«Ho abiurato l'islam per diventare Testimone di Geova, se mi spedite in Marocco mi ammazzano»
TREVISO - Si è convertito dall'islamismo al cristianesimo e, non contento, è diventato poi Testimone di Geova: espulso dall'Italia in quanto clandestino e recidivo nel non obbedire, ha detto ieri in aula di Tribunale che se torna in Marocco lo ammazzerebbero, proprio per la sua conversione. Il giudice lo ha mandato nel centro di Permanenza Temporanea di Bologna in attesa degli accertamenti su questa dichiarazione e ha rinviato l'udienza al 6 ottobre. Per la nostra legge però l'uomo può stare nel centro al massimo sessanta giorni e nel frattempo reimpatriato; diversamente dovrà essere liberato.
Tutto l'insieme della storia, però, dev'essere la prima volta che accade in Italia. E se la storia fosse vera così come la racconta il protagonista, un marocchino trentenne, sarebbe tale da impietosire ma... a far propendere per "qualcosa che non va" ci sono due istruttorie pendenti, a carico dello stesso marocchino, che non testimoniano a suo favore. E non per violazione della legge sull'immigrazione o per un furtarello: in un procedimento è indagato perchè il suo nome e il telefono erano in possesso di gente che immetteva in rete materiale pedo-pornografico; nell'altro per truffa ai danni di una pittrice che lo aveva ospitato.
«Io sono Testimone di Geova - ha detto in aula ieri al giudice Francesco Giuliano - se tornassi in Marocco mi ammazzerebbero». Ma è così? Il Pm Francesca Torri dice che produrrà la prova che il signore si è fatto fare una trasfusione, cosa che la sua nuova religione vieta. Comunque: il sedicente Michaoui Younes, che risulta residente a Casale sul Sile, sostiene di essersi convertito ai Testimoni; ma dove è andato a predicare la Bibbia? Dai suoi compatrioti musulmani, i quali l'hanno presa malissimo. Per questo, dice, sarebbe stato aggredito nella moschea di Castelfranco; per questo minacciato, offeso, espulso dalla sua stessa famiglia. Nel frattempo lui è stato battezzato, e gli altri marocchini hanno segnalato la cosa - che pare gravissima - nel Paese d'origine e questo, se tornasse, gli costerebbe la vita.
Non basta; dopo che il suo telefono venne trovato tra quelli degli accusati di pedo-pornografia, gli fecero una perquisizione, nei locali in cui era ospitato da una pittrice che... approfittò della presenza dei Carabinieri per denunciarlo per truffa.
Il versatile marocchino che ha abiurato Allah, avrebbe raccontato all'artista di essere di mestiere "mediatore culturale" con l'estero, laureato in inglese e intermediario per la vendita di opere d'arte. La pittrice si sarebbe fidata, ma le opere non sarebbero ricomparse, e tantomeno i soldi.
Si sarebbe potuto, ieri in aula, non credere alla sua versione? No, perchè la Convenzione per i diritti dell'uomo impone di accertare se effettivamente esista per la persona che dovrebbe essere allontanata un reale pericolo di morte: convenzione che certamente si voleva riferire a persecuzioni politiche ben più gravi. Perchè allora non si potrebbero rimandare nei Paesi d'origine tutti quelli che vengono da Stati in guerra (parte dell'Africa), o sotto dittatura (come il Sudan per la gente di colore); e che dire dell'irrequieta Indonesia?
Morale della favola: c'è da scommettere che tra sessanta giorni questo signore uscirà dal Centro di Bologna e sparirà, nell'enorme massa di "clandestini secondo la legge italiana".
Antonella Federici
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