:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.648
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Re: Carissima Topsy
domingo7, 18/02/2009 8.27:


Mi sembrano interessanti alcune riflessioni di Mosé Maimonide, grande uomo della cultura ebraica (1138 - 1204), filosofo, rabbino e medico, autore di un grande libro che tutti dovrebbero leggere ....per la serenità e la logica che emana....la "Guida dei perplessi". A parte l'esegesi di alcune parole ebraiche, il libro è utile soprattutto ai cristiani e a tutti coloro che si pongono domande su Dio, sul male, sulla sofferenza e sul senso più profondo dell'uomo e della vita....







Caro Domingo, ho letto diverse vole l'opera di cui sei estimatore. L'edizione in lingua italiana che mi ritrovo "La Guida dei Perlessi" dii Mauro Zonta, 2005, UTET. Questo incontro tra fede religiosa ebraica e metafisica aristotelica, mi fa tornare alla mente la storia dell'ebraismo ellenista, e quello tutt'altro che marginale ed improduttivo con il mondo e il pensiero babilonese-persiano.
Leggendo il testo biblico con l’ausilio della filosofia aristotelica, Rambam desiderava illuminare sul "vero" senso delle Scritture, e indicare im metodo che era per lui "la 'vera' maniera di studiare la Torah". Fu un grande filosofo, ed innovatore. Occorre tuttavia fare una premessa doverosa ai cristiani che si s'approcciano alla letteratura maimonidea: ritenere che un maestro, ed uno solo, abbia le chiavi ermeneutiche della Scrittura è un atteggiamento assai lontano dall'Ebraismo. Nel post che hai inoltrato sono stati presi in considerazione i termini ruach e nefesh, ma esiste anche il termine neshamàh quale sinonimo di anima; tutti andrebbero studiati e compresi all'interno di una trattazione di più ampio respiro che dovrebbe includere i trattati talmudici, le elaborazioni dei filosofi ebrei di diverso orientamento e l'apporto della mistica ebraica. Ne verrebbe fuori certamente un quadro forse poco sistematico ma certamente più ricco e vario.
18/02/2009 18:04
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.649
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Re: A Topsy
berescitte, 17/02/2009 23.01:



Già ma il geovismo invece pretende che la Torah (diciamo meglio, la Bibbia in genere) ci insegnerebbe con precisione che l’uomo è un’anima comprendendo in questo concetto, usato e equivocamente giacché oggi nessuno pensa questo, anche il corpo. Mentre la cultura moderna (filosofica giacché è competenza della filosofia stabilire di cosa si compone essenzialmente l’uomo) dice che l’uomo è un composto di anima e corpo.


Ma "l'ebraismo" non è il "geovismo", ne si presenta come il prodotto di un lungo e travagliato processo di speculazione filosofica sulla componente essenziale dell'uomo, ne il prodotto finale dei resoconti della filosofia moderna. Per quanto sia di vitale importanza venire a contatto delle culture non ebraiche, il tentativo di trovare una sintesi tra il pensiero profetico e la metafisica greca, per quanto auspicabile possa essere in una situazione storica particolare, non è necessariamente valido "sub specie aeternitatis". La nostra percezione intellettuale situata al momento tra Atene e Gerusalemme non è quella definitiva. Potrebbe crearsi un giorno una situazione che ci collochi tra il fiume Giordano e il Gange, e il problema suscitato da tale incontro sarebbe differente da quello a cui fu esposto il pensiero ebraico (e successivamente quello cristiano), quando venne a contatto con la filosofia greca.







E' una diversa veduta certo, ma non sta sul piano delle libere opinioni perché la veduta cattolica (che, ripeto, non è di loro in forza della fede ma della filosofia che in questo caso fa da ancilla theologiae)è supportata da un ragionamento dimostrativo. E pertanto non la si può negare gratuitamente. Se si vuole lo si deve fare destituendo di valore la dimostrazione con tanto di controargomentazione che ne dimostri la non validità.
Come ho già detto, su questa faccenda, non si etichetta una concezione “solo perché non coincidente con quello cattolico” lo si fa perché non coincidente con la realtà delle cose. Che l’uomo sia un composto di anima e corpo non è mica un dogma cattolico. E’ una verità di ordine filosofico che la Chiesa ha accolto perché l’ha ritenuta provata.


Quando il politeismo era la regola, il pensiero greco lo fece coincidere con la realtà delle cose e non sembrava affatto irragionevole. La speculazione prende avvio dai concetti, la religione ebraica dagli eventi. La dogmatica cattolica e le verità di ordine filosofico possono trovare notevoli punti di contatto tra loro, e chi lo nega? La stessa civiltà ebraica è entrato in contatto con altre categorie di pensiero, da cui ha tratto profitto.

Tuttavia la vita religiosa ebraica, non è affidata alla speculazione intellettuale astratta delle idee, ma ad eventi e intuizioni, a qualcosa che accade nel tempo. Israele e la Grecia hanno operato entro categorie concettuali diverse, strutture mentali e forme di orientamento dissimili, e in maniera diversa hanno combinato e messo in relazione intuizioni e percezioni in un unico telaio di pensieri.

Heschel scriveva un tempo come, allorchè osserviamo le cose noi scorgiamo o le caratteristiche che esse hanno in "comune" o quelle che le "contraddistinguono". Vi sono periodi nella storia del pensiero in cui è più svillupata la sensibilità per il "comune" e "l'universale", e ve ne sono invece altri in cui è particolarmente viva la sensibilità per il distinto e il caratteristico.
La mente di Filone ad esempio, si muoveva per una via che evitava il particolare e il diverso, tanto nell'ebraismo come nell'ellenismo. Secondo lui esprimevano lo stesso messaggio, e quello che gli era noto attraverso i culti ellenici, egli supponeva fosse identica alla condizione in cui i profeti ricevettero la rivelazione. Seguendo il suo esempio, molti pensatori si interessarono sopratutto di mettere in luce gli elementi comuni alla ragione e alla rivelazione e vollero rendere uguale quanto in esse era diverso. Questi non vollero o non riuscirono a vedere la peculiare singolarità di ciascun sistema di pensiero: conformare, livellare, appiattire, standarizzare, in nome dell'universalità.








La concezione dell’uomo. Alla luce della filosofia antropologica, cioè non di un insegnamento d’autorità ma di un insegnamento di razionalità, dimostrativo.

Questa della condizione dopo la morte verrà di conseguenza, accogliendo la dimostrazione che nell’uomo c’è una entità immateriale (o spirituale) che come tale non è disgregabile come il corpo.


Quali certezze? In realtà, nessuno di noi qui presente conosce cosa accadrà esattamente alla nostra morte. In primo luogo dovremo avere almeno l’umiltà e l’onestà intellettuale di ammetterlo.
Potremo tutt’al più solo riconoscere come ci abbiano sedotto tutta una serie di rispettabilissime e ragionevoli ipotesi sulla composizione dell’essere umano e la destinazione post mortem dell’anima, oppure il contenuto di fede di una antica tradizione religiosa in cui ci riconosciamo. Dall’antropologia filosofica a quella teologica ed infine a quella cristiana, ognuno può sentirsi più o meno coinvolto da queste affascinanti materie, ma …la verità è che nessuno di noi ha fatto esperienza diretta della morte. Dinnanzi a questo “mistero” , il Dio biblico per mezzo dei profeti non ha dissolto il grande interrogativo dell’umanità, anzi, sembrerebbe averlo intenzionalmente lasciato fuori dalla "rivelazione". Poche tracce, scarsamente decifrabili…ma un insegnamento fondamentale: santifica la vita, "questa vita", attraverso le leggi che Io oggi ti comando.







