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Contro gli anatemi religiosi (e atei)

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2007 07:16
12/06/2007 07:16
 
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Articolo di Arrigo Levi pubblicato su "La Stampa"
Contro gli anatemi religiosi (e atei)

ARRIGO LEVI

Fra le varie tesi antireligiose che il professor Piergiorgio Odifreddi, Logico Matematico, proclama nei suoi scritti, a riprova della sua «fierezza di non credere», è difficile trovarne anche una sola che un laico dichiarato come me, che ha più volte spiegato perché non crede in Dio, ma solo nella storia dell’idea di Dio, possa prendere troppo sul serio.

Quasi tutte queste provocazioni, alcune quasi divertenti, sono così gridate da non lasciar dubbi sul fatto che in realtà non pretendono affatto di essere discusse: per esempio, l’idea che Gesù, tutto sommato, «non sembra una persona eccezionale»; che la Bibbia è soltanto «un irritante e snervante pasticcio... pieno di sciocchezze e orrori, massacri e contraddizioni»; che chi crede nella Bibbia è semplicemente «uno stupido»; e che (per passare dalla religione alla politica) «oggi Israele è uno Stato fascista».

Che dire di un così fiero fondamentalismo antireligioso, anticristiano e antigiudaico? Forse la sola affermazione, fra quelle sopra citate, che contiene, pur esasperandola in modo grottesco, una parte di verità, è che nella Bibbia ci sono (anche) sciocchezze, orrori e contraddizioni.

Ma dire questo non è molto originale. Anche i più modesti studiosi di storia biblica sanno già che la Bibbia («tà biblìa», ossia «i libri») è una «biblioteca» di scritti tra loro molto diversi, di epoche molto diverse, che, nel proporti una storia degli Ebrei e del loro Dio, ti propone tutto un succedersi di idee di Dio molto lontane nel tempo, molto differenti tra loro e talvolta contraddittorie, inclusi alcuni resoconti di «orrori» che appartengono a un mondo arcaico, col quale il messaggio di civiltà ebraico e cristiano non ha nulla a che fare. Così è, naturalmente, per un laico; un credente crede all’ispirazione divina di tutti gli scritti - non sempre gli stessi - inclusi nel «canone» (ebraico, cattolico, protestante) fissato dalla sua religione. Ma non è questo che fa della Bibbia una tappa fondamentale della civiltà.

Quello che la religiosità ebraico-cristiana, con le parole della Torah, dei Profeti e dei Salmi, di Gesù di Nazareth e di Paolo di Tarso, ha insegnato al mondo, è che il primo dovere d’ogni uomo è di amare il prossimo e di non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te; che gli uomini discendono tutti da un solo uomo (Adamo prima, Noè poi), e quindi sono fratelli e soggetti alla stessa legge, noaica prima che mosaica; che la parola di Dio è rivolta a tutti i popoli, e che credere in Dio vuol dire saper scegliere fra il bene e il male, credere nella carità, nella giustizia, nella dignità di tutti gli uomini. Un messaggio grandioso e rivoluzionario, valido anche per chi non crede in Dio, ma soltanto nella storia di Dio come parte essenziale della storia del pensiero umano; un messaggio che, esaltato dalla umanissima, innovatrice predicazione di Gesù, e introdotto da Paolo e dagli apostoli nel mondo greco-romano, ha cambiato radicalmente, e decisamente in meglio, quella che fino ad allora poteva dirsi la civiltà occidentale; e con essa, tutta la storia dell’umanità. Ovviamente, credere in questo non vuol dire credere in tutti i dogmi, in tutte le azioni e in tutte le diverse versioni del cristianesimo nella storia, fino ai nostri giorni. I fondamentalismi religiosi sono altrettanto inaccettabili, per il pensiero laico, del fondamentalismo antireligioso del professor Odifreddi.

Chiarito quanto appaiono curiose, a un non-credente come me come a molti credenti, quasi tutte le idee che egli propone con tanto fervore, c’è una cosa seria che va detta. Perché, fra tutte le sue idee, quella che riesce realmente inaccettabile per un laico sincero è la convinzione che il dialogo fra credenti e laici sia una cosa totalmente sbagliata, e che sia totalmente contrario alla «logica», e quindi inaccettabile, «riconoscere la ricchezza che a ciascuno può venire dal dialogo fra identità e convinzioni differenti» (come gli suggeriva, col garbo che gli è proprio, padre Enzo Bianchi); mentre per Odifreddi questo dialogo è sconveniente perché la verità «sta da una parte o dall’altra», giacché «quando in una disputa uno ha ragione l’altro ha torto»; e, in particolare, la Scienza ha sempre ragione, e la Religione sempre torto.

Queste affermazioni, assai poco «scientifiche», perché la Scienza non conosce dogmi, ma sottopone continuamente a esame le sue scoperte e ce ne propone continuamente di nuove che smentiscono quelle precedenti, ignorano quanto sia fruttuoso, produttivo, creativo, proprio il dialogo fra credenti religiosi e laici, in un clima di reciproco rispetto. Riconoscendo, i laici, che i credenti religiosi trovano nella loro fede in Dio la forza per compiere atti di ammirevole umanità; e ammettendo, i credenti religiosi, che la cultura e fede laica hanno fatto compiere grandiosi progressi alla civiltà dell’uomo; sicché questo dialogo arricchisce il comune «patrimonio di etica e di rispetto», per usare ancora parole di Enzo Bianchi. Ma non saranno gli anatemi del professor Odifreddi (o quelli altrettanto inaccettabili dei guardiani del fondamentalismo religioso) a interrompere il dialogo fra tutti coloro che hanno ben presente quanto precaria sia oggi, forse più che mai in passato, la condizione umana; e quanto siano necessari, per salvarci, gli sforzi comuni di tutti gli uomini di buona volontà.

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