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Romani 9:5

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2006 17:26
09/09/2006 19:24
 
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Avrei necessità di chiarire una questione relativa alla Lettera ai Romani, cap.9 v.5.
Leggendo dalla CEI, il versetto recita:

I patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che é sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen

Ora, nella TNM vi è la presenza del comodissimo due-punti in corrispondenza dell'ultima virgola, cosa che slega, secondo
la dottrina geovista, il Cristo dall'essere anche Dio. Utilizzando il Nuovo Testamento interlineare (con versione greca
di Nestlé-Aland), noto un uso della punteggiatura a favore della CEI (o della Nuova Riveduta, che è sostanzialmente conforme,
e che utilizzo abitualmente).

Ho inoltre letto, dall'appendice della TNM, le varie considerazioni giustificative sulla traduzione adottata in questo passo, fatta avvalendosi di alcuni studi, ovviamente a sostegno di quanto affermato dalla WT. [SM=g27816]

Dopo questa premessa, spiego dove voglio andare a parare:
Mentre alcuni passi sono evidentemente "contraffatti" (vedasi traduzioni erronee dei singoli termini, come in At 7:59
e simili), qui siamo in presenza di una "manovra più subdola", che cerca di aggrapparsi alla grammatica, facendo leva sul
participio(greco) "o on" per togliere al soggetto principale della prima parte di Ro.9 (Gesù Cristo) la propria natura divina.

Nel voler utilizzare questo passo (come anche altri simili) in un dibattito con i TdG, è chiaro che è necessaria una conoscenza approfondita della grammatica koiné. Informandomi, ho avuto modo di capire che dove è presente "o on",tale particella non può essere riferita al sostantivo che la segue (che in questo caso è Theos), bensì a quello che lo precede (nel nostro caso, Christos). Ho inoltre riscontrato che, ad esempio, in 2Co 11:31 vi è un caso analogo, stavolta "tradotto bene" (o meglio, conformemente a CEI e NR).

Gradirei sapere se qualcuno conosce e può esporre meglio i principi e le regole grammaticali di cui sopra, e se queste confermino la TNM o la smentiscano (ancora una volta).

Grazie a quanti risponderanno.

___________________
Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è vantaggiosa; ogni cosa mi è lecita, ma non mi lascerò dominare da cosa alcuna - 1Co 6:12
09/09/2006 19:37
 
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ciao, [SM=x570872]
io non conosco il greco ma, dal punto di vista grammaticale, l'uso dei due punti in Romani 9:5 non è corretto

quando si impiegano i due punti
da http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=5534&ctg_id=93
I due punti (punto addoppiato, doppio, piccolo) avvertono che ciò che segue chiarisce, dimostra o illustra quanto è stato detto prima. Serianni 1989: I 222 riconosce quattro funzioni dei due punti che sembra utile riprendere: sintattico-argomentativa (si introduce la conseguenza logica o l’effetto di un fatto già illustrato); sintattico-descrittiva (si esplicitano i rapporti di un insieme); appositiva (si presenta una frase con valore di apposizione rispetto alla precedente); segmentatrice (si introduce un discorso diretto in combinazione con virgolette e trattini). I due punti introducono anche un discorso diretto (prima di virgolette o lineetta) o un elenco.

ciao Siria [SM=x570892]
09/09/2006 19:39
 
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digilander.libero.it/domingo7/Romani%209,5.htm

Conosci questo materiale?
....

Coloro che invece applicano la dossologia al Figlio: ...
· si appoggiano all'autorità di alcuni autorevoli Padri della Chiesa (solo Diodoro di Tarso e Fozio applicarono Romani 9,5 al Padre, mentre la dossologia “Dio benedetto in eterno” fu applicata al Figlio da un numero schiacciante di Padri della Chiesa come Ippolito, Tertulliano, Cipriano, Atanasio, Noviano, Ieromo, Basilio, Agostino, Novaziano, Didimo, Gregorio di Nissa, Giovanni Damasceno, Epifanio di Salamina, Teodoro, Eulogo, Teofilo, Teodoreto, Cassiano, Fulgenzio,…);

· considerano improbabile una brusca interruzione della frase (introdotta da una dossologia riferita al Padre) dopo il lungo discorso sul Figlio;

· seguono l'opinione di famosi esegeti (Lagrange, Michel, Lyonnet, Westcott, Metzger, Martini);

· ricordano come anche gli ariani, pur negando la piena divinità di Cristo e considerando Gesù un "dio minore", applicassero al Figlio la dossologia “dio benedetto in eterno” senza particolari problemi.
...

Interessante anche quest'ultima osservazione: gli ariani credevano che queste parole fossero rivolte al Figlio.