Assolutamente no! Noi (immagino anche tu) non correggiamo la cosmologia biblica esposta in Genesi “solo perché il cristianesimo…” ma perché è sbagliata. E questa correzione la si fa alla luce della scienza. Il cristianesimo (e non solo lui), in relazione alla composizione dell’uomo, corregge la veduta imprecisa unitaria biblica che non si è mai posto il problema di indagare sulla antropologia, ed ha accolto quella giusta, ricavata dalla filosofia. E' certo che l'uomo è fatto di anima (intesa in senso moderno, come principio spirituale che gli permette di intelligere e volere) e corpo. Secondo il concetto di "anima" raffazonato del geovismo (e tanto peggio per gli ebrei di allora se anche loro la pensavano così) l'anima dell'uomo, essendo solo una forza vitale, non si distingue da quella delle bestie. Non spiegando però come mai le bestie non ragionano.


Mi ero già espressa su questo: la Torah non costituisce un documento storico nel senso moderno del termine, ne come trattato di scienze naturali, un compendio di medicina, o di astrofisica e cosmologia. Per cui anche qualora la moderna ricerca scientifica sembrerebbe contraddire una qualche affermazione biblica connessa in qualche maniera a queste materie, il suo messaggio religioso di fondo non ne verrebbe in alcun modo intaccato.
Ad esempio il netto dualismo tra spirito e materia dei filosofi difficilmente si concilia con quanto trasmesso dagli autori della Bibbia ebraica, e dai rabbini del Talmud, che non ammettono distinzioni così rigide. Eppure, nonostante l’ebraismo concepisca l’uomo come realtà unitaria, lo spirito dell’uomo alla sua morte secondo il suo insegnamento torna a Dio, che lo restituirà al momento della resurrezione. In che modo questo avvenga, la Torah non lo esplicita, su tali particolari gli autori biblici hanno sorvolato, preferendo il silenzio, rammentandoci che: ” E’ gloria di Dio nascondere le cose, grande quel re che indaga e scopre” (Proverbi 25,2) tuttavia “Signore, il mio cuore non ha pretese, non è superbo il mio sguardo, non desidero cose grandi superiori alle mie forze: io resto tranquillo e sereno. Come un bimbo in braccio a sua madre è quieto il mio cuore dentro di me” (Salmi 131:1-2).
Ovvero, questo é stato rivelato: la resurrezione. Attaccati fortemente a Dio, ed abbi fiducia, non ti deluderà. Quindi torno a chiedermi: cosa dovremmo correggere?

[Modificato da Topsy 19/02/2009 03:04]
18/02/2009 20:00
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 35
Registrato il: 23/01/2009
Utente Junior
OFFLINE
PRIMO GAME

Ciao berescitte,

era ormai da moltissimo tempo che non giocavo più a “tennis” con un bravo maestro “professional” iscritto all’albo.

Solitamente i miei interlocutori rispondono utilizzando pochi colpi fondamentali. Giocare con un maestro del tuo calibro è veramente molto impegnativo e difficile, ma è certamente molto più appassionante e istruttivo.

BOTTA
Non è intesa in senso dualistico (come nel credo buddista la tazza e il te che essa contiene, che sono due sostanze). L’anima e il corpo, la filosofia del realismo le concepisce come comprincìpi fusi in un’unica sostanza ma che rimangono ben distinti. E’ solo dopo la morte che l’anima vive di vita autonoma perché entità spirituale non soggetta alla disgregabilità.

LA MIA RISPOSTA
La tua è stata una demi-volée del tutto inaspettata sul mio servizio iniziale. Ti rispondo con un tentativo di passante lungolinea. Dato il mio scetticismo in materia di trascendenza, ritengo difficilmente dimostrabile sul piano empirico l’autonomia e la sopravvivenza di una componente “spirituale” dell’essere quando cessa l’esistenza della sua componente materiale, ovvero il corpo. Tra le mie letture, non più recenti, ricordo l’analisi dell’etologo Danilo Mainardi - “L’animale irrazionale” – relativa al particolare atteggiamento dell'essere umano di credere in qualcosa la cui esistenza non è dimostrata o non è dimostrabile dalla ragione (superstizioni, rituali, miracoli, astrologia, fede religiosa, vita dopo la morte). Secondo Mainardi nelle varie fasi evolutive della nostra specie abbiamo sviluppato le capacità razionali che ci contraddistinguono, ma contemporaneamente abbiamo sviluppato anche la particolare capacità irrazionale di “mettere momentaneamente in soffitta la ragione per attingere alla fede”.

BOTTA
E invece, io ritengo che sia suo specifico ambito. Per questo non accetto che la visuale “laica” si possa ritenere in diritto di relegare in sacrestia la visuale antropologica cristiana. Essa non deriva primieramente dalla fede, ma dalla filosofia che, ancilla theologiae, ha il dovere di fare da fondamento al castello della fede rivelata “dimostrando” razionalmente almeno gli ingredienti che strutturano il discorso religioso e che sono: 1) il valore reale della conoscenza; 2) l’esistenza di Dio con almeno le note fondamentali di Creatore-Ordinatore e remuneratolre; 3) la spiritualità (da cui consegue l’immortalità) dell’anima; 4) l’esistenza non prodotta da noi stessi della legge morale, ovvero la capacità di distinguere ciò che è eticamente bene e ciò che è male.
Su questo non solo l’uomo può, ma deve basare la sua religiosità naturale rapportandosi con l’Onnipotente. Poi viene il fenomeno della rivelazione di Dio nella storia e ci sono altre basi per “reggere” il castello della nuova religiosità.

LA MIA RISPOSTA
Mi hai trovato sotto rete e hai tentato un passante incrociato, palla molto bassa in modo da rendermi la risposta particolarmente complessa. Cercherò di essere reattivo e sintetico… Philosophia ancilla theologiae, è un legame “interdisciplinare” che si rivelato molto spesso burrascoso, antico oggetto del dibattito scientifico. Tralasciando la disputa “utrum doctrina sacra sit scientia?” ritengo interessanti gli ingredienti da te citati che tendono a strutturare il “fondamento al castello della fede rivelata”, anche se riterrei necessario un contraddittorio in merito alla possibilità di una dimostrazione razionale.

BOTTA
Russell è un personaggio tra i più simpatici e stimati da me (come anche Nietzsche e chiunque esprima con la debita coerenza una visuale atea della conoscenza (cioè escludente Dio). E tuttavia penso che non sia difficile dimostrare che quello formulato da lui sia un concetto di verità a proprio uso e consumo. Io quando parlo di verità sto a quanto intende l’uomo della strada e che si trova in qualsiasi vocabolario, cioè alla qualità del giudizio, espresso dalla mente, sulla realtà. Sarà vero il giudizio che coglie la realtà delle cose e falso quello che non la coglie o la deforma. La verità cioè non esiste fuori della mente. Fuori della mente esiste la realtà. Sono vere o false solo le affermazioni. Il gioello “falso” è un modo di dire che sta per “non autentico”.

LA MIA RISPOSTA
Questo è un bel tentativo di pallonetto, hai cercato di rilanciarmi la “palla Russel” molto in alto per farla rimbalzare alle mie spalle. Tento un recupero in difesa citando Hegel: “la verità in filosofia significa che un concetto e la realtà concreta corrispondono”. Per chiarezza di termini, intendo la realtà come “realitas” l'individuazione ultima e concreta dell’ente, contrapposta ad “abstracta” ovvero ciò che l'intelletto crede circa la verità della cosa. Non vorrei però palleggiare troppo sull’argomento dato che la nostra partita potrebbe spostarsi su un pericoloso e imprevedibile campo in “erbetta” - quello relativo al problema ontologico - che metterebbe a dura prova le nostre ginocchia e farebbe venire il “latte alle ginocchia” a chi ci sta leggendo. Proprio per questo preferisco continuare a giocare sul campo filosofico in “terra battuta” o meglio in “terra di nessuno” tanto caro al buon Russel, considerando la verità ambito della teologia.

