LUCIANA MAURO Dialitica e cardiopatica, affetta a 82 anni da frattura del collo femore sinistro, viene operata senza trasfusione che rifiuta a seguito della apparteneza ai testimoni di Geova. La tecnica miniinvasiva, utilizzata dall’equipe della seconda divisione di ortopedia, ha consensito di operare la paziente fermo restando il rispetto per il divisto che scaturisce dall’adesione ai testimoni di Geova. La paziente è Luisa Iervolino Di Lallo (nella foto con il primario Valente), originaria di Scafati, testimone di Geova.
A eseguire l’intervento è il dottore Antonio Valente, primario della seconda Ortopedia dell’ospedale di San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona. «Il trattamento chirurgico di cui necessitava la signora Iervolino - spiega Valente - era complesso e difficile per le sue condizioni generali precarie e per l'impossibilità di poter effettuare trasfusioni ematiche dopo l'intervento trattandosi di una paziente testimone di Geova». Come è stato possibile, quindi, intervenire senza bisogno di trasfusione? «L'intervento di impianto di protesi d'anca - aggiunge il primario - specifico per questo tipo di patologia, si è potuto effettuare solo grazie ad una tecnica mininvasiva che comporta il massimo rispetto dei muscoli e soprattutto dei vasi, con conseguenti perdite ematiche estremamente ridotte nel postoperatorio, associata ad una terapia farmacologica mirata. L'intervento è stato coronato da successo con un recupero funzionale precoce della paziente».
Soddisfatti i familiari di nonna Luisa, soprattutto i figli, Domenico e Francesco, testimoni di Geova e nettamente contrari alla trasfusione di sangue, come impone il loro credo.
«Siamo stati costretti a lasciare una struttura sanitaria alla quale ci eravamo rivolti, non attrezzata per curare i testimoni di Geova senza l’uso del sangue - comunica Francesco Di Lallo, in una lettera di ringraziamento inviata al manager del Ruggi, Francesco Tancredi - Vi esprimiamo dunque la nostra profonda gratitudine per aver rispettato la nostra posizione.
Il professor Antonio Valente ha eseguito, con la sua equipe, un intervento al femore su una paziente, mia madre, diabetica e cardiopatica, riuscendo a non effettuare trasfusioni e con uguali brillanti risultati. È rincuorante, per noi cittadini, vivere realtà del genere in un momento difficile per la sanità italiana. Siamo felici di aver riscontrato, invece, nell’Azienda ospedaliera di San Leonardo, una struttura di alta specializzazione, e ci congratuliamo con medici e dirigenti».
Una lettera che ha confortato il manager Tancredi, amareggiato nei giorni scorsi da immagini infamanti che proponevano il volto peggiore dell’ospedale pubblico. Il commento del direttore generale, in quella circostanza, fu teso a evidenziare le grandi professionilità che operano all’interno del Ruggi, con interventi di alta chirurgia. A confermare la sua tesi, è l’ultima brillante operazione eseguita in II ortopedia.
«È da diverso tempo che effettuo questa tecnica mininvasiva per l'impianto sia delle protesi di anca che di ginocchio - conclude il primario Antonio Valente - che, oltre a consentire un recupero precoce per il rispetto delle strutture anatomiche, evita perdite ematiche eccessive riducendo la necessità di trasfusioni ematiche nel postoperatorio, con risparmio economico e soprattutto riduzione dei rischi per il paziente». Negli ultimi mesi, il reparto di Ortopedia del Ruggi D’Aragona, ha affrontato casi difficili, con pazienti spesso anziani che hanno ripreso, in tempi brevi, a deambulare in perfetta condizioni di salute. Satura di interventi chirurgici (fino a dodici in una sola mattinata), la divisione riesce a soddisfare le necessità di una vasta mole di pazienti, con un super lavoro il cui merito va, obiettivamente, riconosciuto al personale medico e parasanitario.
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