Ecco come Agostino, nel confutare l'eresia ariana, cita le parole di Ro. 9:5:

«... Anche qui si parla prima di un Angelo del Signore, poi di Dio. L’Angelo è dunque forse il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe? Si può allora giustamente pensare che si tratti del Salvatore stesso, del quale l’Apostolo dice: Coloro ai quali appartengono i Patriarchi e dai quali è uscito il Cristo secondo la carne, Colui che è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto nei secoli. Com’è dunque il Dio benedetto nei secoli al di sopra di tutte le cose, non irragionevolmente si pensa che sia anche qui egli stesso il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». ( www.sant-agostino.it/italiano/trinita/index2.htm - Il roveto ardente - ).

Ciao
Achille

[Modificato da Achille Lorenzi 09/09/2006 20.04]

09/09/2006 20:30
 
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“è chiaro che è necessaria una conoscenza approfondita della grammatica koiné”

L’aggettivo koinè è superfluo, non ci sono differenze di costruzione tra greco classico e greco ellenistico se non semplificazioni di costruzione.

“nformandomi, ho avuto modo di capire che dove è presente "o on",tale particella non può essere riferita al sostantivo che la segue (che in questo caso è Theos), bensì a quello che lo precede”

Di solito è così, e così si capisce leggendo, ma non è una regola fissa purtroppo. Certo è che nella lettura dei TdG quel participio preceduto da articolo non si capisce che cosa stia lì a fare.

“Ho inoltre riscontrato che, ad esempio, in 2Co 11:31 vi è un caso analogo, stavolta "tradotto bene"”

Se la WTS riferisce qui l’espressione “il quale è bendetto” a ho theos allora in effetti segue la prassi che non segue per Romani.

Ad maiora
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Ά όταν έκτιζαν τα τείχη πώς να μην προσέξω.
Αλλά δεν άκουσα ποτέ κρότον κτιστών ή ήχον.
Ανεπαισθήτως μ' έκλεισαν απο τον κόσμο έξω
(Κ. Καβάφης)
09/09/2006 20:54
 
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Anzitutto ringrazio irias ed Achille per il materiale da loro linkato, e Polymetis per le considerazioni chiarificatrici.

Vorrei aggiungere al thread ancora una domanda, estrapolata dall'appendice 6D della TNM, nella quale si fa riferimento ad un testo intitolato "The authorship of the fourth gospel and other critical essays", secondo cui i manoscritti più antichi in nostro possesso riporterebbero un segno di punteggiatura che fa supporre una pausa più lunga dopo il termine sarka, e che quindi giustificherebbe l'utilizzo dei due punti.

Personalmente non ritengo attendibile una tale affermazione: possibile che nella cernita e nella stesura del NT non si sia tenuto conto della prevalenza di tale segno di punteggiatura?

Qual è la vostra posizione in merito, e come la sosterreste?
Grazie ancora a tutti.

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Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è vantaggiosa; ogni cosa mi è lecita, ma non mi lascerò dominare da cosa alcuna - 1Co 6:12
09/09/2006 21:49
 
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Nell'Interlineare pubblicata dalla WTS ed. 1969,
in Romani 9:5 nella traduzione inglese del testo greco è presente la virgola mentre nella colonna a destra dove è riportata la traduzione fatta (dagli anonimi) dalla WTS la virgola è sostituita dai due punti.
Questi segni di punteggiatura hanno un significato diverso ed i due punti non stanno a significare una pausa,
ciao Siria [SM=x570892]
09/09/2006 22:48
 
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Indicazione preziosa, irias: ad un'occhiata più attenta all'appendice 6D che citavo prima, noto che il passo scritto
in greco è reso con la virgola, e non con il due punti, proprio come nell'edizione interlineare da te citata.

Tutte le restanti discussioni dell'appendice non prendono nemmeno lontanamente in considerazione il versetto così come è stato scritto poco più sopra...

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Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è vantaggiosa; ogni cosa mi è lecita, ma non mi lascerò dominare da cosa alcuna - 1Co 6:12
09/09/2006 23:01
 
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Re:

Scritto da: irias 09/09/2006 21.49
Nell'Interlineare pubblicata dalla WTS ed. 1969,
in Romani 9:5 nella traduzione inglese del testo greco è presente la virgola mentre nella colonna a destra dove è riportata la traduzione fatta (dagli anonimi) dalla WTS la virgola è sostituita dai due punti.
Questi segni di punteggiatura hanno un significato diverso ed i due punti non stanno a significare una pausa,
ciao Siria [SM=x570892]

Identica cosa sulla KIT pubblicata nel 1985:



Ciao [SM=x570892]

Bruno
______________________________


---Verba volant scripta manent---
-----
--- www.vasodipandora.org ---
10/09/2006 01:14
 
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E' interessante notare che, per la semplice disposizione sintattica delle parole, la traduzione interlineare, a prescindere dalla punteggiatura, ha un senso ben determinato, il quale viene completamente stravolto nella traduzione a fronte.
Perché poi i due punti? Dato che c'erano, ci potevano mettere un bel punto fermo e la cosa avrebbe decisamente filato di più. Ha ragione Siria, qui i due punti sono semplicemente sbagliati, qualsiasi senso si voglia dare al testo. [SM=x570895]