Le regole del tennis non permetterebbero sospensioni per consentire ad un giocatore di riprendere forza o fiato, ma dato che in questo periodo sono alquanto fuori allenamento, caro maestro, ti chiedo una pausa di riflessione.

[SM=x570894]

A presto,
196
[Modificato da ghematriah196 18/02/2009 20:01]
19/02/2009 12:36
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 644
Registrato il: 09/07/2004
Utente Senior
OFFLINE
ciao Ghematriah196,

perdonami una breve fuoriuscita dal tema;
visto il nome che ti sei scelto, hai forse qualche interesse verso lo studio numerologico delle parole in lingua ebraica?
Qualche tempo fa avevo letto qualcosa sull'argomento ed avevo trovato tra le altre cose, una curiosa coincidenza che riguarda anche il nostro Berescitte: sembra infatti che, secondo la ghematriah, dividendo il valore numerico della prima parola del primo verso della Torah "bereshit" (da cui Berescitte), che avrebbe un valore numerico pari a 913, con il valore numerico dell'ultima parola "eretz" (valore 291) si otterrebbe il pi greco, 3,14; che si ottiene anche dalle ultime tre lettere della stessa parola bereshit, Shin = 3, Yud=1 e Tav=4. [SM=x570872]
Solo una curiosità, chiusa la parentesi
Sandro

------------------
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia (Matteo 5,11)
19/02/2009 13:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 36
Registrato il: 23/01/2009
Utente Junior
OFFLINE
Pi greco e ghematriah
peraskov, 19/02/2009 12.36:


visto il nome che ti sei scelto, hai forse qualche interesse verso lo studio numerologico delle parole in lingua ebraica?
Qualche tempo fa avevo letto qualcosa sull'argomento ed avevo trovato tra le altre cose, una curiosa coincidenza che riguarda anche il nostro Berescitte: sembra infatti che, secondo la ghematriah, dividendo il valore numerico della prima parola del primo verso della Torah "bereshit" (da cui Berescitte), che avrebbe un valore numerico pari a 913, con il valore numerico dell'ultima parola "eretz" (valore 291) si otterrebbe il pi greco, 3,14; che si ottiene anche dalle ultime tre lettere della stessa parola bereshit, Shin = 3, Yud=1 e Tav=4.



Ciao peraskov,

l’idea del mio nickname è nata dalla lettura del libro “L’Apocalisse” di Piero Stefani, in particolare dall’approfondimento relativo al “numero della bestia” 666.

L’interpretazione più accreditata dagli storici biblici è che il numero non sia da intendersi come una sequenza “sei-sei-sei” (vedi l’interpretazione dei TdG) ma piuttosto come una ghematriah, ovvero il numero “seicentosessantasei” codifichi un nome, che chi ha intelligenza avrebbe potuto “calcolare”.

Da questo concetto è nata l’idea di codificare il mio nome con una ghematriah, idea avvalorata da un significato rabbinico molto particolare che viene attribuito a questo strumento interpretativo. Il trattato dei “Pirkei Avot” (i detti dei padri o etica dei padri) definisce la ghematriah come “l’aperitivo della sapienza”.

Centonovantasei assume quindi un doppio significato, è la codifica nascosta del mio nome reale e rappresenta il mio desiderio di condividere “l’aperitivo della sapienza”, o meglio di poter approfondire la mia conoscenza.

In merito alla ghematriah di “Bereshit” ho trovato anch’io alcuni documenti in merito alla relazione tra la Torah e il numero “pi greco”, ma sono a mio parere una grossolana forzatura.

Ritengo che “pi greco” sia un numero “trascendente” esclusivamente in termini matematici, ovvero un numero irrazionale non algebrico, ma non possieda un significato “trascendente” in altri termini.

Considera che l’approssimazione 3,1416… ha origine in Grecia nel III secolo a.C. mentre i vicini di casa degli ebrei, i Babilonesi e gli Egizi utilizzavano approssimazioni molto diverse.

Saluti,
196
[Modificato da ghematriah196 19/02/2009 14:53]
19/02/2009 17:20
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 6.371
Registrato il: 13/07/2004
Utente Master
OFFLINE
A Topsy

Che dice
>Ma "l'ebraismo" non è il "geovismo", ne si presenta come il prodotto di un lungo e travagliato processo di speculazione filosofica sulla componente essenziale dell'uomo, ne il prodotto finale dei resoconti della filosofia moderna.

RISPONDO
Beh, nel contesto di questo forum io sono interessato all’uno e all’altro. Al geovismo perché parla equivocamente di “anima” e all’ebraismo perché, diversamente da come pretende il geovismo, non ci ha mai insegnato nulla sull’anima (e dicendo anima intendo riferirmi al concetto moderno, perché è questo che è equivocato).
Che poi l’ebraismo (antico-biblico, perché il pensiero di quello moderno non lo conosco) rimanga in una sorta di limbo non riuscendo a fare chiarezza sull’anima, così come se ne è fatta in seguito, nella cultura mondiale, aiutati dalla speculazione ellenica, è motivo, per me, di preferire lo sviluppo ulteriore al livello nebuloso che troviamo nella Bibbia (ebraica soprattutto, perché nel NT la nebbia si dirada di molto, anche se il concetto di psychè è ancora inteso in gran parte come quello di nèphes).

E ancora
>la verità è che nessuno di noi ha fatto esperienza diretta della morte

RISPONDO
Io sostengo che l’esperienza diretta non è il solo modo di acquisire conoscenza, e conoscenza certa, della realtà. Esiste anche la conoscenza deduttiva che, dati certi fenomeni, riesce a individuare con assoluta esattezza la causa che li ha prodotti, senza farne mai diretta esperienza. Ed è questo il metodo (filosofico) che dai fenomeni spirituali prodotti dall’uomo ricava la spiritualità dell’entità che li produce, entità che non può essere il cervello.
Quanto al dopo morte, sarà vero che sappiamo poco, ma quanto al discorso della mortalità-immortalità dell’anima (che è la sola verità di cui ci stiamo occupando ma di assoluto interesse) sappiamo quanto basta per essere certi che, pur non conoscendo il modo, continueremo ad essere (verità filosofica e poi anche rivelata) e non al modo impersonale del nirvana; e che saremo risuscitati e trasformati in anima e corpo (verità rivelata).

E ancora
>Ad esempio il netto dualismo tra spirito e materia dei filosofi difficilmente si concilia con quanto trasmesso dagli autori della Bibbia ebraica, e dai rabbini del Talmud, che non ammettono distinzioni così rigide

RISPONDO
E’ un po’ difficile sostenere (sia scientificamente sia filosoficamente) che ci sia una situazione intermedia tra spirito e materia-energia. Perciò la composizione umana come anima e corpo, da cui la definizione dell’uomo come “animale ragionante, o spirito incarnato” non è rifiutabile che gratuitamente. E comunque voglio precisare che parlando di filosofia e di concezione filosofica io non intendo dire che ho sposato in toto quella di Platone o Aristotele (che non posso giurare di aver colto così come era nella loro mente, dato e non ammesso che fosse una idea ben chiara). Io mi riferisco alla concezione che la filosofia del realismo (coltivata da S. Tommaso e ancora insuperata) ha sintetizzato fino ai nostri giorni. E questo lo dico anche se alcune deduzioni della filosofia tomista sono superate perché dipendenti da dati di una fenomenologia empirica oggi superata.
E ritengo anche che se esistono, come esistono, altre filosofie e concezioni empiriche di considerare l’uomo, non si può porre questa e quelle su uno stesso piano relativizzandole, ma che si può fare un discernimento di valore ritenendo quelle insufficienti e/o false e questa vera, cioè corrispondente alla realtà dell’essere delle cose. Ma non è certo questo il luogo di affrontare la giustificazione teoretica di tale assunto.
Pax!
----------------------
est modus in rebus
19/02/2009 17:43
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 6.372
Registrato il: 13/07/2004
Utente Master
OFFLINE
Re: PRIMO GAME
ghematriah196, 18/02/2009 20.00:


Ciao berescitte,
... Tra le mie letture, non più recenti, ricordo l’analisi dell’etologo Danilo Mainardi - “L’animale irrazionale” – relativa al particolare atteggiamento dell'essere umano di credere in qualcosa la cui esistenza non è dimostrata o non è dimostrabile dalla ragione (superstizioni, rituali, miracoli, astrologia, fede religiosa, vita dopo la morte). Secondo Mainardi nelle varie fasi evolutive della nostra specie abbiamo sviluppato le capacità razionali che ci contraddistinguono, ma contemporaneamente abbiamo sviluppato anche la particolare capacità irrazionale di “mettere momentaneamente in soffitta la ragione per attingere alla fede”.

Le regole del tennis non permetterebbero sospensioni per consentire ad un giocatore di riprendere forza o fiato, ma dato che in questo periodo sono alquanto fuori allenamento, caro maestro, ti chiedo una pausa di riflessione.

[SM=x570894]

A presto,
196



Te la concedo molto volentieri. Anch'io sono del parere che nel forum si dovrebbero trattare solo argomenti che tirano l'interesse di vari foristi. Dico solo qualcosa sull'etologo da te citato.

Ma Mainardi, insieme a Piero Angela, non sono filosofi. La loro competenza in merito all’antropologia filosofica la riconosceremo solo quando capiranno che il pensiero non è un essudato del cervello, ovvero quando si porranno degli interrogativi sull’essere che deve esserci come produttore di determinati fenomeni. Ovvero una tale specie di essere che non sia in contraddizione con il principio razionale (evidente) di “ragione sufficiente” o “principio di coerenza” come qualcuno lo chiama oggi; cioè quando si metteranno alla ricerca di un essere che sia adeguato a produrre quei determinati fenomeni che chiamiamo facoltà astrattiva della intelligibilità del reale cioè concettualizzazione universale, pensiero, ideazione, ragionamento logico, creatività artistica, volizione, humour, e perfino menzogna (cosa che il robot non sa fare). Oggi grazie al personalismo diffuso, abbiamo anche pensatori laici che si stanno convincendo che l'uomo è qualcosa di più che la somma dei suoi componenti analizzabili sperimentalmente.

Se Mainardi, compagno di banco di Piero Angela definisce "pensiero" dei movimenti di elettroni o modificazioni chimiche che avvengono nella materia grigia, allora siamo molto lontani da avere delle basi per fare filosofia. Il pensiero è intellezione, comprensione di significati, roba che esula appunto dalla materia e dall'energia che hanno dei caratteri ben precisi in relazione alla quantità alla collocazione nello spazio, alla qualità, alla misurabilità e a quant'altro caratterizza la materia e l'energia.
Io so che avevo un cagnetto, e che un giorno aveva deciso di far entrare dentro di sé un testo di teologia, ma l’unico modo che ha ideato (questa bestia che secondo Mainardi è molto “intelligente”) è stato quello di prenderlo a morsi.
Ciao
----------------------
est modus in rebus
19/02/2009 22:21
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.652
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Per berescitte:



Che poi l’ebraismo (antico-biblico, perché il pensiero di quello moderno non lo conosco) rimanga in una sorta di limbo non riuscendo a fare chiarezza sull’anima, così come se ne è fatta in seguito, nella cultura mondiale, aiutati dalla speculazione ellenica, è motivo, per me, di preferire lo sviluppo ulteriore al livello nebuloso che troviamo nella Bibbia (ebraica soprattutto, perché nel NT la nebbia si dirada di molto, anche se il concetto di psychè è ancora inteso in gran parte come quello di nèphes).


Preferenze personali, dici bene. Una questione di gusti, e quelli non si discutono.
Tutto ciò che la cultura mondiale o la speculazione filosofica interplanetaria tenti di spiegare , non ha modificato di un millimetro la constatazione che la morte resta il grande punto interrogativo della vita di ogni individuo. La vita dopo la morte, o, come anche si dice, la “vita oltre la vita”, è assolutamente indimostrata e indimostrabile. Lo Sheol resta anche per l’ebraismo il luogo della “domanda”.

A chi pretende di comprendere la condizione post mortem dell’uomo, o le componenti essenziali dell’uomo ( corpo, ruach, nefesh, yechidà neshamà, ect), la Bibbia Ebraica non dà approfonditi chiarimenti, alla stesso modo come non la dà il Vangelo, al cristiano che pretende di comprendere esattamente il mistero della Santissima Trinità, il Mistero dell’Eucarestia, o la divina maternità di Maria, certamente non facili da comprendere con la sola intelligenza umana.
Nella sua OMELIA - Basilica Vaticana - Martedì, 1° gennaio 2008, Benedetto XVI diceva a proposito della divina maternità di Maria, che si può cogliere con il cuore, quello che gli occhi e la mente non riescono da soli a percepire, ne possono contenere. Si tratta difatti di un dono così grande che solo nella fede ci è dato accogliere pur senza “tutto comprendere”.







Io sostengo che l’esperienza diretta non è il solo modo di acquisire conoscenza, e conoscenza certa, della realtà. Esiste anche la conoscenza deduttiva che, dati certi fenomeni, riesce a individuare con assoluta esattezza la causa che li ha prodotti, senza farne mai diretta esperienza. Ed è questo il metodo (filosofico) che dai fenomeni spirituali prodotti dall’uomo ricava la spiritualità dell’entità che li produce, entità che non può essere il cervello.


Ammiro la tua sicurezza :-)







E’ un po’ difficile sostenere (sia scientificamente sia filosoficamente) che ci sia una situazione intermedia tra spirito e materia-energia. Perciò la composizione umana come anima e corpo, da cui la definizione dell’uomo come “animale ragionante, o spirito incarnato” non è rifiutabile che gratuitamente. E comunque voglio precisare che parlando di filosofia e di concezione filosofica io non intendo dire che ho sposato in toto quella di Platone o Aristotele (che non posso giurare di aver colto così come era nella loro mente, dato e non ammesso che fosse una idea ben chiara). Io mi riferisco alla concezione che la filosofia del realismo (coltivata da S. Tommaso e ancora insuperata) ha sintetizzato fino ai nostri giorni. E questo lo dico anche se alcune deduzioni della filosofia tomista sono superate perché dipendenti da dati di una fenomenologia empirica oggi superata.
E ritengo anche che se esistono, come esistono, altre filosofie e concezioni empiriche di considerare l’uomo, non si può porre questa e quelle su uno stesso piano relativizzandole, ma che si può fare un discernimento di valore ritenendo quelle insufficienti e/o false e questa vera, cioè corrispondente alla realtà dell’essere delle cose. Ma non è certo questo il luogo di affrontare la giustificazione teoretica di tale assunto.