[Modificato da Trianello 10/09/2006 8.29]


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Deus non deserit si non deseratur
Augustinus Hipponensis (De nat. et gr. 26, 29)

12/09/2006 17:26
 
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A tal proposito vi segnalo un bel commento:

«Questo versetto introduce la discussione di Paolo sui privilegi di Israele; ma pone un problema esegetico per la punteggiatura. F. C. Burkitt ha detto una volta, con una certa esagerazione, che la punteggiatura di Rm 9,5 è stata probabilmente più discussa di quella di ogni altra frase nella letteratura. Dal momento che nei primi manoscritti greci manca o quasi la punteggiatura, deve supplire il lettore o l’esegeta. Nel caso di Rm 9,5 ne è risultato che il testo è stato letto in vari modi (cfr. Metzger). Si discute se Rm 9,5 debba essere letto «il Messia, che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli» (Messiah, who is over all, God blessed forever, NRSV), o «il Messia, che è Dio sopra ogni cosa, benedetto nei secoli» (Messiah, who is God over all, blessed forever, NRSV in nota), o «il Messia. Possa Dio Altissimo sopra ogni cosa essere benedetto per sempre» (Messiah. May God supreme over all be blessed for ever, NEB). Nell’ultimo caso, 5b diventa una frase separate da 5a, o almeno una clausola separata. Altre versioni sostengono la lettura « che è sopra ogni cosa, dio benedetto per sempre» (per esempio CEI, NV), come qualificazione di Cristo. Sembra che contesto e grammatica favoriscano la lettura delle NRSV o delle note della NRSV.
Rm 9,5a ha l’espressione ho Christos to kata sarka. Come fa notare Metzger, nell’esempio di Rm 1,3-4 e altrove è normale aspettarsi un contrasto quando arriviamo alla frase kata sarka («secondo la carne»). Così in Rm 1,3-4 il contrasto è kata sarka («secondo la carne») e kata pneuma («secondo lo spirito»). Kata sarka in Rm 9,5a è innaturale se chi parla non continua il discorso, dicendo che Cristo è secondo a qualcosa, oltre che «secondo la carne».
In secondo luogo, la frase «egli che è» (ho on) di solito introduce una relativa, e 2Cor 11,31 («lui che è benedetto nei secoli», ho on eulogetos eis tous aionas) fornisce un buon parallelo a Rm 9,5. Come spiega N. Turner (15): «il testo della NEB semplicemente conclude la frase con “Messia” e ricomincia con l’esclamazione “Possa Dio, Altissimo sopra ogni cosa, essere benedetto per sempre!”. Evita così di attribuire la qualità della divinità a Gesù Cristo, ma introduce un asindeto e non c’è una ragione grammaticale per cui un participio che si accorda con “Messia” dovrebbe prima di tutto esserne separato e poi vedersi attribuita la forza di un desiderio, ricevendo come soggetto una persona diversa. Non sarebbe naturale, infatti, separarlo da quanto lo precede».
Metzger nota anche che altrove le dossologie paoline sono sempre unite a qualcosa che le precede; non sono asindetiche (cioè, senza congiunzione). Inoltre, è un modello quasi universale per le dossologie in ebraico e nella LXX «benedetto sia Dio» e non «Dio benedetto», come avremmo qui se si seguisse quella traduzione. Allora è probabile che «Dio benedetto» non esprima un desiderio che Dio sia benedetto nei secoli, ma voglia dire che il Messia, che è Dio, è per natura benedetto nei secoli (ma cfr. Dunn 1988, 528-529. 535-536). Anche le antiche versioni sono a favore della lettura della NRSV. Se ci si chiede perché Paolo in nessun altro luogo chiami così esplicitamente Cristo «Dio», una risposta buona è quella di Metzger: «La ragione per cui nelle lettere di Paolo ci sono così poche affermazioni in relazione alla natura essenziale di Cristo…è senza dubbio connessa con una caratteristica spesso osservata da altri, e cioè che l’apostolo, per motivi di istruzione in relazione all’educazione cristiana, di solito preferisce parlare delle relazioni funzionali, piuttosto che di quelle ontologiche di Cristo».
Concludiamo che in Rm 9,5 Paolo chiama Cristo «Dio», dimostrando così in quale misura l’esperienza del Signore risorto gli abbia fatto modificare o trasformare il suo monoteismo giudaico (cfr. Wright 237). Ciò significa che Paolo aveva una cristologia alta anche prima di utilizzare l’inno a Cristo in Fil 2 (supponendo che Filippesi sia più recente di Romani e che Paolo non abbia già conosciuto l’inno a Cristo prima di scrivere Romani).» Dizionario di Paolo e delle sue lettere, ed. San Paolo, pp. 368-369
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