Sai, leggendoti mi è venuta alla mente un’intervista a Remo Bodei il quale annotava come, non è che un filosofo che si interessa di amore o di passioni può fare la Donna Letizia - che era una signora che consigliava alle lettrici come si dovevano comportare. Per quello ci sono le esperte dei giornali femminili. E nemmeno è un confessore che dà assoluzioni, oppure un matematico che dimostra teoremi. La filosofia non dimostra niente. Un grande matematico del Seicento, Roberval, andò a teatro a vedere una tragedia di Molière. Ne uscì tutto sconsolato dicendo: "Non ho capito che cosa voleva dimostrare". Ecco: una tragedia, come un'opera di filosofia, non vuol dimostrare. È come la musica. La filosofia deve essere rigore e nello stesso tempo anche pathos: deve coinvolgerci, ma non deve semplicemente darci la "soluzione" bella e fatta. La filosofia è "ricerca".
Ma nella nostra vita c'è poco di certo, e si deve contentare del fatto che anche nel campo scientifico mancano certezze definitive. Per esempio i matematici dicono oggi che la matematica non ha quelle certezze assolute che noi pensiamo, che esiste, nella matematica, una sorta di costruzione la quale è, in sostanza, il risultato del nostro metterci d'accordo su determinati concetti che valgono solo dentro quella data matematica particolare. Fuori di quegli accordi non abbiamo più certezza. È lo stesso nel campo della fisica.

Quindi cerchiamo di vivere con un orizzonte sempre più ampio, ma sapendo che esso può essere sempre oltrepassato.


Mi permetto due brevi considerazioni:
1. Uomo come realtà unitaria. Un dualismo tra spirito e materia che non ammette distinzioni così rigide come quelle dei filosofi classici. Nonostante tutta la stima che abbiamo per la ragione umana, alcuni presupposti basilari dell’ebraismo non possono essere completamente giustificati in termini di ragione umana. E’ ciò che ha significato in religione non lo ha necessariamente in filosofia e viceversa.
Come penetrare razionalmente il mistero della Santissima Trinità? Un Dio Uno e Trino, Unità e Trinità, inspiegabile da un punto di vista razionale, filosofico, scientifico, in maniera chiara e distinta, razionale ed esaustiva. Non a caso i tdg non l’accolgano, troppo nebulosa, e non a caso si tratta di un “mistero”.

2. Non è raro che i filosofi hanno scambiato la non conformità della religione (ebraica, in questo caso) per immaturità filosofica. E non potrebbe escludersi che vi siano delle intuizioni dello spirito (l’intuizione profetica) quali la ragione previene tardi, troppo tardi, dopo averle respinte.
E anche in questo caso mi tornano alla memoria le parole di Remo Bodei:”Il corpo è ciò che pone l’uomo in contatto con il mondo. Vorrei ribadire che, secondo la filosofia contemporanea, l’uomo non ha un corpo, ma è un corpo. Seguendo questa concezione, corpo ed anima non sono separati. Pure ammettendo che tale separazione ci sia, il corpo può fungere da veicolo per la crescita e per la grandezza dell’anima...”

19/02/2009 23:22
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.357
Registrato il: 23/01/2006
Utente Master
OFFLINE

Tento un recupero in difesa citando Hegel: “la verità in filosofia significa che un concetto e la realtà concreta corrispondono”.



Come faceva egregiamente notare Sovia Vanni Rovighi in un suo ormai classico saggio sulla Filosofia della Conoscenza, il problema sta nel fatto che gran parte del pensiero post-cartesiano “vive” sul presupposto (portato alle sue estreme conseguenze dagli empiristi inglesi e, successivamente, da Kant) che noi non conosciamo cose, ma idee. Vale a dire che noi conosciamo solo l'interno della nostra mente (per citare l'incipit di un famoso saggio divulgativo di T. Nagel). Come hanno però egregiamente dimostrato i filosofi realisti sin dai tempi di E. Gilson, questo è un falso presupposto che sfocia in una contraddizione quando portato alle sue estreme conseguenze (a meno che, come per primo intuì Fichte, seguito poi da quel Hegel da te citato, non si opti per un ancora più contraddittorio idealismo assoluto in cui non c'è distinzione tra realtà e pensiero e la realtà tutta si risolve nel pensiero). Su questo tema rimando al breve, ma intensissimo saggio di A. Livi, Il principio di coerenza.
Ci sarebbe poi da fare tutto un discorso sull'atomismo gnoseologico (ed ontologico) che soggiace alle speculazioni di tanti che, come il da te citato Russel, si rifanno ad una prospettiva realista, la quale, però, si morde la coda negando il primum cognitum nella sua più schietta datità a favore di un esplicito o implicito fisicalismo.
Tutto questo per dire che non si può ovviamente accettare l'idea che l'immortalità dell'anima sia filosoficamente dimostrabile se non si accetta il fatto che la filosofia possa dimostrare (a modo suo) qualcosa e che gli atti del pensiero non sono un semplice epifenomeno delle dinamiche elettriche del nostro cervello (e peratanto non sono risolvibili in queste), ma un qualcosa di reale e concreto tanto quanto lo stesso cervello.
[Modificato da Trianello 20/02/2009 00:06]

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

20/02/2009 00:26
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.360
Registrato il: 23/01/2006
Utente Master
OFFLINE
Topsy ha scritto:


1. Uomo come realtà unitaria. Un dualismo tra spirito e materia che non ammette distinzioni così rigide come quelle dei filosofi classici.



Uhm... anche la filosofia cristiana e, in particolare, quella tomista considera l'uomo come un'unità, in quanto non si basa su una concezione dualista dell'anima, ma su una concezione duale della medesima (che non è propriamente la stessa cosa). Secondo la dottrina scolastica, infatti, l'anima è in quanto in-foma un determinato corpo e sopravvive alla morte del corpo fisico perché dotata di facoltà e di attività (la sostanzialità dell'anima, infatti, è connessa alla sua attività) che non sono dipendenti in senso stretto dalla materia, vale a dire dalla spazialità e dalla temporalità.


Come penetrare razionalmente il mistero della Santissima Trinità? Un Dio Uno e Trino, Unità e Trinità, inspiegabile da un punto di vista razionale, filosofico, scientifico, in maniera chiara e distinta, razionale ed esaustiva. Non a caso i tdg non l’accolgano, troppo nebulosa, e non a caso si tratta di un “mistero”.



La Trinità è mistero, ma non nebulosità ed incoerenza. Non c'è nulla di incoerente nella dottrina trinitaria, per cui, nella misura in cui ci è stata rivelata, questa è intellegibile, per quanto rimandante ad un mistero inesauribile e, pertanto, all'incomprensibile in senso stretto.


E anche in questo caso mi tornano alla memoria le parole di Remo Bodei:”Il corpo è ciò che pone l’uomo in contatto con il mondo. Vorrei ribadire che, secondo la filosofia contemporanea, l’uomo non ha un corpo, ma è un corpo. Seguendo questa concezione, corpo ed anima non sono separati. Pure ammettendo che tale separazione ci sia, il corpo può fungere da veicolo per la crescita e per la grandezza dell’anima...



La questione è che quando i filosofi moderni pensano al concetto di “anima” hanno in mente il concetto cartesiano della medesima, concetto che non ha nulla a che vedere, tra gli altri, con quello tomista (che è poi quello fatto proprio dal Magistero Cattolico). Ad esempio, l'ultima frase di queste citazione è perfettamente coerente con l'antropologia tomista e ne è, anzi, una sua conseguenza. Fermo restando che per il tomismo l'uomo è un corpo in quanto è anche un'anima (che di quel corpo è forma sostanziale).

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

20/02/2009 05:52
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.653
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Re:
Trianello, 20/02/2009 0.26:


La Trinità è mistero, ma non nebulosità ed incoerenza. Non c'è nulla di incoerente nella dottrina trinitaria, per cui, nella misura in cui ci è stata rivelata, questa è intellegibile, per quanto rimandante ad un mistero inesauribile e, pertanto, all'incomprensibile in senso stretto.


La sua "coerenza" non nasce da un confronto con verità di ordine filosofico, ma di ordine teologico. Questo proprio perchè tale dottrina non è conoscibile attraverso la ragione umana o la speculazione filosofica. Per la stessa formulazione del dogma la Chiesa ha dovuto sviluppare una terminologia "propria" ricorrendo a nozioni di origine filosofica, dando tuttavia un significato "nuovo", "insolito" a termini filosofici assunti a significare anche un mistero inesprimibile, "infinitamente al di là di tutto ciò che possiamo concepire a misura d'uomo ".
E' nebulosa per chiunque cerchi di comprenderne il mistero, e non la sua formulazione dogmatica.

La Bibbia ebraica, non si occupa dell’essere in quanto essere, ma dell’essere in quanto creazione. Il suo interesse non è nell’ontologia o nella metafisica ma nella storia o nella metastoria. L'ebraismo a differenza del cristianesimo non si presenta come un sistema sistema di verità di fede organico, omogeneo, sistematico logicamente sequenziale sull'essenza e la natura della divinità, dell'uomo e dell'anima immortale, o dell'Aldilà.
E non lo è neppure la Torah.
I profeti e gli autori biblici, non erano interessati a sviluppare e diffondere una verità di fede sull'anima ed una presunta vita post mortem in Paradiso, ciò era del tutto "irrilevante" ai fini della validità ed efficaccia del loro messaggio che rispondeva ad un specifico interrogativo, il quale non contemplava il come andare in Cielo, ne richiedeva una argomentazione metafisca dimostrativa circa l'esistenza dell'immortalità dell'anima.
La stessa idea della resurrezione, intesa come "vita oltre la morte", non rispondeva alla necessità di dissipare dubbi e perplessità circa la condizione post mortem dell'individuo, quanto affermare la giustizia retributiva di Dio che, premierà il giusto e castigherà il malvagio.








La questione è che quando i filosofi moderni pensano al concetto di “anima” hanno in mente il concetto cartesiano della medesima, concetto che non ha nulla a che vedere, tra gli altri, con quello tomista (che è poi quello fatto proprio dal Magistero Cattolico). Ad esempio, l'ultima frase di queste citazione è perfettamente coerente con l'antropologia tomista e ne è, anzi, una sua conseguenza. Fermo restando che per il tomismo l'uomo è un corpo in quanto è anche un'anima (che di quel corpo è forma sostanziale).


La questione è, abbiamo tramutato la "filosofia della religione" in "religione della filosofia".



20/02/2009 06:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 5.362
Registrato il: 23/01/2006
Utente Master
OFFLINE

La sua "coerenza" non nasce da un confronto con verità di ordine filosofico, ma di ordine teologico. Questo proprio perchè tale dottrina non è conoscibile attraverso la ragione umana o la speculazione filosofica. Per la stessa formulazione del dogma la Chiesa ha dovuto sviluppare una terminologia "propria" ricorrendo a nozioni di origine filosofica, dando tuttavia un significato "nuovo", "insolito" a termini filosofici assunti a significare anche un mistero inesprimibile, "infinitamente al di là di tutto ciò che possiamo concepire a misura d'uomo ".
E' nebulosa per chiunque cerchi di comprenderne il mistero, e non la sua formulazione dogmatica.



Secondo la concezione cattolica, la Rivelazione perfeziona la nostra conoscenza naturale. Ora, infatti, c'è un teologia naturale (o filosofica) che è in grado di chiarire alcune verità su Dio e sulla sua natura (personalmente ritengo, con Antonio Livi, che quella dell'esistenza di Dio sia una certezza del senso comune, per cui presupposto indispensabile di ogni coerente pensabilità dell'essere, vale a dire della realtà), alla quale si affianca quella rivelata (che S. Tommaso chiamava “scienza sacra”), fondata, appunto, sulla Rivelazione. Siccome la Rivelazione è tale in quanto è un messaggio mandato da Dio all'uomo e, pertanto, espresso in parole umane, anche i contenuti della rivelazione devono essere intellegibili e, pertanto, chiarificabili attraverso gli strumenti elaborati dalla ragione speculativa in ambito filosofico, ovviamente perfezionati dalla Rivelazione stessa (si pensi al concetto di “persona”, che è sorto in ambito speculativo al fine di rendere razionalmente gestibile la teologia trinitaria e che poi ha avuto così tanta “fortuna” in tutta la storia del pensiero occidentale fino ad oggi). Questo, ovviamente, non significa che le verità rivelate siano perfettamente comprensibili, cioè che possano essere pensate fino in fondo dalla nostra mente limitata (ma questo, comunque, vale anche per alcune verità naturali, come, ad esempio, il concetto di infinito matematico).


La questione è, abbiamo tramutato la "filosofia della religione" in "religione della filosofia".



Il problema è che molti (ed io per molto tempo sono stato tra questi) ritengono la filosofia scolastica e, nella fattispecie, quella di ispirazione tomista “superata”, ma non la hanno mai studiata veramente, pensando che le critiche che i filosofi moderni e contemporanei hanno efficacemente avanzato verso la metafisica razionalista siano valide anche per quest'ultima, il che non è assolutamente vero, invece, come una schiera sempre più nutrita di filosofi (cosiddetti neo-tomisti) hanno dimostrato e stanno dimostrando. Il fatto, per esempio, che i manuali di filosofia della mente oggi in uso nelle nostre università ignorino totalmente e sistematicamente la posizione duale tomista (che alcuni validi filosofi contemporanei, come G. Basti o J. Sanguineti, invece, hanno sviluppato in maniera coerente e perfettamente rispondente alle esigenze della disciplina così come questa è oggi intesa), la dice lunga sulla validità di certe prese di posizioni anti-metafisiche tanto in auge tra i pensatori deboli che “infestano” i dipartimenti di filosofia delle nostre università.

-------------------------------------------

Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

20/02/2009 10:30
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 6.373
Registrato il: 13/07/2004
Utente Master
OFFLINE
A Topsy
Che dice
>Ma nella nostra vita c'è poco di certo,
RISPONDO
Davvero? Io non credo che tu creda veramente a ciò che stai dicendo. In una normale enciclopedia per bambini sono contenute migliaia di certezze, che poi vengono ripetute in enciclopedie per adulti e sono inconfutabili appunto perché certificate.

Prosegue

>e [ci] si deve contentare del fatto che anche nel campo scientifico mancano certezze definitive.
RISPONDO
Quel “definitive” cambia il discorso perché si riferisce al non ancora esplorato, sia su entità nuove, sia su quelle già conosciute ma che, approfondendo gli strumenti di indagine rivelano sempre qualche novità. Questa novità che varia le cose non è però in contraddizione con ciò che si è acquisito. I principi fisici della leva, nelle sue varie forme, erano veri quando la leva era un bastone e restano tali anche nella leva che agisce all’interno di un escavatore moderno.

Esemplifica

Per esempio i matematici dicono oggi che la matematica non ha quelle certezze assolute che noi pensiamo, che esiste, nella matematica, una sorta di costruzione la quale è, in sostanza, il risultato del nostro metterci d'accordo su determinati concetti che valgono solo dentro quella data matematica particolare. Fuori di quegli accordi non abbiamo più certezza. È lo stesso nel campo della fisica.
RIBATTO
Sì, è la famosa dichiarazione della nuova matematica che due più due non fa quattro. Ma anche queste trovate rientrano nelle fantasie a cui non si crede davvero, almeno fin quando per contare le bocche da sfamare in casa e lo stipendio si continua ad usare la matematica euclidea. Nella quale i postulati non sono frutto di accordi ma sono obbligatoriamente riconosciuti validi perché veri.
Non esiste confutazione migliore delle bugie e delle fantasie che il notare il comportamento incoerente di chi afferma certe cose ma poi non adegua la sua vita a quello che dice.

Conclude
E anche in questo caso mi tornano alla memoria le parole di Remo Bodei:”Il corpo è ciò che pone l’uomo in contatto con il mondo. Vorrei ribadire che, secondo la filosofia contemporanea, l’uomo non ha un corpo, ma è un corpo. Seguendo questa concezione, corpo ed anima non sono separati. Pure ammettendo che tale separazione ci sia, il corpo può fungere da veicolo per la crescita e per la grandezza dell’anima...”
E ANCH'IO CONCLUDO
Ma questo, come ha già notato Trianello, non è in contraddizione con il dualismo anima-corpo, giacché vuole solo dire che l’uomo agisce come unità sostanziale (finché è vivo su questa terra). Cosa che ha ben espresso chi ha scritto che nell’uomo l’anima è il corpo invisibile e il corpo l’anima resa visibile. E’ questo che trasforma il bacio in qualcosa di diverso dalla semplice pressione di cellule su cellule.

Però ha anche detto
Ammiro la tua sicurezza :-)
E QUI DEVO ESPRIMERE IL MIO RAMMARICO
Io non ammiro invece questa tua ironia su cose così serie e davanti a chi le sta rimuginando da una vita. Ma te la perdono perché sei giovane. [SM=x570865]
----------------------
est modus in rebus
20/02/2009 16:49
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 37
Registrato il: 23/01/2009
Utente Junior
OFFLINE
Re:
Trianello, 19/02/2009 23.22:




Tento un recupero in difesa citando Hegel: “la verità in filosofia significa che un concetto e la realtà concreta corrispondono”.


Tutto questo per dire che non si può ovviamente accettare l'idea che l'immortalità dell'anima sia filosoficamente dimostrabile se non si accetta il fatto che la filosofia possa dimostrare (a modo suo) qualcosa e che gli atti del pensiero non sono un semplice epifenomeno delle dinamiche elettriche del nostro cervello (e peratanto non sono risolvibili in queste), ma un qualcosa di reale e concreto tanto quanto lo stesso cervello.



Ciao Trianello,

la mia citazione – provocatoria - deriva dall’affermazione di berescitte “che l’uomo sia un composto di anima e corpo non è mica un dogma cattolico. E’ una verità di ordine filosofico che la Chiesa ha accolto perché l’ha ritenuta provata.”

Ribadisco il mio pensiero, la “verità” del dualismo anima-corpo non è attinente alla filosofia ma alla religione, dove per “verità” si intende quanto è stato rivelato da un ente supremo o quanto è contenuto in un testo sacro.

La filosofia, o meglio le diverse correnti e i diversi pensieri che vengono riuniti sotto il nome di “filosofia” si occupano principalmente di indagare e di analizzare il concetto di verità e la validità e i limiti degli strumenti che permettono di indagarla e di analizzarla.

Con questo non voglio mettere in dubbio possibili "dimostrazioni filosofiche". Ritengo però il pensiero filosofico un’analisi razionale di “secondo livello” che non pretende di definire verità dogmatiche o assunti aprioristici.

Il concetto “philosophia ancilla theologiae” inoltre è limitato solo ad una parte del pensiero e delle correnti filosofiche occidentali. Trovo poco corretto voler estendere il concetto alla “filosofia” in generale, soprattutto sostenere che la filosofia contemporanea nel suo insieme abbia mai concepito e definito una “verità” del dualismo anima-corpo (erano gli apologeti cristiani che definivano la propria fede "vera filosofia").

Non credo siano utili alla discussione gli “also sprach” di verità rivelate, ma piuttosto un confronto sul terreno delle riflessioni con amore per la sapienza.

Potresti condividere qualche riflessione che dimostri come "gli atti del pensiero possono essere qualcosa di reale e concreto tanto quanto lo stesso cervello".

[SM=x570868]

Saluti,
196
[Modificato da ghematriah196 20/02/2009 17:01]
20/02/2009 18:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.654
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Re:
Trianello, 20/02/2009 6.59:



Secondo la concezione cattolica, ...
Siccome la Rivelazione è tale in quanto è un messaggio mandato da Dio all'uomo e, pertanto, espresso in parole umane, anche i contenuti della rivelazione devono essere intellegibili e, pertanto, chiarificabili attraverso gli strumenti elaborati dalla ragione speculativa in ambito filosofico, ovviamente perfezionati dalla Rivelazione stessa ...
Questo, ovviamente, non significa che le verità rivelate siano perfettamente comprensibili, cioè che possano essere pensate fino in fondo dalla nostra mente limitata (ma questo, comunque, vale anche per alcune verità naturali, come, ad esempio, il concetto di infinito matematico).



Secondo la concezione ebraica...
La Torah ha "settanta volti" (shivim panim la Torah). Ogni sua parola è come una roccia da cui scaturiscono infinite scintille. Più la si batte, più scintille scaturiscono. E' una interpretazione continua, una lettura infinita. Per l'ebraismo la parola dell'Eterno ha in se una ricchezza polisemica inesauribile che non può essere rinchiusa in un enunciato definito e necessariamente limitato dall'inadeguatezza del linguaggio umano. La Torah che parla il "linguaggio degli uomini" deve essere oggetto di un continuo lavoro di interrogazione, per farne emergere la ricchezza dei "molteplici" significati.

Laddove i fondamentalisti asseriscono che tutti gli interrogativi ultimi hanno ricevuto risposta, per quelli di noi non condividono le medesima presunzione, è questo stato di perplessità che costituisce il punto di partenza del nostro pensiero.
Dio e le sue insondabili vie sfuggono a qualsiasi nostra capacità di comprensione e possono essere quindi espresse solo per allusioni, nella poesia, nelle parabole, nei paradossi, nella narrazione, nell'allegoria, e nella mistica.

Il cristianesimo è ricorso agli strumenti elaborati dalla ragione speculativa in ambito filosofico, e la teologia dogmatica( o sistematica) ha avuto il compito di organizzare per tematiche in modo omogeneo, ordinato ed organico ciò che deduceva dalle proprie fonti. La tradizione religiosa d'Israele è ricorsa al midrash, un metodo ermeneutico e uno stile di pensiero propri della tradizione ebraica, che è quello dell' interrogazione e della narrazione.

Un passo del Cantico Rabba, riporta un breve racconto: c'era un pozzo profondo pieno di acqua e la sua acqua era fresca, dolce e buona, ma non c'era creatura che al mondo che potesse berne; sino a che non venne qualcuno che gli fece una corda, intrecciando fune su fune, canapo su canapo ed attinse da quel pozzo e bevve. Ed allora tutti cominciarono ad attingere e bere.
E' un elogio all'opera di Salomone e la sua brillante abilità nel costruire parabole, esempi, anedotti, proverbi che hanno consentito di poter attingere all'acqua viva e nascosta della Torah, rendendola accesibile, fruibile, maneggiabile.
Grazie al midrash la Torah diviene "utilizzabile" nella vita di ogni giorno, e le sue acque fresche e limpide dissetare la sete quotidiana degli uomini e delle donne.
Il midrash, rende la Torah intelligibile.



Quanto all'argomento "filosofia", preferisco lasciare alle aule e ai circoli accademici dibattere sulla validità o meno di una corrente filosofica rispetto ad un altra. Sono già troppo impegnata a studiarmi tre milleni di storia della cultura ebraica, e ho tanto ancora da completare ed approfondire!



[Modificato da Topsy 21/02/2009 04:09]
20/02/2009 19:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 357
Registrato il: 26/08/2004
Utente Senior
OFFLINE
Re: Re:
Topsy, 20/02/2009 18.18:

Trianello, 20/02/2009 6.59:



Secondo la concezione cattolica, ...
Siccome la Rivelazione è tale in quanto è un messaggio mandato da Dio all'uomo e, pertanto, espresso in parole umane, anche i contenuti della rivelazione devono essere intellegibili e, pertanto, chiarificabili attraverso gli strumenti elaborati dalla ragione speculativa in ambito filosofico, ovviamente perfezionati dalla Rivelazione stessa ...
Questo, ovviamente, non significa che le verità rivelate siano perfettamente comprensibili, cioè che possano essere pensate fino in fondo dalla nostra mente limitata (ma questo, comunque, vale anche per alcune verità naturali, come, ad esempio, il concetto di infinito matematico).



Secondo la concezione ebraica...
La Torah ha "settanta volti" (shivim panim la Torah). Ogni sua parola è come una roccia da cui scaturiscono infinite scintille. Più la si batte, più scintille scaturiscono. E' una interpretazione continua, una lettura infinita. Per l'ebraismo la parola dell'Eterno ha in se una ricchezza polisemica inesauribile che non può essere rinchiusa in un enunciato definito e necessariamente limitato dall'inadeguatezza del linguaggio umano. La Torah che parla il "linguaggio degli uomini" deve essere oggetto di un continuo lavoro di interrogazione, per farne emergere la ricchezza dei "molteplici" significati.

Laddove i fondamentalisti asseriscono che tutti gli interrogativi ultimi hanno ricevuto risposta, quelli di noi che non condividono le medesima presunzione, ed è questo stato di perplessità che costituisce il punto di partenza del nostro pensiero.
Dio e le sue insondabili vie sfuggono a qualsiasi nostra capacità di comprensione e possono essere quindi espresse solo per allusioni, nella poesia, nelle parabole, nei paradossi, nella narrazone, nell'allegoria, e nella mistica.

Il cristianesimo è ricorso agli strumenti elaborati dalla ragione speculativa in ambito filosofico, e la teologia dogmatica( o sistematica) ha avuto il compito di organizzare per tematiche in modo omogeneo, ordinato ed organico ciò che deduceva dalle proprie fonti. La tradizione religiosa d'Israele è ricorsa al midrash, un metodo ermeneutico e uno stile di pensiero propri della tradizione ebraica, che è quello dell' interrogazione e della narrazione.

Un passo del Cantico Rabba, riporta un breve racconto: c'era un pozzo profondo pieno di acqua e la sua acqua era fresca, dolce e buona, ma non c'era creatura che al mondo che potesse berne; sino a che non venne qualcuno che gli fece una corda, intrecciando fune su fune,canapo su canapo ed attinse da quel pozzo e bevve. Ed allora tutti cominciarono ad attingere e bere.
E' un elogio all'opera di Salomone e la sua brillante abilità nel costruire parabole,esempi, anedotti, proverbi che hanno consentito di poter attingere all'acqua viva e nascosta della Torah, rendendola accesibile, fruibile, maneggiabile.
Grazie al midrash la Torah diviene "utilizzabile" nella vita di ogni giorno, e le sue acque fresche e limpide dissetare la sete quotidiana degli uomini e delle donne.
Il midrash, rende la Torah intelligibile.



Quanto all'argomento "filosofia", preferisco lasciare alle aule e ai circoli accademici dibattere sulla validità o meno di una corrente filosofica rispetto ad un altra. Sono già troppo impegnata a studiarmi tre milleni di storia della cultura ebraica, e ho tanto ancora da completare ed approfondire!




Complimenti per la lucida esposizione. Noto come, almeno su alcuni punti, diciamo di "impostazione" problematica, la tradizione culturale cristiana "orientale" sia, tutto sommato, più vicina a taluni spunti, quanto meno di "metodo", della tradizione ebraica che non al cristianesimo "occidentale".

Shalom
****************************
"Fiume inesauribile della grazia, Spirito Santo, Tu che rimetti i peccati, ricevi la nostra preghiera per il mondo, per i credenti e gli increduli, come per i figli della rivolta: e conducili tutti nel regno eterno della Santa Trinità. Che sia vinto da Te l'ultimo nemico, la morte, e che il mondo, rinascendo attraverso il fuoco purificatore, canti il cantico nuovo dell'immortalità: Alleluya!"
20/02/2009 20:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.655
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Re: A Topsy
berescitte, 20/02/2009 10.30:



Davvero? Io non credo che tu creda veramente a ciò che stai dicendo. In una normale enciclopedia per bambini sono contenute migliaia di certezze, che poi vengono ripetute in enciclopedie per adulti e sono inconfutabili appunto perché certificate.


Lascia stare Bery, (sigh!) in quelle che ho consultato, ho trovato riportato tante illuminanti informazioni sul credo ebraico, sulla storia della fondazione dello Stato d'Israele e il conflitto mediorientale. Roba da mettersi le mani tra i capelli!










Sì, è la famosa dichiarazione della nuova matematica che due più due non fa quattro. Ma anche queste trovate rientrano nelle fantasie a cui non si crede davvero, almeno fin quando per contare le bocche da sfamare in casa e lo stipendio si continua ad usare la matematica euclidea.


Da queste risposta noto come dinnanzi a certi enunciati ci ritroviamo scettici, e dinnanzi ad altri entusiasti, sebbene entrambi costituiscono il prodotto della conoscenza deduttiva umana applicata con rigore scientifico. Dove la mettiamo la fiducia che attribuiamo alla capacità di acquisizione e razionalizzazione dell'uomo? La limitiamo alla solo speculazione metafisica circa l'immortalità dell'anima e il mondo dell'invisibile e dell'Aldilà? O forse le deduzioni della filosofia della matematica sono da etichettare come "fantasie a cui non si crede davvero", mentre quelle relative all'esistenza di realtà immateriali immortali sono divenute, "assunti incontrovertibili"?






Ma questo, come ha già notato Trianello, non è in contraddizione con il dualismo anima-corpo, giacché vuole solo dire che l’uomo agisce come unità sostanziale (finché è vivo su questa terra).


E che insegna l'ebraismo se non che la dualità anima-corpo non è così rigida come elaborata dai filosofici classici, e che l'uomo costituisce una realtà unitaria, finchè vive su questa terra e che, oltre la vita sulla terra, certezze però non ce ne stanno?





E QUI DEVO ESPRIMERE IL MIO RAMMARICO
Io non ammiro invece questa tua ironia su cose così serie e davanti a chi le sta rimuginando da una vita. Ma te la perdono perché sei giovane. [SM=x570865]



[SM=x570890] Mi spiace. Non era facile ironia la mia. Provengo da una cultura che su una infinità di questioni dibatte liberamente da tremila anni e che pone l'uno accanto gli altri gli innumerevoli contributi offerti dai maestri, anche se ideologicamente distanti tra loro. Non solo, allorchè mi rivolgo a ricercatori e storici di medio-alto livello su determinati questioni tecniche, questi nell'ambito delle loro disciplina, invitono alla cautela, e non si richiamano alle certezze assolute che spaccano tutto. Se la filosofia è ricerca, non è la "Sibilla Cumana" che offre solo responsi certissimi, personalmente preferisco evitare di riportare l'assoluta convinzione circa la sua capacità di chiarire ogni mistero, e risolvere definitivamente i grandi interrogativi e gli enigmi esistenziali dell'umanità.
Un umilissimo e cordiale shalom!



[Modificato da Topsy 21/02/2009 04:06]
20/02/2009 20:32
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota
Post: 1.656
Registrato il: 26/06/2006
Utente Veteran
OFFLINE
PFrancesco, 20/02/2009 19.19:




Complimenti per la lucida esposizione. Noto come, almeno su alcuni punti, diciamo di "impostazione" problematica, la tradizione culturale cristiana "orientale" sia, tutto sommato, più vicina a taluni spunti, quanto meno di "metodo", della tradizione ebraica che non al cristianesimo "occidentale".

Shalom



Ti ringrazio Francesco. Tutto quanto è riportato è il prodotto di una sintesi un pò brutale di alcune basilari nozioni relative l'esegesi rabbinica.
Sei cristiano ortodosso?
Vota:
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 04:32. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com